Sonego, coach Arbino: «Non è un talento cristallino, ma si è costruito con la determinazione»

Domenica 28 Novembre 2021 di Vincenzo Martucci
Sonego, coach Arbino: «Non è un talento cristallino, ma si è costruito con la determinazione»

Tutti dicono Sinner, e Musetti, e Berrettini, e Fognini, e anche Bolelli, talenti eclatanti da subito, ma il fenomeno vero del Rinascimento del tennis italiano che si specchia nelle Atp Finals e nella coppa Davis è Lorenzo Sonego, un giocatore “normale” che quattro anni fa era 300 del mondo, tre anni fa era fuori dai 100 e ora è 27, ha vinto due titoli Atp, finalista in altri due, semifinalista a Roma, è titolare in nazionale nella sua Torino, a 200 metri da casa, in Corso Cosenza 18/13.

E, dopo aver domato il gigante Opelka, con l’animo leggero di chi non ha nulla da perdere, supera poi da favorito il carneade Nicolas Mejia aprendo la strada al 2-0 sulla Colombia che Sinner sigla contro Galan assicurando all’Italia il primo posto nel girone.

 
Gipo Arbino è l’uomo che ha “pilotato” l’esplosione di Sonego. Si sente più mastro Geppetto o alchimista?
«Sono uno che ha trasformato la sua passione in un interesse, sacrificando la vita privata, buttando all’aria due/tre rapporti sentimentali per vivere in modo totale l’attività, da zingaro. Ora ho trovato una donna che ha a sua volta una sua attività…».


Cinque anni fa avrebbe mai detto che il suo allievo potesse giocare in Davis?
«Tre anni fa l’obiettivo era entrare fra i primi 100, adesso puntiamo a giocare le Atp Finals a Torino. Lorenzo ce la può fare se continua a migliorare risposta, potenza fisica, gestione dei momenti, continuità delle scelte».
La parola chiave è sempre umiltà?
«Io ho 66 anni, da 41 vivo il tennis, la mia umiltà è stata quella di essere un imbuto, acquisendo tutte le informazioni dagli altri allenatori e dalle partite che vedevo per trasmetterle a Lorenzo».
Oggi un tennista si costruisce più facilmente?
«Anzi, è più difficile: un giocatore non può più avere un buco nero, deve saper far tutto su tutte le superfici, in difesa come in attacco, a cominciare da servizio e risposta. La tecnica è sempre più importante. Ma esiste un sistema di gioco univoco, un verbo chiaro per tutti, le Federazioni lavorano meglio, a cominciare da quella italiana».
Con quali ingredienti si fa un tennista?
«Deve avere amore vero per il tennis, e il carattere adatto, grinta, e poi il fisico coordinato e piedi rapidi. E Lorenzo, che ho visto per la prima volta a 11 anni, li aveva fantastici. Però a 12-14-16 anni perdeva sempre, non andava avanti, ha dovuto colmare la lacuna fisica, ha messo potenza, pian pianino ha fatto i suoi passi avanti, il verso salto l’ha fatto a 19 anni, anche grazie alla Fit che è intervenuta. Lorenzo ci ha messo tanto lavoro, tanta determinazione, aveva il suo talento ma non era puro ed evidente come quello di Musetti, per fare un esempio, e non ha fatto l’iter tradizionale da under 18».

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Che cosa l’impressiona di più di Sonego?
«Che continua a crescere e a migliorare: anche contro Opelka ha avuto un rendimento continuo, che è proprio il tasto sul quale stiamo insistendo maggiormente per evitare gli alti e bassi. Impara dalle esperienze della partita e da quella che gli trasmette il team e tecnici come Umberto Rianna, che ci affianca da parte della Fit».
Sonego è davvero calmo e pacato come quando parla?
«È un ragazzo molto tranquillo, che vuole la serenità attorno a sé e quindi si sceglie le persone così, crede nell’amicizia, negli affetti, è un ragazzo pulito che nutre un’amicizia totale con Matteo (Berrettini). Del resto, in generale, non conosce la gelosia: se Sinner o un compagno vince, anche se lui perde, è sinceramente ed intimamente contento per l’altro. È davvero incredibile. Io un po’ patisco se Lori non vince e gli altri sì. Lui zero. È la perfetta sintesi fra il papà, che è calmo e tranquillo, e la mamma, determinata e grintosa. Ha 26 anni, ma è come se ne avesse 20».
 

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