Paolo Bonolis: Tech da asporto. Cosa ci toglie la scorciatoia della vita 2.0

Mercoledì 18 Novembre 2020 di Paolo Bonolis
Paolo Bonolis: Tech da asporto. Cosa ci toglie la scorciatoia della vita 2.0

Ho grande fiducia, rispetto e speranza nella tecnologia, ma intravedo penombre per quella che potremmo definire “tecnologia da asporto”. Ora sto scrivendo queste righe con una penna, non perché contrario ai moderni mezzi di scrittura, ma perché non voglio perdere, con il loro abuso, tutte quelle competenze che ho impiegato anni per ottenere e costruire. Quali? La calligrafia, ad esempio.

Un vezzo? Può darsi... Penso, però, anche alla competenza mnemonica; alla serenità nelle relazioni interpersonali; al gusto dell’attesa; alle esperienze sensoriali che si provano nel guardarsi intorno, osservando cose vere e non immagini bidimensionali. E, più di tutto, penso alla serenità di accettare la fatica necessaria per ottenere la conoscenza. È vero che – fin dall’alba dei tempi – l’uomo ha studiato ogni sistema per ridurre le proprie fatiche. Forse oggi, però con l’utilizzo della tecnologia – non solo per migliorare la nostra vita, ma ormai per condizionarla – stiamo raggiungendo un effetto paradosso. Non più essa al nostro servizio, ma noi servi ipnotizzati dalle sue illusioni.

Con i nostri iPhone sempre in mano, viviamo non solo una postura diversa ed un continuo stato di allerta ai loro richiami, ma perdiamo sempre più velocemente le nostre competenze umane. Vi prego, perciò, approvate presto una legge che ne impedisca l’uso prima dei sedici anni. Lasciate che i ragazzi sviluppino anche competenze analogiche e che accettino la fatica come unico mezzo per dare valore e permanenza a ciò che si ottiene. È incredibile come vogliamo tutto sempre più velocemente, per rimanere sempre più fermi. Della tecnologia godiamo l’uso, fuggendone l’abuso. Il futuro tecnologico digitale è ciò che attende i nostri figli; con esso potranno raggiungere traguardi di scoperta e qualità della vita inimmaginabili per la mia generazione. Ma a patto che siano l’Uomo e le sue qualità a guidare il mezzo, senza cadere nell’illusione del “tutto più facile” che la tecnologia prêt-à-porter offre. La nostra velocità, i nostri tempi e le competenze naturali ci rendono padroni, attori consapevoli del nostro destino. Se rifiutiamo la fatica che serve per rimanere Umani, diverremo deboli e servi della nostra stessa scienza. Impariamo a distinguere: i mercati, anche quelli tecnologici non fanno prigionieri. Lo ripeto spesso ai miei ragazzi, ma come intuì Guy Debord «i figli assomigliano sempre più ai loro tempi che ai loro padri».

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Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 20:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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