Mike Bongiorno, dieci anni senza il padre dei telequiz e delle (finte) gaffe: come quella «signora Longari...»

Sabato 7 Settembre 2019 di Massimo Cotto
Mike Bongiorno, dieci anni senza il padre dei telequiz e delle (finte) gaffe: come quella «signora Longari...»

L'uomo che per molti era sinonimo di televisione se ne andava dieci anni fa, l'8 settembre del 2009, senza conoscere decadenza, in una suite dell'hotel Metropole di Montecarlo. Aveva 85 anni, era lucido come un ventenne, appena deluso da una tv che cambiava più velocemente delle domande di Rischiatutto.
Rideva quando gli dicevi i risultati di un sondaggio. Avevano chiesto agli italiani: «Se uno vi dice televisione, qual è il primo nome che vi viene in mente?». La maggioranza aveva risposto Mike Bongiorno. Lui prendeva la notizia come spunto per ripetere la sua litania preferita, i primi stipendi: «In Italia 60 mila lire al mese, in America 25 dollari la settimana; 9 andavano per la stanza dove vivevo, 5 li spedivo alla mamma in Italia. Con gli altri 11 dollari dovevo vivere». Non ho mai controllato se dicesse a tutti le stesse cifre. Non ha importanza. Mike era un genio assoluto e, come tutti i geni assoluti, diceva la verità anche quando mentiva.

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I PONTEFICI
Chiunque abbia avuto la fortuna di frequentarlo, anche solo professionalmente, sa che è impensabile credere che le sue gaffe fossero involontarie. Era uomo colto e curioso, morigerato di costumi, attento e preparato. Forse non sapeva tutto, ma voleva sapere tutto. Si era fatto montare sulla terrazza della sua casa milanese una parabola che faceva invidia a quella della Rai e stava alzato tutte le notti, fino alle quattro del mattino, con l'inseparabile sigaro, a guardare i programmi americani e tenersi informato. Impossibile dunque che non siano state frutto di un accurato disegno le gaffe sui Pontefici. Come quando disse, a proposito di Paolo VI, «Ma chi sarà mai questo Paolo VI del quale non ho mai sentito parlare?». O quando pronunciò il nome di Pio X, «Pio Ics». Tutto, in lui e con lui, diventava spettacolo. Sapeva perfettamente che il segreto del suo successo era anche quello di fingere di essere uno del popolo, con le sue mancanze e le sue ignoranze.
 


Mike Bongiorno non lasciava nulla al caso. Quando nei suoi quiz si imbatteva in un concorrente che funzionava, («Per andare bene devono essere molto simpatici o molto antipatici»), imponeva agli autori di non preparare per loro domande difficili. Poi, aggiungeva: «Mi raccomando, però, non aiutateli perché non è giusto». Geniale. Una volta, mentre era in attesa di essere intervistato, continuava a parlare e a magnificare le sue doti da sub. Quando iniziò l'intervista, il giornalista gli domandò: «Ma è vero che lei è un sub eccezionale?» E Mike, ineffabile: «No, io sono un sub normale».

LA PAROLA QUALCOSA
Un'altra volta, durante un viaggio in auto verso Conegliano Veneto dove era atteso sul palco del teatro comunale per un incontro pubblico, mi raccontò storie bellissime. Arrivati alla meta, mentre già pregustavo il pezzo, uccise il mio entusiasmo dicendo: «Mi raccomando, lei non è autorizzato a scrivere una sola riga di quello che le ho detto». Vide la mia espressione agghiacciata e aggiunse: «Va beh, scriva solo qualcosa». Io pubblicai quasi tutte le sue dichiarazioni. Il giorno dopo l'uscita dell'intervista mi chiamò in redazione: «Ha voglia di vederci di nuovo?». Certo, risposi entusiasta pregustando altre delizie. Lui mi gelò: «Così le posso spiegare il significato della parola qualcosa».

Mike Bongiorno (per tutti semplicemente Mike, come si fa con gli amici di famiglia) è stato presentatore, autore, partigiano, intrattenitore, scrittore, scalatore, imbonitore nel senso nobile. Nato a New York il 26 maggio del 1924 da madre torinese e papà italoamericano, ha tenuto a battesimo la televisione italiana, ha vinto venti volte il Telegatto, presentato undici festival di Sanremo in un arco di tempo lunghissimo (il primo nel 1963, l'ultimo nel 1997). Non solo: ha letteralmente stravolto il concetto di tv, prima con Rischiatutto, con l'Italia dolcemente paralizzata, inchiodata, inchiavardata davanti allo schermo; poi costruendo l'impero televisivo di Berlusconi.

LA PRIGIONIA
A questi trionfi, Mike era arrivato con le stigmate del sopravvissuto. Durante la seconda guerra mondiale, dopo l'invasione tedesca dell'Italia, era entrato a far parte dei gruppi partigiani, che, sfruttando la sua conoscenza dell'inglese, lo utilizzavano come staffetta. Nell'aprile del 1944, a Cravegna, in provincia di Novara, era stato catturato dalla Gestapo e messo al muro per essere fucilato. Si salvò perché i soldati tedeschi ritrovarono un pacchetto che lui aveva buttato, contenente il suo passaporto americano. In guerra un prigioniero americano poteva essere usato come pedina di scambio con soldati tedeschi prigionieri degli alleati. Fu quindi portato nel carcere di San Vittore, a Milano, dove rimase rinchiuso per setti mesi, di cui due in isolamento. Non dimenticherà mai quel buio, anche quando la sua vita sarà inondata dalla luce.

Inutile riassumerlo più di tanto. Mike è entrato a far parte delle famiglie degli italiani. Non c'è nessuno che non abbia un ricordo di lui, mentre dice: «Allegria!» o «Sempre più in alto!». O mentre rivolge domande ai suoi concorrenti, col sorriso sornione di chi spera che commettano un errore che faccia spettacolo. Quando non accadeva, ci pensava lui. Leggenda vuole che sia farina del suo sacco il «Signora, lei mi cade sull'uccello», frase mai detta alla signora Longari durante una puntata di Rischiatutto. Leggenda vuole che sia stato lui a diffondere la voce di quell'ennesima gaffe che non è rintracciabile in nessuna registrazione e che, dunque, non è mai avvenuta, ma ha fatto storia.
Dieci anni senza Mike, il cui capolavoro, per me, è la risposta che diede alla domanda: «Qual è il segreto di un matrimonio duraturo?». E lui: «Abbozzare».
 

Ultimo aggiornamento: 13:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA