La storia della macchina per scrivere molta intelligenza poca artificiale

Dalla Remington alla bella Olivetti Lettera 22 esposta al Moma

Mercoledì 15 Marzo 2023 di Francesco G. Gioffredi
La storia della macchina per scrivere molta intelligenza poca artificiale

Le parole un tempo facevano rumore: un ticchettio monocorde a intervalli irregolari, al ritmo dei pensieri, senza sciuparli troppo.

Perché le parole avevano più valore: soppesate e mai sprecate, dosate lettera dopo lettera, consumando carta e nastro. Quanti di voi hanno picchiato almeno una volta i polpastrelli su una macchina per scrivere? Chi lo ha fatto sa: la scrittura era anche un’opera da cesellatori. Ed è un po’ difficile immaginarlo oggi: ChatGPT e l’intelligenza artificiale sputano migliaia di parole dopo un minimo impulso, la macchina per scrivere era invece molta intelligenza e poco artificiale.

E pazienza se oggi la macchina per scrivere sembra un vecchio arnese, ma ha inventato un pezzo di letteratura, il giornalismo moderno e il concetto della scrittura in formato standardizzato. Il pc ne ha raccolto la lunga e nobile eredità. Oltre che una storia avventurosa: l’attribuzione dell’idea embrionale di macchina per scrivere è come non mai controversa. Di sicuro fu l’americano Philo Remington a sfornare su scala commerciale la prima macchina per scrivere, nel 1874. Introducendo una pietra miliare: il posizionamento standard dei tasti per dattilografare rapidamente. Ma, ecco, c’è ancora qualcosa che non va: mancavano un’anima, un’aura mitica. E c’è un cognome-marchio che ancora non abbiamo formulato e che si legherà indissolubilmente all’iconografia della macchina per scrivere: Olivetti. Sul finire del 1800 Camillo Olivetti entra per la prima volta in contatto con le Remington, poco dopo comincerà la progettazione della M1, prodotta poi dal 1911. Con un paio di semplici, ma efficaci, innovazioni e semplificazioni, e altrettante “pennellate”. Prima di tutto, una macchina per scrivere «non deve essere un soprammobile, deve avere un aspetto sobrio, funzionale ed elegante». E poi investì su strutture commerciali e pubblicitarie: il lancio della M1 fu affidato a Teodoro Wolf Ferrari, che realizzò il celebre manifesto con Dante. Fu l’intuizione rivoluzionaria che accompagnerà per sempre Olivetti: la produzione industriale nobilitata dal design, dalla creatività, dall’estetica. La sublimazione di questo matrimonio, con esplosione sul mercato di massa, sarà negli anni ‘50 grazie alla Lettera 22, gemma del genio italiano: poco ingombrante, semplice, leggera, robusta, gradevole, sospinta da campagne pubblicitarie di folgorante incisività.

Porterà la macchina oltre l’ufficio delle compunte segretarie e genererà molti figli e nipoti, anche elettrici. La Lettera 22 è esposta al MoMa di New York e fu scelta dall’Illinois Technology Institute come miglior prodotto di design degli ultimi 100 anni.

Dite che capiterà mai a ChatGPT?

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Ultimo aggiornamento: 16 Marzo, 07:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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