Ruzza "Le 32 sconfitte nel Sei Nazioni per l'Italia del rugby non devono essere un fardello" L'intervista

Sabato 5 Febbraio 2022 di Ivan Malfatto
Federico Ruzza, padovano del Benetton Treviso, con la maglia della nazionale italiana di rugby

«Il vero fardello sulle spalle non sono le 32 sconfitte consecutive dell’Italia. È sentire dire da tutti che nel rugby quella forte in famiglia è mia sorella, non io». Federico Ruzza non si nasconde.

Con una battuta stempera la domanda più scomoda sulla 23ª partecipazione dell’Italia al torneo Sei Nazioni, che inizia oggi con Irlanda-Galles, Scozia-Inghilterra e domani (domenica 6) con Francia-Italia.

Il 27enne seconda linea di Ponte San Nicolò (Pd) è cresciuto nel vivaio del Cus Padova con la sorella Valentina, prima di passare al Valsugana, Viadana, Zebre e da 4 stagioni al Benetton Treviso. Ruzza, 1,98x108, è forte in touche e abile con le mani. È un seconda linea da gioco più che da combattimento. È in forma, come si è visto in Challenge Cup a Lione. È al 6° Sei Nazioni e ha 25 cap azzurri. Come tutti gli altri convocati, tranne Marco Fuser presente nell’archeologico Scozia-Italia 19-22 del 2015, non hai mai vinto una partita nel torneo.


Il discorso non può che iniziare da qui. O sua sorella?
«Valentina ha 2 anni più di me, ha vinto la prima finale scudetto a 17 anni, è stata azzurra prima di me, ha chiuso la carriera giocando seconda linea. Per questo dicono che è più forte».


E il fardello vero della Nazionale, le 32 sconfitte di fila?

«Ne siamo consapevoli. Ma non ci alziamo la mattina pensando: abbiamo perso 32 partite, dobbiamo vincere la prossima. Non è giusto opprimere con questo fardello ragazzi con 3 presenze. Avrebbe conseguenze peggiori sul loro rendimento».


A cosa dovete pensare?
«Alla prestazione. A fare bene minuto dopo minuto, azione dopo azione. A non subire punti. Se ci riusciremo i risultati verranno».


Tra di voi parlate del fatto che non avete mai vinto una volta?
«Ogni tanto viene fuori nei discorsi. Messa in una certa luce la vedo come motivante».


Come?
«Siamo nella posizione in cui dobbiamo ridare considerazione a un Paese e a un movimento rugbistico. I primi a voler interrompere il digiuno siamo noi».


Visti i pesanti passivi nelle ultime edizioni, le andrebbe bene tornare almeno alle onorevoli sconfitte?
«Onorevole sconfitta mi è sempre una definizione un po’ indigesta. Ripeto, non dobbiamo focalizzarci sul risultato, ma sulla prestazione e arrivare preparati nel modo migliore alla gara».


Che torneo si aspetta?
«Molto spettacolare. L’edizione dove ci saranno più squadre in grado di vincerlo, come dimostra il loro stato di forma nei test di novembre».

La sua favorita?

«Vedo bene Francia, Irlanda e dico la prima, perché ha il vantaggio delle 3 partite in casa, in stadi tornati col pubblico fattore importante».


Il ct Kieran Crowley chiede di alzare il livello in disciplina, difesa e conquista. Partiamo dalla prima.
«Su 15 calci che prendiamo in partita ce ne sono sempre 4-5 di evitabili. Dobbiamo limarli, portarci almeno a quota 10».


Per farlo vi siete allenati con gli arbitri.
«Abbiamo lavorato con loro e Alain Rolland ha tenuto un paio di sedute specifiche».


Cosa vi hanno insegnato?
«Ad adattarci ai tipi di fallo sui quali si concentra l’arbitro: sicurezza, breakdown, placcatore che non rotola via. Focalizzandoci su questo i nostri falli dovrebbero diminuire».


La difesa.
«Nelle ultime gare del torneo abbiamo subito tante mete (7 di media, ndr). Contro squadre così forti anche se difendi bene, e noi abbiamo dimostrato di saperlo fare, ma difendi per troppo tempo, o troppo nei tuoi 22, prima o poi cedi. Inevitabile».


La soluzione?
«Avere più possibile il pallone e andarlo a giocare nel campo avversario. Possesso e territorio. I calciatori buoni per farlo li abbiamo. È il primo mattone per costruire una difesa efficace».


La conquista?
«Qui non ci sono formule magiche. Ritrovandoci dopo 2 mesi e preparando la gara in 4 giorni c’è un sistema prestabilito dentro il quale trovare soluzioni diverse in base agli avversari. L’importante è che gli 8 uomini lavorino uniti e non individualmente, siano sulla stessa pagina e non su pagine diverse».


Lei chiama le touche?
«Sì, insieme ad altri. Prepariamo una ventina di chiamate a gara, modificandone alcune a seconda dei rivali».


Quando si sbaglia è più colpa della chiamata, del lancio, del timing o degli alzatori?
«Spezzo una lancia a favore dei tallonatori. Sono il capro espiatorio nelle touche perse. In realtà non è solo la precisione nel lancio a farle sbagliare, ma il tipo di giocata o la bravura della difesa avversaria a leggerla».


E il maul da touche, che l’Italia no sa sfruttare?
«Ci sono squadre che ne fanno storicamente un’arma, vedi l’Irlanda, Ulster e Leinster nell’Urc. Forse su questo aspetto noi siamo un po’ mancati, anche se ci lavoriamo tanto in allenamento. Sappiamo che è uno strumento importante per mettere pressione ai rivali, vedremo di rifarci».


È il primo Sei Nazioni di Crowley, lei lo conosce dal Benetton, che tipo di ct è?
«Di poche parole, ma sa comunicare, motivare il gruppo e proporre sempre innovazioni».


Che seconda linea schiererà?
«Penso varierà a seconda delle partite. C’è l’opzione 2 pesanti titolari e il leggero impact player o 1+1 e l’impact. Vedremo».


Per lei invece è il sesto torneo. Obiettivi personali?
«Spero di poter scendere in campo e dare il mio contributo, confermando in Nazionale lo stato di forma visto con Treviso».
 

Ultimo aggiornamento: 11:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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