Microchip scomparsi, così l'hi-tech va in crisi

Lunedì 10 Maggio 2021 di Raffaele d'Ettorre
Microchip scomparsi, così l'hi-tech va in crisi

Sono minuscoli ma rischiano di causare danni giganteschi.

Dalle auto agli smartphone, dai computer alle lavatrici, la carenza globale di microchip quei piccoli circuiti che governano ormai ogni dispositivo elettronico ha creato un effetto farfalla anche in quelle industrie che all'hi-tech si appoggiano solo di riflesso. Lo scorso febbraio, la General Motors è stata infatti costretta a chiudere temporaneamente tre stabilimenti di assemblaggio per mancanza di chip, che nelle vetture odierne controllano ormai quasi tutto, dalla radio al servosterzo. Secondo la società di consulenza americana AlixPartners, nel 2021 l'industria automobilistica produrrà tra i 2 e i 5 milioni di vetture in meno del previsto.

La crisi è talmente grave che Volkswagen ha deciso di sospendere temporaneamente l'attività nella sua fabbrica di Bratislava, mettendo un freno non solo alla produzione della Touareg ma anche di Porsche Cayenne e Audi Q7 e Q8, che a quella fabbrica si appoggiano.


È nato tutto da un fraintendimento: le aziende tecnologiche hanno scommesso sul crollo della domanda di microchip a seguito della pandemia - pensando che i consumatori avrebbero stretto la cinghia per fronteggiare la crisi economica - e hanno tagliato così gli ordini ai fornitori. Invece il lockdown, complice il lavoro da casa e la mancanza di alternative per l'intrattenimento, ha portato un boom di richieste senza precedenti, specialmente nel mercato dei personal computer (13% nel 2020, +18% previsto per la fine del 2021).


CALAMITÀ NATURALI
Ha infierito poi il lancio delle nuove console lo scorso autunno, introvabili allora come oggi. Emblematico il caso della PlayStation 5 e dei cosiddetti scalpers, che si sono avvalsi di software specifici per acquistare interi lotti di console nel momento esatto del lancio, prosciugando le scorte dei rivenditori e inondando il mercato dell'usato di PlayStation vendute a prezzi proibitivi. Anche quando le aziende hanno finalmente deciso spingere sulla produzione di chip, a peggiorare lo scenario è intervenuta madre natura. L'isola di Taiwan, patria della TSMC (la più grande fabbrica di semiconduttori al mondo, che tra gli altri serve anche Apple e Nvidia), sta infatti subendo la peggiore siccità degli ultimi cinquant'anni. Lo scorso febbraio, la fabbrica di chip della Samsung ad Austin, in Texas, ha subito un blackout che ha costretto la multinazionale a fermare la produzione per un mese. Una tempesta perfetta che continuerà almeno per altri sei mesi, stando a quanto dichiarato di recente dal ceo di Cisco, Chuck Robbins.


RINCARI SENZA CONTROLLO
Alcuni prodotti, come le schede grafiche serie 3000 della statunitense Nvidia, hanno visto il loro prezzo quasi raddoppiato (o addirittura triplicato, se si considera il mercato dell'usato) a pochi mesi dal lancio. Gli appassionati si sono allora rimboccati le maniche, usando alcuni server della piattaforma Discord e impostando la notifica per essere i primi ad accorrere nell'eventualità ormai rara che qualcuno voglia vendere questi prodotti a prezzi più ragionevoli, ma è una pratica che richiede molta pazienza e un pizzico di fortuna. Chi vende oggi infatti conosce bene la situazione e fa di tutto per non rimetterci; chi compra spera ancora nell'affare (che ormai consiste semplicemente nel trovare l'oggetto al prezzo di lancio) e su Discord trova sicuramente più convenienza di un'asta su eBay, dove la compravendita di prodotti tecnologici ha raggiunto rincari impressionanti.

Il 2022 si prospetta un anno ancora più problematico, tanto che la stessa Samsung ha recentemente fatto sapere che, se la situazione dovesse continuare, potrebbe non essere più in grado di produrre televisori. E se i fornitori non danno più sicurezza, le aziende decidono di fare da sé. Apple ha da poco introdotto gli M1, i primi chip autoprodotti che mirano a rimpiazzare gli Intel sui dispositivi di punta dell'azienda di Cupertino, e sono già pronti i piani di produzione per gli M2. La stessa Intel non sta a guardare, e investirà 20 miliardi per la costruzione di due nuovi stabilimenti negli States, ma le tempistiche non sono ancora chiare, come non è chiaro se un investimento del genere per quanto imponente sarà sufficiente a scongiurare la catastrofe.

Ultimo aggiornamento: 11 Maggio, 08:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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