Pianeta simile alla Terra a 41 anni luce: grazie al telescopio spaziale James Webb sappiamo come è fatto LHS 475 b

L’astrofisica Barbara Negri dell’Agenzia Spaziale italiana: «Finalmente grazie al telescopio James Webb potremo analizzare la sua atmosfera»

Domenica 15 Gennaio 2023 di Riccardo De Palo
Pianeta simile alla Terra a 41 anni luce lontano da noi: scoperto l'esopianeta LHS 475 b

La notizia della scoperta di un esopianeta molto simile alla Terra a 41 anni luce da noi - nome in codice LHS 475 b - ha fatto molta sensazione.

Non solo perché si tratta della prima conferma di questo tipo effettuata dal telescopio spaziale James Webb, il più grande e potente mai costruito, ma anche perché si tratta di un corpo celeste roccioso (come il nostro) e all’incirca della stessa grandezza del nostro pianeta.

«Il telescopio Webb ha una potenzialità enorme - commenta Barbara Negri, responsabile delle missioni di osservazione dell’Universo dell’Agenzia spaziale italiana - ed è l’unico capace di caratterizzare le atmosfere dei pianeti che si trovano al di fuori del sistema solare».

Barbara Negri

L’Italia, nel campo della ricerca di esopianeti, «è in prima linea» sottolinea l’astrosfisica. Ormai, è assodato che esistono. «Kepler è stata la missione finalizzata alla ricerca di esopianeti, e ne ha tracciati quasi tremila». Ora c’è Tess, il Transiting Exoplanet Survey Satellite, e la conta ha superato i cinquemila. «Questo LHS 475 b era giù stato scoperto da Tess. La maggior parte dei corpi celesti rilevati sono giganti gassosi, che a noi interessano meno, perché ciò che stiamo cercando sono gli esopianeti earth-like, simili alla Terra». Ma, per esserlo, devono avere tre caratteristiche: essere rocciosi e avere dimensioni simili a quella della Terra, avere un’atmosfera ed essere nella fascia di abitabilità. Per esempio, «se si trova acqua, dev’essere allo stato liquido». «Se la temperatura fosse troppo elevata, evaporerebbe, e se fosse troppo fredda sarebbe ghiacciata»: due circostanze che limiterebbero le possibilità di poter sopravvivere in pianeti del genere.

SEGNALAZIONE

Quando Tess ha segnalato questo pianeta come “simile alla Terra”, James Webb ha rivolto la sua attenzione (e i suoi giganteschi specchi esagonali a nido d’ape) per verificarlo. Per capire che si trattava di un pianeta, è bastato «usare lo stesso sistema dei transiti che usano altri telescopi». Vale a dire: «Se passa il pianeta in orbita davanti alla sua stella, c’è una diminuzione del flusso di luce». LHS 475 b «è molto vicino alla stella e compie il suo ciclo orbitale in due giorni (contro i nostri 365)». Ma un eventuale astronauta del futuro che riuscisse a raggiungere il pianeta, cosa troverebbe? «La sua stella è più piccola e più fredda del nostro Sole - dice Negri - si tratta di una “nana rossa”. Ma il pianeta è sicuramente più caldo della Terra, forse anche di qualche centinaio di gradi». A questo punto, però, l’importante è «confermare la presenza di un’atmosfera, e accertare la sua composizione». Webb ha inviato ai centri di ricerca i dati rilevati, e sulla Terra bisogna fare un’analisi spettrale. «Ci vorranno mesi - precisa Negri - per capire di che molecole si tratta. Ma quasi sicuramente non c’è un’atmosfera come quella di Titano, a prevalenza di metano. Potrebbe essere, piuttosto, basata sull’anidride carbonica, in una percentuale enorme come quella di Venere, e quindi estremamente tossica, oppure potrebbe essere il componente principale ma non così prevalente».

IL PRIMATO

L’Italia è in prima linea nella ricerca di esopianeti: «Abbiamo già partecipato alla missione Cheops, un piccolo satellite dell’Esa in orbita dal 2019, e adesso stiamo ultimando la realizzazione del satellite Plato. L’Italia è il primo contributore, i telescopi sono costruiti dalla ditta Leonardo, di Firenze. I primi quattro sono stati consegnati. Il lancio è previsto alla fine del 2026». Ma non è finita. «Tre anni dopo sarà la volta di un altro satellite europeo, Ariel: ha un solo telescopio ma anche questo italiano, finalizzato alla composizioni di atmosfere di esopianeti già noti». Farà, in pratica, il lavoro di James Webb.

 

LO SCOPO

Il telescopio spaziale è stato soltanto imprestato a questo scopo. Il suo vero obiettivo è «lo studio dell’Universo dal punto di vista evolutivo»: è capace di fotografare il nostro passato più lontano, subito dopo il Big Bang. Ma essendo così potente è capace anche di concentrarsi su target che vengono dati dai ricercatori, a seconda delle necessità.
L’Italia «ha una tradizione di astronomia osservativa che risale fino a Galileo Galilei»: abbiamo contribuito «ai maggiori telescopi del mondo, dal Cile agli Stati Uniti. Si è continuato a fare progetti di astronomia ottica sia dalla Terra che dallo Spazio e in questo modo ci siamo candidati a diventare il Paese europeo leader nella ricerca di esopianeti».

Ultimo aggiornamento: 16 Gennaio, 17:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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