Clima, ghiacciai addio. Il satellite Cryosat fotografa la fredda verità: meno 2% di criosfera ogni anno

Si riduce il pack artico e antartico, In Val d'Aosta rischio crollo del Planpincieux

Mercoledì 17 Maggio 2023 di Stefano Ardito
Clima, ghiacciai addio. Il satellite Cryosat fotografa la fredda verità: meno 2% di criosfera ogni anno

L'Agenzia Spaziale Europea ha diffuso gli ultimi dati rilevati dal satellite Cryosat.

In dieci anni, tra il 2010 e il 2020, la criosfera, cioè la massa di ghiaccio presente sulla Terra, si è ridotta di 2.720 miliardi di tonnellate, una cifra che fa girare la testa. L’89% della diminuzione è dovuto al riscaldamento dell’aria: solo in alcune zone, come i mari di Kara e di Barents nell’Artico o gli oceani intorno all’Antartide, anche il riscaldamento dell’acqua ha un ruolo significativo. Dati analoghi arrivano dai satelliti Landsat della NASA. Al momento, secondo gli ultimi censimenti, esistono 198.000 ghiacciai. Considerando anche le calotte dell’Antartide e della Groenlandia, la superficie di ghiaccio è di 15 milioni di chilometri quadrati, circa il 10% delle terre emerse. Ma secondo l’ultimo rapporto (2022) del WMO, l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, otto degli ultimi dieci anni sono stati i più caldi della storia, e lo scioglimento dei ghiacci è salito fino a sfiorare il 2% annuo. Anche il pack, il ghiaccio di mare nell’Artico e nell’Antartide, si riduce come superficie ogni anno. Di fronte a casi come questi, immaginare il futuro non genera certo ottimismo. Secondo il National Snow and Ice Data Center dell’Università del Colorado, lo scioglimento integrale dei ghiacci della Terra farebbe innalzare il livello medio del mare di circa 70 metri.

IL PANORAMA

 In Europa, molti studi dicono che nel 2100 le Alpi saranno quasi prive di ghiacciai. Passo Fedaia, ai piedi della Marmolada, ad esempio, offre un panorama famoso. Dal 3 luglio 2022, purtroppo, è anche un belvedere sui danni che può causare il cambiamento climatico. Quel giorno, dopo settimane di caldo anomalo, un’enorme massa di ghiaccio e acqua si è staccata dalla Punta Rocca e ha ucciso 11 alpinisti sul ghiacciaio sottostante. Oggi, per chi osserva dai 2.057 metri del Passo, il muro di ghiaccio che si è creato al momento del distacco si vede a occhio nudo. Occorre invece guardare più a destra, ed è meglio avere un binocolo, per scoprire un punto scuro sulle rocce della Punta Penìa, la più alta delle Dolomiti. Si tratta di una caverna artificiale, scavata nel 1874 a spese del Club Alpino Italiano, a livello dei facili pendii del ghiacciaio. È stata utilizzata per qualche anno come rifugio, poi è stata abbandonata perché umida e scomoda. Oggi, a separarla dalla neve e dal ghiaccio sottostanti, sono ottanta metri di parete rocciosa verticale. Osservando dal Passo Fedaia, e da molti altri belvedere delle Alpi, si scopre che le colate di ghiaccio si assottigliano e si ritirano in lunghezza, lasciando al loro posto rocce levigate e pietraie. Ma la morte dei ghiacciai non danneggia solo il panorama. In molte zone, sui fianchi delle montagne, restano masse di ghiaccio instabile, che rischiano di franare sul fondovalle. La Val Ferret, nei pressi di Courmayeur, in Valle d’Aosta, è minacciata dal 2018 da un crollo del ghiacciaio di Planpincieux, monitorato dal Cnr di Torino e dalla Fondazione Montagna Sicura.

Il blocco che rischia di staccarsi e cadere, ha spiegato un ricercatore, «è grande alla base come un campo di calcio, ed è alto come il Duomo di Milano».

IL CATASTO

 Secondo il “Nuovo catasto dei ghiacciai delle Alpi”, presentato nel 2020 dall’Università di Milano e dal Cai, sulla catena montuosa più famosa d’Europa resistono 4.395 colate di ghiaccio, con una superficie complessiva di 1.806 chilometri quadrati. Oggi i ghiacciai in territorio italiano sono 896 e si estendono su 325 chilometri quadrati, una misura che diminuisce dell’1,1% ogni anno. La regione più “glaciale” d’Italia è la Valle d’Aosta, con 133 chilometri quadrati, pari al 36% della superficie totale. Seguono la Lombardia (88 chilometri quadrati, 24%) e l’Alto Adige (85 chilometri quadrati, 23%). Resistono meglio i ghiacciai del Monte Rosa, del Monte Bianco e dell’Oberland, posti a quote più elevate. Scompaiono rapidamente quelli delle Alpi Marittime e delle Dolomiti, e il Calderone, l’unico piccolo ghiacciaio del Gran Sasso. Da qualche anno il numero dei ghiacciai aumenta, ma questo non è un dato positivo. Indica che le grandi colate si frammentano, lasciando il posto a vari ghiacciai più piccoli. La massa complessiva del ghiaccio, però, continua a diminuire.

LE CONSEGUENZE

 Sarà un duro colpo anche per il turismo, perché colate come la Mer de Glace sul versante francese del Monte Bianco e il Pasterze del Grossglockner, in Austria, attirano ogni anno centinaia di migliaia di visitatori. Sarà un pericolo per gli alpinisti, perché creste e pendii di neve e ghiaccio verranno sostituiti da roccia instabile e sfasciumi. Molti rifugi senz’acqua saranno costretti a chiudere. Ma il ritiro (e in prospettiva la scomparsa) dei ghiacciai è soprattutto un problema per la pianura. «Per anni, a causa del riscaldamento del clima, la riduzione dei ghiacciai delle Alpi non ha fatto diminuire l’acqua nei torrenti e nei fiumi, che invece è aumentata. Da qualche tempo, invece, anche l’acqua di fusione ha iniziato a calare – spiega Claudio Smiraglia, professore dell’Università di Milano e animatore del Comitato Glaciologico Italiano – Sul versante italiano delle Alpi i ghiacciai sono una fonte idrologica importante, ma non la principale. La nostra acqua deriva per il 50% dalle piogge e per il 30% dalla fusione della neve, e dai ghiacciai arriva solo il 10-15% del totale. Ma è un contributo importante, perché cresce nelle settimane più calde, quando le altre fonti calano». C’è anche un problema di approvvigionamento energetico, per esempio in Svizzera che si rifornisce all’80% con gli impianti idroelettrici. E la riduzione dei ghiacciai ha già iniziato a farsi sentire. In altre parti del mondo, la riduzione del volume dei ghiacciai può avere degli effetti ancora più seri. «Le acque dell’Hindukush, del Karakorum e dell’Himalaya, le tre grandi catene montuose dell’Asia, forniscono acqua ed energia a 1,2 miliardi di persone, dall’Afghanistan fino al sud della Cina» ricorda l’Icimod, un istituto di ricerca con sede a Kathmandu, in Nepal. «Nelle valli aride delle montagne dell’Asia, dove si vive di agricoltura povera, tutta l’acqua arriva dalle colate di ghiaccio – conclude il professor Smiraglia – L’estinzione di queste ultime potrebbe causare delle guerre, o cancellare la presenza dell’uomo ad alta quota».

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Ultimo aggiornamento: 18 Maggio, 08:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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