Condannato a otto mesi di reclusione (pena sospesa) un centralinista dell’ospedale di Perugia ritenuto responsabile della morte di Gianluca Rasimelli, 55 anni, deceduto il 25 dicembre 2017.
In aula è stato più volte sottolineato dalla famiglia che nell’ambulanza doveva esserci il medico e non solo l’infermiera. Rasimelli ha sceso quattro rampe di scale, neppure la barella venne utilizzata: è morto pochi minuti più tardi nell’ambulanza diretta all'ospedale. Negli atti del pm si parla di «arresto cardiocircolatorio da insufficienza cardiocircolatoria acuta su base aritmica». «Elementi di colpa - si legge - si ravvedono nell’aver privilegiato, non rispettando le buone pratiche clinico-assistenziali e le linee guida ospedaliere, l’ipotesi di patologia meno grave (gastroenterite) sulla base di sintomi (vomito e diarrea) che non imponeva l’invio dell’ambulanza medicalizzata rispetto alla alternativa della ricorrenza di patologia cardiovascolare anche significativa, ipotizzabile sulla base del riferito quadro di ipertensione arteriosa e di dolore toracico. Nel manuale della centrale operativa 118 di Perugia si individua una situazione critica nel caso di dolore al torace/epigastrio e si raccomanda che nella definizione del codice di gravità prevale il segno/sintomo più critico».
Secondo il medico legale Sergio Scalise Pantuso, consulente del pm, la morte dell’impiegato è da ricondurre a una fibrillazione ventricolare. Il giudice ha riconosciuto una provvisionale risarcitoria ai familiari della vittima di circa 100 mila euro. La pubblica accusa è stata rappresentata in aula dal pm Massimo Casucci (che, diversamente rispetto alla decisione del giudice, aveva sollecitato la condanna dell’infermiera e l’assoluzione del centralinista), tra i legali impegnati nella difesa gli avvocati Marco Brusco e Sauro Galli, in rappresentanza dell’Azienda ospedaliera Mario Mattei. «La famiglia al termine del lungo iter processuale si dichiara almeno in parte soddisfatta - dice il difensore di parte civile Guido Bacino - la sentenza ha riconosciuto quanto dalla stessa denunciato fin da subito, ovvero che la morte del proprio caro si sarebbe potuta evitare».