Non solo Chatgpt: ecco Bing, Perpiexity e il loro fratelli di AI. In attesa di un regolamento europeo

Dopo il Garante della Privacy si muove anche l'Europarlamento

Mercoledì 19 Aprile 2023 di Andrea Boscaro
Non solo Chatgpt: ecco Bing, Perpiexity e il loro fratelli di AI. In attesa di un regolamento europeo

Gli italiani, si sa, sono tutti allenatori durante i Mondiali, cultori di musica leggera nei giorni di Sanremo per poi diventare detective o alpinisti a seconda che la cronaca ponga l’opinione pubblica di fronte a un caso di cronaca nera o ad un incidente in montagna.

Non si ricorda però un derby così acceso fra esperti di dati personali e fan dell’innovazione come quello che nell’ultimo mese ha tenuto impegnati coloro che si sono appassionati al provvedimento del Garante della Privacy, Pasquale Stanzione, che ha portato al blocco di ChatGPT nel nostro Paese.

IL NODO

 Se alcune motivazioni addotte dal Garante appaiono più facilmente sanabili – come l’accesso ai minori di 13 anni – altre intervengono sulla natura stessa della tecnologia il cui addestramento è attuato su un patrimonio informativo tanto ampio quanto opaco nella sua composizione e tale quindi non solo da rappresentare un’area grigia sul trattamento dei dati personali, ma anche da costituire una fonte di incertezza per via degli errori ai quali talvolta essi sono accostati. In attesa che la vertenza giunga a una composizione, si dice entro il 30 aprile, è atteso un accordo per la regolamentazione a livello europeo. Uno dei temi più controversi è il divieto dell’uso delle tecnologie a riconoscimento facciale negli spazi pubblici, un tema che sembra mettere d’accordo più parti a Strasburgo. Più complesso obbligare gli sviluppatori di prodotti come ChatGpt di OpenAi di dichiarare se per addestrare i loro modelli viene utilizzato materiale protetto da copyright. Ed è di questi giorni la notizia che Brian Hood, sindaco dell’Hepburn Shire Council, in Australia, sta per intraprendere un’azione legale per false informazioni su di sè condivise da ChatGPT. Giova però ricordare che altri strumenti come Bing e Perplexity.ai adottano un approccio molto differente indicando le fonti utilizzate con i relativi link di approfondimento per verificare l’attendibilità o per richiedere le opportune rettifiche. Molte sono poi le alternative a ChatGPT. Rytr.me e Copy.ai, ad esempio, sono editor per la produzione di contenuti utili per realizzare un semi-lavorato di cui servirsi in molte occasioni e, ancor più, per rielaborare testi. Non minore impatto, per chi l’ha provato, è risultato Dall-E: per ritoccare immagini è però valido anche Flair.ai e, in alternativa al più noto Midjourney, per crearle si può usare Stablediffusionweb.com. Volete un veloce riassunto a partire da un testo o da un link, ci sono Intellippt.com e Oneai.com. Non ci pensate nemmeno per un attimo a ritornare a sbobinare una lezione a mano? Replicate.com è la soluzione che fa per voi. YouTube Summary poi visualizza accanto ai video su YouTube le relative trascrizioni. Fra tutti questi strumenti, ne manca uno: quello che permette di riconoscere i contenuti realizzati dall’AI: persino l’AI Detector creato da OpenAI non è al momento efficace così come non risulta precisa l’equivalente funzionalità di Turnitin, il principale software che in università si usa come anti plagio.

La facilità con cui appare oggi possibile produrre una foto, un audio, un video falsi, ma del tutto verosimili, invoca pertanto la necessità di introdurre il prima possibile strumenti che aiutino a riconoscere e contrastare non solo le fake news, ma anche fenomeni distorsivi della Rete quali i casi di contraffazione e recensioni false. Forse anche per questo, l’impasse di queste settimane può essere utile, se funzionale a farne due avanti verso una adozione più consapevole, responsabile e duratura dell’AI anche nel nostro Paese.

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Ultimo aggiornamento: 20 Aprile, 07:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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