Prima gli annunci trionfali, le proposte, le idee per migliorare la piattaforma.
Poi i dubbi, le schermaglie e le incertezze che si allungavano come tentacoli sulla trattativa. Infine l’esito a sorpresa: Elon Musk non compra più Twitter.
Un dibattito quello sugli account falsi che può diventare anche l’occasione per fare finalmente chiarezza fra profili anonimi e profili falsi, i cosiddetti bot. I bot sono dei profili automatizzati creati ad hoc per veicolare messaggi non veritieri e spesso per inquinare le conversazioni in rete. Per l’utente comune, anche in virtù dei progressi dell’intelligenza artificiale, è spesso impossibile capire di trovarsi di fronte a profili non umani. A rendere il quadro più fosco c’è poi l’impatto che i bot hanno non soltanto sulla piattaforma ma sul dibattito pubblico in generale. Usati quasi sempre per diffondere fake news e per condizionare l’opinione pubblica. Bio realistiche e credibili e una capacità di interazione straordinariamente raffinata sono il cavallo di troia con il quale i bot entrano nel sistema e diventano difficilissimi da riconoscere, anche per programmatori e addetti ai lavori. Il tema, dicevamo, è delicato soprattutto per l’impatto che account programmati per diffondere messaggi falsi può avere sul fronte politico. Questo status quo si può davvero accettare? Come è possibile che non si stia ancora lavorando a normative e regole certe che facciano chiarezza sulla materia, limitando l’azione dei bot sui social? Come mai non esistono tool che permettano agli utenti di capire subito se dietro un determinato profilo c’è un essere umano oppure una macchina? Come mai le piattaforme invece che intervenire drasticamente tollerano tacitamente? Il punto, tornando al tema iniziale, non è limitare i profili alla cui vera identità non si riesca a risalire, ma quelli dietro ai quali si cela un algoritmo e non una persona. Insomma è fondamentale non travisare e non trasformare il contrasto (necessario) ai bot in una nuova guerra santa (inutile e pretestuosa) contro l’anonimato online. In primis perché si tratta di temi distinti, ma soprattutto perché le discussioni anonime sono tutelate per garantire un dibattito pubblico sano e compiuto (specie se chi si nasconde dietro all’anonimato rischia ritorsioni), mentre le discussioni che ruotano intorno a bot programmati per disinformare (spacciandosi oltretutto per persone reali) sono tossiche ed estremamente pericolose dal punto di vista della propaganda. Come afferma lo scrittore ed esperto di cyber-security americano, Bruce Schneier: «La democrazia ha bisogno di due cose: informazione e rappresentanza. Le personalità artificiali possono privare le persone di entrambe le cose». Nelle tasche di Musk non finiranno le azioni di Twitter, ma se non altro gli resterà il merito di aver accesso anche agli occhi dell’opinione pubblica i riflettori su una deriva non più tollerabile. E sulle quali è doveroso che il contrasto parta dalle piattaforme.