L'astrofisica Marica Branchesi: «Sul cellulare la app mi avvisa se nell'universo c'è un'onda gravitazionale»

Mercoledì 20 Luglio 2022 di Alvaro Moretti
Marica Branchesi a Spoleto per il Premio Carla Fendi
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Ci siamo da poco salutati, alzandoci dal bar che sulla piazza del Duomo di Spoleto è l’epicentro di “Don Matteo”.

Marica Branchesi però ha dimenticato qualcosa: sul tavolino era rimasta la borsa del premio Carla Fendi, da poco ritirato. «C’è solo il mio cellulare». Solo il cellulare: lì dentro ormai tutti – anche gli astrofisici come Branchesi consegnata alla storia come una delle 100 persone più influenti del mondo secondo Time nel 2018 – abbiamo tutto. «Beh, io soprattutto ho la app che mi avverte in tempo reale se da qualche parte nell’universo profondo c’è un’onda gravitazionale». Un cercapersone che la riporta – aprendo la porta spazio-temporale – indietro di un 4-5 miliardi di anni. Eccola, la normalità di Marica Branchesi: la fondazione Carla Fendi l’ha premiata sul palco sotto il Duomo alla fine del Festival dei Due Mondi, e sul palco è salita tra gli applausi della gente e del marito, Jan Harms, che condivide tutto con lei. Anche il palco di Spoleto («che vi devo dire di Marica... Che va tutto bene, onde gravitazionali comprese»). Jan e Marica hanno davvero moltissimo in comune: si sono conosciuti in California e studiavano le onda gravitazionali, fisicamente loro spiegheranno che una forza li tiene uniti e stretti. «Fondamentale avere un marito che sa che vuol dire fare la valigia e salutare i bambini per andare giorni fuori. Studiamo e lavoriamo insieme al Gran Sasso Science Institute dell’Aquila a questa scoperta straordinaria delle onde gravitazionali: 100 anni dopo la predizione di Einstein, abbiamo dimostrato che era proprio così, l’abbiamo catturata.

E siamo andati dove Einstein non pensava si potesse andare. Io e Jan abbiamo due figli, di 7 e 5 anni: nelle favole che raccontiamo e che loro stessi vogliono ci sono sismometri lunari o le stesse onde gravitazionali. Ma la verità è che conduciamo una vita normale», pur essendo davvero eccezionale quello che maneggia.

Osservate l’universo dal profondo del laboratorio sotto il Gran Sasso, ma guardate anche all’effetto dell’uomo sulla natura.

«Qui parlo più da mamma che da scienziata: è il momento di scegliere, non c’è più tempo per pensare. E le scelte responsabili devono farle tutti: il nostro impatto sull’ecosistema è indubitabile. Sono ottimista, però, sono certo che l’umanità riuscirà a farle ora le scelte giuste. Riguarda la terra, ma anche lo spazio».

In che senso?

«Noi misuriamo l’eco di quelle onde gravitazionali che sono una impercettibile variazione di distanza tra specchi più piccola del nucleo di un atomo, anche se originata da catastrofi interstellari come fusioni di stelle e neutroni: farlo sotto terra o in terreni per nulla rumorosi dal punto di vista sismico è fondamentale. Ma ci basiamo anche sulle osservazioni astronomiche: ecco nello spazio il traffico satellitare sta diventando un problema per i nostri telescopi. Anche qui dovremo scegliere e in fretta per proteggerci dai detriti spaziali e lasciare a noi osservatori un cielo più limpido».

Dopo la grande scoperta del 14 agosto del 2015, due buchi neri a fondersi in uno con la potenza di 60 soli, un segnale lungo un minuto nel 2017 rilevato dal satellite Fermi. Che emozione è stata?

«Fortissima: i nostri rivelatori ora sono spenti fino al 2023, ma le immagini di James Webb che ci stanno arrivando prefigurano una rivoluzione totale: fino ad allora noi prevedevamo, anche grazie ad Einstein, quello che andavamo cercando e dopo 100 anni trovato. Ora si apre il capitolo dell’astrofisica dell’impossibile, dell’inimmaginabile (Marica, quasi saltella dall’eccitazione, sulla sedia, ndr). Però resterà indimenticabile quella danza di due stelle nel 2017, impatti con luce blu e rossa, getti di energia, la fusione di elementi pesanti come l’oro in quantità impensabili fino alla nascita di nuove stelle. La prima onda osservata era risalente a 1,2 miliardi di anni fa; siamo arrivati ad esplorare fino a 4,9 miliardi di anni. Onde che partono dal tempo dei dinosauri e arrivano qui e ora».

Siete come Indiana Jones dello spazio, che scoprono cose accadute che ci spiegano il futuro.

«Tutti gli strumenti del futuro, come il telescopio James Webb ci raccontano l’origine; viaggiano verso il Big Bang. In quell’universo primordiale, nelle prime stelle ci sono risposte inimmaginabili e di cui sappiamo nulla. Sappiamo, forse, il 5% di quello che abbiamo intorno». Ma da qualche parte fanno le stupidaggini che facciamo noi sul nostro pianetino, secondo lei? «Osservando l’universo e la vastità di materia, sono convinta che pianeti con condizioni di vita ce ne siano miliardi. Ma le condizioni che hanno consentito la vita sulla Terra sono davvero peculiari. Essere così “particolari” dovrebbe farci sentire più orgogliosi di essere terrestri».

Cosa chiederete voi del gruppo di ricerca sulle onde gravitazionali a James Webb?

«Noi avremo del tempo osservativo in cui esplorare quelle catastrofi interstellari che hanno creato perturbazioni che ci arrivano come onde. Anche due persone che si muovono in una stanza creano onde, ma sono impercettibili. Diciamo che ci aspettiamo il “segnale impossibile”, come fosse una nuova finestra. E questo determinerà la nascita di una nuova scienza preconizzata da Einstein ma che lui pensava inarrivabile».

Torniamo al Gran Sasso.

«A me e mio marito sono arrivate offerte economicamente anche sei volte superiori da istituti stranieri, anche dalla Germania. Ma a L’Aquila l’occasione di creare con le nostre mani un gruppo di nuovi scienziati in un ambiente che si stava rialzando dopo il terremoto era ghiottissima. Siamo entusiasti di come ci ha accolto la città: dopo la tragedia del terremoto e quella dello studentato, che il centro dell’Aquila riparta dai nostri dottorandi che arrivano da tutto il mondo è bellissimo. Ogni anno abbiamo 400 domande dai più bei cervelli del mondo dell’astrofisica e noi scegliamo i migliori 10».

L’Italia è al centro anche di una grande sfida.

«Sos Enattos, una ex miniera di granito della Barbagia vicino a Bitti, compete con un sito olandese (la zona della Mosa, tra Belgio, Olanda e Germania, ndr) per diventare il centro europeo della ricerca sulle onde gravitazionali. Un progetto da 2 miliardi, un volano eccezionale per l’economia locale: la Sardegna è il territorio meno sismico d’Europa e il rumore sismico è uno dei nemici delle nostre osservazioni. Sos Enattos ha grandi possibilità nel 2025 di essere scelto come capitale europea delle onde gravitazionali e sede dell’Eistein Telescope, l’occhio europeo sull’universo. Le osservazioni cominceranno nel 2035: dalle simulazioni che abbiamo sarà esaltante quello che aspetta noi e i nostri studenti».

Canticchia mai “La Cura” di Battiato: si parla di correnti gravitazionali, di spazio, di luce per rendere eterno un amore. Sembra il vostro inno.

«La canto sì. Io e Jan siamo molto fortunati di essere parte di questa rivoluzione della scienza. E io di essere italiana: i nostri istituti di fisica nucleare e astrofisica svolgono un ruolo centrale a livello internazionale. I miei studenti mi prendono in giro per l’entusiasmo che mostro, ma che ci posso fare».

È un’onda, la Branchesi, e travolge.

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Ultimo aggiornamento: 21 Luglio, 07:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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