«Arresto cardiaco dopo il pranzo
di Natale»: indagati due infermieri

Giovedì 24 Ottobre 2019 di Enzo Beretta
«Arresto cardiaco dopo il pranzo di Natale»: indagati due infermieri
Due infermieri dell’ospedale di Perugia sono sotto processo per omicidio colposo in seguito al decesso di un uomo di 55 anni morto per «insufficienza cardiocircolatoria acuta su base aritmica» dopo il pranzo di Natale del 2017. I due dipendenti del Santa Maria della Misericordia, di 38 e 58 anni, vengono ritenuti responsabili dalla Procura di «aver privilegiato l’ipotesi meno grave di gastroenterite sulla base dei sintomi di vomito e diarrea che non imponevano l’invio dell’ambulanza medicalizzata, rispetto alla alternativa della ricorrenza di patologia cardiovascolare anche significativa ipotizzabile sulla base del riferito quadro di ipertensione arteriosa e di dolore toracico». L’udienza di ieri è stata rinviata al 23 gennaio 2020 per l’astensione dei penalisti.

La vicenda viene sintetizzata nel capo di imputazione mediante il quale il pm Massimo Casucci cristallizza le accuse contro i due infermieri, il primo in servizio quel pomeriggio in centrale operativa e l’altra a bordo dell’ambulanza. Ai due viene lamentata «imperizia e imprudenza nell’esercizio della professione sanitaria e nell’applicazione del manuale di regolamenti, protocolli e procedure organizzative generali del sistema 118». Sono le 18.28 del 25 dicembre quando la moglie dell’uomo, dipendente di un supermercato, chiama i soccorsi per segnalare il cattivo stato di salute del 55enne che soffriva di ipertensione arteriosa: «Lamenta dolori al torace, oltre a vomito, diarrea e sudorazione». Dalla centrale operativa l’infermiere assegna un codice giallo, di media gravità, inviando sul posto un’ambulanza «priva di strumento per la rilevazione Ecg e altri presidi per il trattamento di condizione clinica anche di urgenza-emergenza (defibrillatori, farmaci inotropi, ammine vasoattive) e sprovvista di medico a bordo, così non consentendo l’effettuazione dei dovuti controlli sul ritmo cardiaco tramite monitoraggio elettrocardiografico, essendo il ritmo cardiaco patologico che ha sostenuto l’arresto sintomatico dell’arresto medesimo e trattabile con possibilità di favorevole evoluzione clinica».

Quando arriva l’ambulanza non medicalizzata a casa del paziente l’infermiera, successivamente indagata, «effettuava triage» e dopo essersi sincerata sul farmaco da lui utilizzato per l’ipertensione - mentre il poveretto «continuava a lamentarsi di aver tanto dolore, non togliendo la mano dal petto» - lo «invitava a scegliere se farsi ricoverare o meno, omettendo di caricarlo in barella e, anzi, facendogli scendere a piedi quattro rampe di scale per salire in ambulanza, non ravvisando la necessità di esame Ecg». Il paziente è morto durante il tragitto a causa di un arresto cardiaco che «trattato non tempestivamente da personale medico chiamato in ausilio ne cagionava il decesso». Tra gli elementi di colpa ravvisati dal magistrato inquirente anche quello di «aver omesso di trasportare il paziente da casa all’ambulanza su apposita barella, nemmeno trasportata nel domicilio, così aggravando il rischio di aritmia prodromica all’arresto cardiaco». Tra le fonti di prova indicate dal magistrato inquirente c’è la comunicazione di reato del Comando stazione carabinieri di Perugia Fortebraccio, la denuncia della famiglia, le loro dichiarazioni, le sommarie informazioni della vedova, il dvd contenente la registrazione della sua telefonata delle 18.58 al 118 e la relazione medico legale di Sergio Scalise Pantuso (consulente del pm). Gli imputati sono difesi dagli avvocati Marco Brusco e Sauro Galli, i familiari della vittima sono assistiti dal loro collega Guido Bacino.
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