La giurista Lesley-Jane Smith: «Spazio senza legge, l'Umanità deve darsi un codice galattico»

Lunedì 9 Dicembre 2019 di Paolo Ricci Bitti
La giurista Lesley-Jane Smith: «Spazio senza legge, l'Umanità deve darsi un codice galattico»
Lesley-Jane Smith, 63 anni, scozzese, è avvocato e docente di Diritto internazionale economico-spaziale. In un settore in continua evoluzione per di più in ambiti spesso non ancora esplorati, i suoi studi sulle legislazioni attuali e future sono di riferimento per la comunità mondiale, così come i suoi libri ai quali presto si aggiungerà “Contracting for Space- Impact of NewSpace and Technologies in the European Space Sector”. Oltre che negli atenei di Leuphana, Lüneburg; Sorbona, Parigi; Strathclyde, Glasgow e Riga, ha insegnato alle università di Urbino e Bolzano e fa parte del board della sezione europea di Donne dell’aerospazio. Dal 10 al 12 dicembre la giurista sarà alla Fiera di Roma per partecipare al New Space Economy ExpoForum, manifestazione ideata e organizzata dalla stessa Fiera di Roma e dalla Fondazione “Edoardo Amaldi”.

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Nello Spazio va data la precedenza a destra? Chi arriva prima su un asteroide, magari ricco di risorse minerarie, può rivendicarne la proprietà? La Luna verrà spezzettata fra le Nazioni come il Polo Nord e il Polo Sud? Si possono armare i satelliti? E chi paga se il rottame di un satellite distrugge il tetto di una casa? E come comportarsi quando la disputa sarà fra robot dotati di intelligenza artificiale? E’ partendo dal fascino per il bimillenario diritto romano e per l’ottocentesco codice napoleonico, per le leggi americane e per quelle russe, messe a confronto fin dai primi studi all’università di Edimburgo, che la professoressa e giurista scozzese Lesley-Jane Smith analizza da anni la scarsa legislazione spaziale vigente e ipotizza quella corposa di un futuro ormai molto prossimo.

Non è che nella nuova corsa allo spazio, che comprenderà anche il turismo, finirà per prevalere la legge del più forte come nel West o come sul grande raccordo anulare?
«Quello che è certo è che la legislazione attuale, basata soprattutto sul trattato sullo spazio extra atmosferico del 1967, non è più sufficiente per gli scenari che ci aspettano se non nel suo magnifico enunciato fondante che dovrà restare intatto: “Lo spazio e le sue risorse non appartengono ad alcuno e nessuno può rivendicarne la proprietà o l’uso per fini militari”».



La storia dell’Uomo e anche una robusta fetta della fantascienza non inducono all’ottimismo.
«Invece io sono ottimista, perché, come insegna ad esempio la vicenda della stazione spaziale, in questi mesi guidata dal vostro Luca Parmitano, le imprese spaziali più importanti potranno essere condotte solo con la cooperazione internazionale, dimenticando i confini sulla Terra che del resto già dalla stessa Iss non si vedono. Un grande insegnamento anche di fronte alle attuali spinte sovraniste che registriamo in varie parti del Mondo».

Ma anche senza staccare troppo l’ombra da Terra, già nelle orbite basse c’è un affollamento tale di satelliti in funzione o fuori uso che spaventa. E presto ce ne saranno dieci volte di più.
«Giusto. E proprio questo è uno dei fattori che più sta spingendo gli Stati e gli enti sovranazionali a varare nuove leggi così come il prossimo proliferare di voli con equipaggi umani, compresi i turisti. Di fatto, stiamo vivendo sotto un potenziale disastro perché finora il problema dei detriti spaziali in orbita è stato affrontato solo in piccola parte. Ad esempio, sono assicurati - a carissimo prezzo - solo i satelliti per le telecomunicazioni perché dietro essi c’è un colossale business, ma che accade se un satellite ne danneggia un altro? E se cade su una casa? Si sta allora studiando di concedere il permesso di immettere in orbita nuovi satelliti solo se forniti di assicurazione un po’ come avviene per le auto. E poi bisognerà studiare come affidare la responsabilità dei vecchi satelliti che presto bisognerà “tirare giù” in maniera sicura».






Figuriamoci allora quando si dovrà regolamentare, e anche assicurare, il viavai spaziale di equipaggi umani delle agenzie nazionali o di compagnie private che comprenderanno anche i turisti.
«Già, non sarà facile, ma ormai ci siamo: l’anno prossimo negli Stati Uniti si terrà un’importante conferenza su questo tema. Ed è probabile un’accelerata per allestirne altre perché si sta vedendo quanto è costato e quanto costerà non cominciare prima ad accordarsi globalmente ad esempio sui cambiamenti climatici le cui sirene d’allarme suonavano già almeno 20 anni fa. E’ chiaro che ci attendono anni di work in progress, una grande sfida per l’Umanità che richiederà forte spirito di collaborazione su base volontaria, perché sarà difficile obbligare qualcuno o qualche Stato».

Vedi il fallimento del trattato sulla Luna del 1984, snobbato soprattutto dalle grandi potenze?
«Sì, ma ora che l’eventuale sfruttamento, minerario, ma non solo, della Luna non è più così remoto bisogna tornare tutti insieme attorno a un tavolo. Nel frattempo sono nate legislazioni nazionali su questo tema ad esempio in Usa e in Lussemburgo, ma va tutto ricondotto a un accordo universalmente condiviso evitando provocazioni. Rispetto ad allora sono inoltre entrate in gioco potenze come l’India, la Cina e il Giappone, la stessa Europa unita. E poi consideriamo che probabilmente molte di queste attività saranno effettuate materialmente da robot dotati di intelligenza artificiale, il che apre un altro affascinante e totalmente inedito scenario giuridico da disegnare».

Ma se un’impresa privata, prima ancora di una grande Potenza, verrà avventurarsi a sue spese e a suo rischio nell’esplorazione di un asteroide per ricavarne materie prime come si potrà obbligarla a rispettare leggi e trattati?
«Basterà chiarire che tutto ciò dovrà avvenire solo ed esclusivamente nell’ambito di un accordo internazionale che tenga conto di diritti e di doveri, di sicurezza, di correttezza finanziaria perché nello spazio non deve bastare piantare bandiere qui o là per primi. E non basta più anche considerare lo spazio , come di fatto si sta facendo finora, alla stregua delle acque internazionali. E’ tutto l’approccio che va radicalmente cambiato perché “là” fuori e tutto radicalmente diverso. Questo naturalmente non significa abolire la competizione commerciale o scientifica, l’importante è che non ci voglia arrogare diritti o privilegi a discapito di altri”.

Intanto gli Stati Uniti e la Francia hanno annunciato l’istituzione di forze armate spaziali.
«Ha visto che Trump ha anche già nominato un comandante? Comunque personalmente, da europea, più che la prevedibilità di Trump mi incuriosisce un’eventuale force de frappe spaziale francese. Con quali scopi? Tutti parlano di difesa, naturalmente, ma sappiamo quanto i concetti di difesa e attacco siano interpretabili secondo necessità esponendoci a potenziali rischi bellici che naturalmente vanno evitati nello spazio così come sulla Terra. Ma io spero che in fatto di legislazione spaziale ci si ricordi di leggere ancora una volta Saint-Exupéry, a partire dal Piccolo principe, per applicare la sua lezione sulla responsabilità. In attesa che l’Umanità si trasformi davvero in un unico equipaggio perché la Terra è la nostra sola astronave, lo spazio fin dall’inizio deve responsabilmente appartenere a tutti: il giardiniere del roseto è fedele al proprio ruolo, ne vive appieno la responsabilità perché ama la bellezza delle rose e non la proprietà del roseto».

Ma se poi un rottame di un satellite mettiamo della Molvanìa cade nel mio roseto, chi mi rimborserà?
«Per fortuna sono circostanze ancora molto rare. A ogni modo si dovrà aprire una trattativa fra Stati perché nel suo caso spetta all’Italia proteggere lei e le sue proprietà. Poi l’Italia potrà rivalersi sullo Stato a cui appartiene il satellite o in cui è registrata la compagnia proprietaria del satellite. Di fatto finora si è registrato un solo caso, quando un rottame della Roscosmos, l’agenzia spaziale russa, causò inquinamento in Canada che in seguito ricevette un risarcimento da Mosca, anche se in mancanza di ammissione di responsabilità. C’è anche il caso di un detrito americano che ha fatto danni negli Stati Uniti, il che ha reso più facile la composizione della questione».

Legiferare sullo spazio non è semplice anche perché siamo d’accordo sul fatto che sia infinito, ma non su dove esso effettivamente vada ritenuto tale: per gli Stati Uniti di diventa astronauti dopo gli 85 chilometri di altezza, per tutti gli altri dai 100/110 chilometri della cosiddetta linea di Karman. Sotto queste quote, scendo fino a quelle di tangenze degli aerei attuali (fino a 25 chilometri) c’è poi rischio che si crei una “terra di nessuno” che fa gola prima di tutto ai militari?
«Dunque, non credo intanto a una “terra di nessuno” perché comunque a quella “fascia” di altezza può essere applicata l’attuale legislazione aerea, per il resto si tratta di mettersi d’accordo, di definire una convenzione come ne esistono già tante. Sul confine “basso” dello spazio magari possono farsi concorrenza le compagnie che puntano al turismo spaziale».

Nel caso “Summer Worden contro Anne McClain” potrebbe configurarsi il primo crimine spaziale? La prima accusa la seconda, sua ex compagna nonché astronauta, di aver violato la riservatezza del suo conto corrente bancario consultandolo mentre si trovava sulla stazione spaziale. La McClain si difende dicendo che il conto corrente era a doppia firma e che al più aveva voluto controllare che ci fossero abbastanza fondi per il mantenimento di loro figlio.
«Ammesso e non concesso che ci troviamo di fronte a una violazione, il caso è certo molto interessante dal punto di vista giornalistico: “Crimine spaziale” suona davvero bene. La questione è ancora agli inizi e ne vedremo gli sviluppi, tuttavia per quanto riguarda la stazione spaziale sono stati stipulati accordi che assegnano la giurisdizione per eventuali dispute alla nazione di provenienza degli astronauti, in questa occasione gli Stati Uniti, paese anche della persona che si ritiene danneggiata. Quindi non vedo altre interpretazioni. E poi, per restare sull’Iss con un altro tema giuridico affascinante, ci si è accordati perché il comandante abbia gli stessi “poteri” del responsabile di una nave o di un aereo anche se la stazione spaziale è stata assemblata e vien gestita da più nazioni grazie a un equipaggio composto da astronauti provenienti da più paesi».

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Il trattato
Il più importante accordo su questioni spaziali risale al 1967: è il Trattato sullo spazio extra atmosferico firmato inizialmente da Usa, Unione sovietica e Regno Unito.

La proprietà
Secondo il trattato del 1967 nessuno Stato e nessun privato possono rivendicare proprietà nello spazio e sui corpi celesti e sulle loro risorse.

La Luna
Nel 1984 venne proposto un trattato sul futuro assetto giuridico della Luna, ma di fatto, l’accrdo è fallito dopo il disinteresse di Stati Uniti e Unione Sovietica.

Forze armate
Il Trattato del 1967 non vieta il dispiegamento di Forze armate nello spazio, ma vieta l’uso di “armi di distruzione di massa” con chiaro riferimento alla bomba atomica.

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Dal 10 al 12 dicembre alla Fiera di Roma l’Expo New Space Economy
Il relatore di punta sarà Tim Hughes, vicepresidente di SpaceX, insomma il braccio destro di Elon Musk che vuole portarci prestissimo sulla Luna e presto su Marte. Ma, sono davvero di rilievo tutti gli invitati alla Fiera di Roma dal 10 al 12 dicembre al New Space Economy ExpoForum, la manifestazione ideata e organizzata dalla stessa Fiera di Roma e dalla Fondazione “Edoardo Amaldi”. «Investire sullo spazio - dice il fisico Roberto Battiston, presidente della Fondazione Amaldi ed ex capo dell’Agenzia spaziale italiana - significa investire sul futuro, anche in termini di miglioramenti concreti della vita sulla terra, dal settore della medicina a quello dell’agricoltura, passando per la mobilità e la sicurezza. La quasi totalità dei settori economici si interseca con lo spazio e la sua economia e l’Italia ha una filiera completa nel settore e ricopre un ruolo di leadership in Europa».
Ultimo aggiornamento: 1 Marzo, 15:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA