«Noi, negli abissi del mare per capire i segreti dell'Universo»

Lunedì 10 Maggio 2021 di Paolo Travisi
«Noi, negli abissi del mare per capire i segreti dell'Universo»

Una infrastruttura sottomarino collegata ad altre terrestri, dotata di sensori ottici, acustici ed un telescopio unico in Europa, installati a 3500 metri nelle profondità del Mar Mediterraneo, per studiare i neutrini, uno dei molti segreti dell'universo.

Un progetto di grandi ambizioni, ma già concreto, quello di Idmar, l'infrastruttura sottomarina e terrestre che in Sicilia connette diversi laboratori, coinvolgendo tre enti di ricerca: l'Istituto nazionale di fisica nucleare - che attraverso il direttore scientifico Giacomo Cuttone, guida l'intera struttura e gestisce il telescopio Km3Net, installato a 80 chilometri al largo di Capo Passero l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ed il Cnr, che insieme studiano gli aspetti geofisici, biologici e vulcanologi del mare.


Come nasce Idmar?
«È un progetto finanziato con la programmazione 2014-2020, con 20 milioni di euro dai tre enti coinvolti e con altri 20 dalla Regione Siciliana per potenziare le infrastrutture di ricerca terrestri e marine preesistenti sull'isola, con l'obiettivo di dare visibilità a livello internazionale, a ricerche in vari settori scientifici. Non esiste nessuna regione in Europa che abbia avuto questa lungimiranza e la capacità di unire investimenti, infrastrutture, tecnologia e competenze scientifiche che avranno un impatto economico sulla Sicilia e l'Italia. È stato calcolato che per ogni euro investito, ci sarà un ritorno di 1,6 euro».


Che tipo di ricerche si potranno fare nelle sue diverse strutture?
«Una parte riguarda lo studio dell'Universo da parte dei ricercatori Infn, sfruttando le opportunità offerte dal Mediterraneo, dove abbiamo installato delle strutture cablate in profondità al largo di Porto Palo, a cui saranno attaccati sensori elettrici, ottici, acustici per il monitoraggio di diversi fenomeni che si verificano nelle profondità marine, come lo tsunami watching. Stiamo creando un grande laboratorio sottomarino, connesso alle strutture terrestri dell'isola dove sono impiegate circa 80 persone, tra scienziati ed amministrativi, operativo 24 ore su 24, in grado di raccogliere una grande mole di dati di diversa natura».


Ha parlato di tsunami. Significa che alcuni rilevatori sono impiegati per monitorare i movimenti della faglia terrestre?
«Il sito dove si trova il laboratorio è molto importante dal punto di vista geofisico, dove la faglia nord-africana incontra quella sud-europea, zone di sviluppo di grandi terremoti, come quello di Messina all'inizio del Novecento. Siamo anche in una zona vulcanologica molto interessante che ha dato origine allo Stromboli ed Etna, quindi i sensori acustici rappresentano un'opportunità unica per i ricercatori di Cnr e Ingv di studiare i movimenti e le evoluzioni del nostro pianeta».


Siamo nelle profondità del Mediterraneo, i vostri sensori potranno verificare la presenza di plastiche?
«A grandi profondità all'interno di box abbiamo messo delle plastiche, che poi sono recuperate, per studiare l'effetto di scioglimento dell'acqua nei confronti di questi materiali e quali inquinanti rilasciano. Stiamo raccogliendo anche campioni d'acqua partendo dai 3500 metri fino alla superficie per valutare il livello di contaminazione di microplastiche».


E l'impatto sulla vita sottomarina?
«I sensori acustici sono usati anche per ascoltare il rumore e gli effetti che questo produce sulla fauna. Abbiamo scoperto i grandi cetacei nei nostri mari, che pensavamo fossero scomparsi. Inoltre abbiamo verificato l'impatto antropico in una zona molto frequentata, lo Stretto di Messina, un sito molto importante dal punto di vista della geologia marina perché lì si verificano le migrazioni dei grandi pesci da e verso l'oceano».


Veniamo invece al telescopio Km3Net. A cosa servirà?
«A cercare i neutrini, particelle con carica pari a zero ed una massa estremamente piccola, che connotano molti processi alla base della natura, universo incluso. I neutrini, di cui non si conoscono tutte le caratteristiche, entrano anche in quei processi esplosivi che hanno generato l'universo e che ne regolano l'evoluzione. Queste particelle, potendo attraversare tutto l'universo, con un'interazione elettrica quasi nulla con le stelle e i sistemi solari, fino ad arrivare in piccole quantità sulla terra, potrebbero contenere informazioni non distorte proprio sulla nascita dell'Universo».


Che dimensioni ha il telescopio?
«Copre un km cubo di acqua, attraverso 200 file di occhi elettro-ottici alte 700 metri, con 18 grandi occhi per ogni linea, con un distanziamento di 100 metri. Siamo convinti che ci darà un'eccellente probabilità di vedere i neutrini. Sarà operativo nel 2025, ma già nel 2022 avremo una quantità di rilevatori che confidiamo ci consentiranno di vedere i primi segnali di neutrini di un certo interesse».


Com'è stato messo sott'acqua?
«Con navi che usano dei robot comandati a distanza che consentono di movimentare ed attaccare le strutture nelle profondità del mare».


I misteri dell'Universo osservati da un telescopio nell'acqua, invece che in cielo. Perché?
«Anzitutto perché il mare, con la sua colonna d'acqua, è il luogo che consente di schermarci dalle radiazioni, come avviene nei laboratori Infn sotto la montagna del Gran Sasso. Inoltre i neutrini interagiscono poco con la materia ed il mare funziona da grande rivelatore, è come se accendesse una scintilla, di cui noi speriamo di rivelare il momento dell'emissione di luce, data dall'interazione tra neutrino e acqua».


È l'unico telescopio di questo tipo al mondo?
«È unico in Europa dal punto di vista della tecnologia, tutto è collegato ad un serie di prese per l'alimentazione e fibre ottiche per inviare e ricevere dati. C'è solo il progetto americano Ice Cube, al Polo Sud, che ha fatto qualcosa di simile a noi, ma nel ghiaccio.

Ultimo aggiornamento: 11 Maggio, 08:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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