Morto dopo un intervento, il pm: «Infezione presa in ospedale. Ma i medici non c'entrano»

Mercoledì 12 Maggio 2021 di Egle Priolo
Morto dopo un intervento, il pm: «Infezione presa in ospedale. Ma i medici non c'entrano»

PERUGIA - A quasi due anni e mezzo dalla perdita del padre, la figlia adesso sa che quel decesso non è stato causato dai medici che lo hanno avuto in cura.

Il dolore non passa, ma almeno ora è consapevole che i professionisti a cui ha affidato il genitore hanno fatto di tutto per salvarlo e farlo tornare a casa.

Si è chiuso infatti con un'archiviazione il procedimento a carico di undici medici anestesisti e rianimatori, nei cui confronti a gennaio 2019 la procura aveva inizialmente ipotizzato il reato di omicidio colposo dopo la morte del paziente, un settantenne affetto da carcinoma del polmone. Accusa che il giudice Natalia Giubilei ha archiviato perché «i fatti non integrano alcuna ipotesi di reato» all'esito delle indagini, della perizia medico legale affidata all’anatomopatologo Luca Pistolesi e delle considerazioni del sostituto procuratore che ha ereditato il fascicolo dalla collega Valentina Manuali. «Gli elementi raccolti non sono sufficienti a sostenere la sussistenza della colpa per imperizia, imprudenza o negligenza – ha scritto nella richiesta di archiviazione avanzata dallo stesso pubblico ministero, Gennaro Iannarone – in capo agli indagati» che prestarono assistenza al paziente fino al suo decesso. Che avvenne il 7 gennaio 2019, dopo un ricovero subito dopo il Natale 2018: dopo la broncoscopia , fu sottoposto a un intervento programmato di lobectomia «nel corso del quale veniva adottata la tecnica anestesiologica più frequentemente utilizzata negli interventi di chirurgia toracica», scrive il pm. Che riassume anche il successivo decorso, con un arresto cardiaco successivo all'estubazione, un iniziale recupero e poi l'aggravarsi delle condizioni con una «grave insufficienza respiratoria». «Dalle conclusioni dei consulenti tecnici – prosegue il pm – e dagli esiti dell'autopsia risulta che la morte del paziente è stata causata da un'emorragia cerebrale (…) associata a un'insufficienza respiratoria acuta acuita da distress respiratorio, complicato terminalmente da uno shock settico». Praticamente da un'infezione. «Tale shock – sottolinea Iannarone – è spesso causato da germi acquisiti in ospedale e si verifica comunemente nei pazienti immunocompromessi», come il settantenne. «In pazienti con gravi alterazioni delle funzioni vitali sono molto frequenti le complicanze di natura infettiva (…) e rientrano pertanto nell'ambito del rischio consentito». Compromissione e infezione, comunque, prontamente diagnosticate – è la conclusione del sostituto procuratore – e per cui è stata incrementata la terapia antibiotica. «I ct – chiude Iannarone – hanno concluso ritenendo che durante il ricovero sono state adottate tutte le misure terapeutiche adeguate», per cui il decesso è «stato determinato da complicanze dovute all'infezione polmonare sopravvenuta all'intervento chirurgico» e non è «derivato dalla colpa dei sanitari», come sostenuto dagli avvocati degli (allora) indagati, tra cui Maria Mezzasoma, Giuseppe Caforio e Giancarlo Viti.

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