Paura del Coronavirus, triplica
la mortalità per infarto.
Il professore Marcello Dominici:
«Ripristinare la rete cardiologica»

Domenica 17 Maggio 2020 di Corso Viola di Campalto
Il professore Marcello Dominici
TERNI Non ci sono solo le vittime dirette della pandemia. In piena emergenza Covid-19 è triplicata la mortalità per infarto. E questo boom si è legato nella maggior parte delle volte al mancato trattamento o a un trattamento tardivo. L’allarme arriva dai cardiologi della Sic (Società italiana di Cardiologia) e si basa sui numeri contenuti in uno studio condotto in 54 ospedali valutando i pazienti acuti ricoverati nelle Unità di terapia intensiva coronarica (Utic) a marzo, quando l’Italia era alle prese con lo tsunami di malati provocato dal nuovo coronavirus, e confrontando la mortalità con quella dello stesso periodo dell’anno scorso.
Un allarme che viene confermato anche dal professore  Marcello Dominici, che dirige la struttura  complessa di Cardiologia dell’ospedale Santa Maria e che chiede che la rete cardiologica, ora che è passata la prima fase di emergenza, venga ripristinata il prima possibile, perché c’è il rischio che l’infarto faccia più morti della pandemia in corso: «Gli accessi per infarto miocardico nei Pronto Soccorso italiani - conferma Dominici, diretti o con chiamata al 118, si sono ridotti del 50 per cento, nell’infarto il fattore tempo è cruciale, più si indugia e maggiore è la compromissione del muscolo cardiaco. Ogni minuto è prezioso: per ogni 10 minuti di ritardo nella diagnosi e nel trattamento, la mortalità aumenta del 3 per cento».
Si rischia un lungo passo indietro. «Negli ultimi anni la “Rete per l’infarto acuto miocardico” -continua Dominici - ha garantito un rapido accesso dal territorio alla nostra Cardiologia per eseguire l’Angioplastica coronarica che ha portato a una sensibile riduzione della mortalità. Grazie ai cardiologi emodinamisti la mortalità per infarto è stata dimezzata. Oggi assistiamo ad un salto all’indietro di circa vent’anni: la paura del Coronavirus spinge i cittadini a sottostimare, minimizzare o addirittura ignorare i sintomi, riducendo così la possibilità di essere salvati. Cosa evidenziata dallo studio in corso dlla Società Italiana di Cardiologia,che ha verificato che la mortalità per infarto del miocardio è triplicata rispetto allo stesso periodo dell’anno 2019. Stiamo intraprendendo questa indagine scientifica anche a Terni per valutarne l’impatto nella nostra provincia ed i dati fin ora raccolti sono allarmanti».
LE TROPPE PAURE
Un allarme generalizzato: «Questo andamento è spiegabile - dice ancora Dominici - dal fatto che le persone, per il timore di contrarre l’infezione, preferiscono convivere con i dolori e ricorrere agli aiuti quando ormai è troppo tardi o quando il cuore è già compromesso, arrecando complicanze irreversibili. L’arrivo tardivo in ospedale aumenta esponenzialmente la percentuale di pazienti compromessi i quali necessiteranno di interventi più complessi e rischiosi ed a volte meno efficaci. Un cuore non prontamente rivascolarizzato fa cadaveri o invalidi, perché in corso di un infarto “Il tempo è muscolo”, ovvero occorre intervenire con celerità».
I PROTOCOLLI ANTI COVID
Al Santa Maria l’attività non si è certo fermata: «Per far fronte a questa situazione - conclude il professor Dominici - nel nostro ospedale sono stati creati protocolli specifici e percorsi differenziati con accessi dedicati, cosiddetti “puliti”, per chi non ha contratto l’infezione ma ha sintomi differenti: ciò consente di evitare promiscuità e di gestire il paziente in tutta sicurezza.
In questa seconda fase dell’emergenza Coronavirus è necessario che tutti i colleghi nel territorio attivino ogni strumento per sensibilizzare e informare i cittadini, spingendoli a superare ogni timore, contattando immediatamente i soccorsi ai primi sintomi ricollegabili all’infarto per non rischiare che i morti per infarto creino un impatto ancora più grave della pandemia stessa».
 
Ultimo aggiornamento: 19 Maggio, 23:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA