Rugby femminile Sei Nazioni, colossal a Londra per Inghilterra-Francia: record 58mila spettatori, la coppia Aghate-Adele con Nina, l'ecologista Claudia. Poi Italia-Galles con il ritiro della veterana Sara Barattin

Record mondiale di "fedeli" a Twickenham: il boom del rugby femminile inglese e francese taglia fuori dalla competizione il resto del movimento. Fra le azzurre ultima partita della veterana trevigiana

Sabato 29 Aprile 2023 di Paolo Ricci Bitti
Rugby femminile Sei Nazioni, colossal a Londra per Inghilterra-Francia: record 53mila spettatori, la coppia Aghate-Adele con Nina, l'ecologista Claudia. Poi Italia-Galles con il ritiro della veterana Sara Barattin

Rugby femminile Sei Nazioni oggi 29 aprile.

Il cuore dei fedeli italici del rugby e del Sei Nazioni oggi dovrebbe essere tutto a Parma per Italia-Galles, ma è impossibile resistere alla tentazione di Inghilterra-Francia che va in onda prima nel tempio di Twickenham, stipato da 58mila spettatori, record mondiale per il rugby femminile che ne aveva riuniti 46mila a Auckland per la finale della Coppa del Mondo l'anno scorso fra le inglesi e le neozelandesi.

Un boom clamoroso di affluenza nello stadione londinese dove all'intervallo della "finale" del Torneo è previsto anche lo show all'americana delle Sugababes, il gruppo femminile pop che impilato decine di dischi di platino. Impressionante il lancio pubblicitario dell'evento: una campagna martellante in tv e sui social ben riassunto dal'immaginifico manifesto da pluripremiato film colossal da Oscar: "The decider", il titolo, con i nomi delle giocatrici inglesi (solo quelle, le francesi evidemente sono comparse nel cast della partita) in grassetto dorato. 

Insomma, il rugby delle professioniste Red Roses vola definitivamente su Marte lasciando ben poco agli altri, alle altre, innescando tripudi e sorrisi, ma aprendo anche parecchi interrogativi sull'assetto futuro del movimento ovale femmile che, nel bene e nel male, ha bruciato le tappe rischiando adesso di incenerirsi e di perdere identità.

Giusti venti anni fa, per dire, Inghilterra-Francia (57-0) si giocò sempre a Twickenham, ma davanti a zero spettatori, poche ore prima della stessa partita del Sei Nazioni dei maschi: il match non era ricordato nemmeno nel programma del match e le ragazze non poterono usare gli spogliatoi.

Il programma

Intanto il programma (orario italiano) odierno del quinto e ultimo turno del Sei Nazioni: alle 14 Inghilterra-Francia (che SkySport Italia non dà in diretta, ma solo in differita alle 22.15). Poi Italia-Galles da Parma alle 16.30 in diretta su SkySport Arena e NowTv, e infine Scozia-Irlanda alle 20.30 (niente diretta e niente differita, ma in questo caso è comprensibile).

La situazione

Inghilterra e Francia sono imbattute e quindi lottano per la vittoria del torneo, l'Italia ambiva al terzo posto ma per ottenere il quarto deve battere bene il Galles, e non sarà facile, e sperare che il risultato di Scozia-Irlanda (scozzesi favorite) non le faccia scivolare comunque al deludentissimo quinto posto, non adeguato alla nazionale che aveva iniziato il torneo al quinto posto nel ranking mondiale (davanti solo le pro' inglesi e francesi) scivolando poi al sesto.

Lo scenario

E ora il resto, che è davvero molto e variegato. Anche quest'anno, come dal 2020, su 15 partite 8 non offrono alcuna incertezza sul risultato: quelle di Inghilterra e Francia contro le altre 4 nazionali. Più della metà del Torneo. Restano una partita che vale la vittoria finale (quella tra Inghilterra e Francia) e appena 6 partite dal pronostico incerto. 

Italia, Scozia, Irlanda e Galles di fatto lottano solo per il terzo posto. Di più: dal 2019 non c'è più partita nemmeno tra Inghilterra e Francia. Anche oggi la vittoria delle francesi vale 6 oppure 7 volte la posta: insomma serve un miracolo. L'ultima squadra ad avere battuto l'Inghilterra è la Nuova Zelanda nella finale della coppa del mondo 2022, interropendo una striscia di 30 (trenta) successi delle Red Roses. Poi le inglesi hanno ripreso a macinare tutte già puntando a vincere i Mondiali del 2025 a casa loro. Probabilissimo come il preventivato sold out di Twickenham (82mila posti). 

Le francesi, professioniste anch'esse, non battono le inglesi da 11 partite e, di fatto, tra le altre avversarie nel mondo, temono solo la Nuova Zelanda. A Padova ancora si sentono le urla del loro allenatore quando le dilettanti azzurre nel 2019 si permisero di strapazzare le professioniste Bleues conquistando un clamoroso secondo posto nel Torneo.

Riassumendo: quanto vale un Torneo di 15 partite che si decide in un solo match, per di più dal risultato sempre meno incerto dato che l'ultima vittoria francese risale al 2018? La risposta è che almeno per adesso vale molto data la risposta crescente del pubblico (la Francia ha chiamato anche 18mila fedeli a Grenoble quest'anno) e dati anche gli investimenti degli sponsor (TikTok è il principale). Proventi che vanno divisi fra tutte le sei nazionali ma che, come si è visto nel rugby maschile diventato professionista nel 1995, finiscono per aumentare in maniera sproporzionata le risorse delle federazioni: le già forti diventano ancora più forti perché possono sfruttarle per ampliare ancora di più la base e rastrellare altri talenti. Quante ragazzine possono ambire a diventare Red Roses in un paese di tradizioni ovali come l'Inghilterra? E quante italiane possono puntare alla magli azzurra? Ecco.

Inoltre il professionismo applicato alle donne (cinque anni fa le inglesi, poi le francesi, poi neozelandesi e canadesi con poche altre nazioni che fanno quello che possono tipo le italiane che da tre anni hanno ottenuto mini contratti per un trentina di ragazze) sta modificando sempre più le strategie del rugby femminile che, a differenza del rugby maschile, è sbocciato in tutto il mondo a metà degli anni Ottanta senza rispettare, almeno in parte, le ingessate gerarchie degli uomini. 

Il rugby femmile è tutt'ora bello da vedere spesso e volentieri più di quello maschile perché non è basato solo sulla fisicità, sull'aggressività, ma sulla ricerca e la creazione di spazi: un gioco più arioso, più azioni manovrate e meno autoscontri. Più tecnica e meno muscoli. 

Lo scenario sta però cambiando: le inglesi, ad esempio, giocano sempre di più come i maschi. Percussioni, "drive" da touche, pick&go ripetuti fino a quando non schiantano fisicamente le avversarie. Tutto legittimo, ci mancherebbe. Le Red Roses possono allenarsi a tempo pieno, possono puntare sulle ragazze dal fisico più imponente e il risultato si vede. Epperò la finale dei mondiali l'hanno persa a sorpresa contro le neozelandesi, figuriamoci, ben messe anche loro,  ma nonostante tutto ancora libere di improvvisare, di seguire l'istinto, di correre in cerca di varchi. 

Detto che appunto solo una manciata di nazioni può permettersi di pagare le rugbyste, accade, in altre parole, che il rugby femminile stia diventando, a questi altissimi livelli riservati a poche, uguale a quello maschile. E nel rugby non ci sono le categorie di peso come nella boxe a livellare almeno la fisicità.

Allora una parità di genere ricercata? Voluta? Doverosa? Inevitabile? E le avversarie che non nascono in Inghilterra, Francia o Nuova Zelanda che cosa possono fare per restare in corsa? 

Nel giro di poco più di una generazione il rugby femminile di alto livello si è chiuso in un angusto recinto per ora sfavillante e spettacolare, vedremo che cosa accadrà nei prossimi anni ricordando che comunque il professionismo complessivamente nel mondo del rugby, maschi e femmine insieme, riguarda solo l'uno per cento dei praticanti e che quindi tutti gli altri e tutte le altre possono continuare a divertirsi con mete e placcaggi. Senza dimenticare che anche le imbattibili nazionali pro' inglesi, le più pagate, guadagnano in realtà quanto un insegnante a metà carriera: anche loro devono continuare a costruirsi un piano B.

Le storie

Nonostante l'avvento del professionismo anche dalle poche nazioni ovali che l'hanno applicato continuano ad arrivere storie che mischiano vita e sport: oggi fra i lustrini e le paillettes di Twickenham giocherà l'ultima partita in azionale Jessy Trémoulière, 30 anni, mediano di apertura o estremo con 75 caps (presenze), nel 2018 eletta miglior giocatrice del mondo. In questi anni non ha mai smesso di dedicarsi alle mucche dell'allevamento di famiglia come continuerà a fare da lunedì senza più gli impegni della nazionale. Dalle stelle del rugby alle stalle della fattoria

Contro di lei giocherà l'ala-mediano di mischia Claudia MacDonald, 27 anni, 26 caps, pochi perché ha cominciato a giocare a rugby solo a 19 anni, caso più unico che raro a questi livelli. Lei e l'altra ala Abby "Wow" Dow segnano caterve di spettacolari mete. Claudia, che ha perso la madre a 17 anni, è una forza della natura ed è sopravvissuta a un terrificante infortunio al collo. Da quattro anni ha deciso di sfruttare la sua notorietà allestendo un blog sull'ecologia e sulla necessità di impegnarsi, ognuno per quello che può, per difendere l'ambiente, per rallentare gli effetti dei cambiamenti climatici: si chiama Let's Talk 1% e spinge a usare di meno l'auto, a fare i conti con la plastica. Cose piccole, ma molto condivise. Sul suo profilo Instagram anche foto con la compagna Cliodhna Moloney, tallonatrice dell'Irlanda che però non sta giocando in nazionale. Entrambe sono accasate con gli Exeter Chiefs.

Coppie

Coppie ce ne sono anche nella nazionale francese: le mediane di mischia Pauline Bourdon, oggi titolare, e Laure Sansus. Non hanno mai fatto un coming out vero e proprio, di quelli per calamitare clic, ma della loro storia destinata al matrimonio  hanno da tempo accettato di parlare anche con la stampa.

Così come ha più volte fatto con spontanea semplicità l'ancora più nota tallonatrice delle Bleues Aghate Sochat, altra titolare oggi, tallonatrice, 27 anni, terapista del lavoro, che ha sposato Adele. La coppia ha una figlia, Nina, che domani compie un anno e che ha seguito la mamma rugbysta anche alla coppa del mondo in Nuova Zelanda. 

Situazioni ancora non accostate al mondo della nazionale azzurra che oggi scenderà in campo contro il Galles indossando lacci arcobaleno nelle scarpe, invitando l'intero movimento a fare altrettanto nel fine settimana del 12-14 maggio in vista della Giornata internazionale contro l'omofobia del 17 maggio. L'iniziativa è della Fir e di Libera Rugby, il primo club inclusivo e gay-friendly d'Italia, che vogliono anche ricordare che oggi manca un anno allo sbarco a Roma della «Bingham Cup», undicesima edizione della rassegna mondiale iridata per club di rugby inclusivi: è dedicata Mark Bingham, rugbysta americano ed esponente della comunità Lgtb che guidò il tentativo di interruzione del dirottamento del volo United 93 l'11 settembre 2001.

La veterana

Infine oggi al Lanfranchi di Parma ultimo match della trevigiana Sara "Bara" Barattin, 36 anni e una montagna di 116 caps dal 2005, record italiano. Mediana di mischia elettrica, quattro scudetti (Treviso e Villorba), medaglia di bronzo al valore atletico, due campionati del mondo, il secondo posto al Sei nazioni nel 2019 e, insomma, una vita a lottare con gli esami per la laurea in Scienze motorie, il lavoro da personal trainer, le ferie e i permessi  per giocare molto bene a rugby. “Non è stata una decisione semplice ma è un momento che prima o poi sarebbe arrivato. Ho avuto la fortuna e l’onore di vestire la maglia della Nazionale per 18 anni e vivere momenti indimenticabili come la qualificazione ai quarti di finale dello scorso Mondiale e il secondo posto al Sei Nazioni 2019. Abbiamo costruito negli anni qualcosa di importante per il Movimento Femminile Italiano che sta via via crescendo e sfornando giocatrici di qualità. Auguro alle mie compagne, allo staff e a tutti coloro che avranno la fortuna di poter vestire questi colori di onorare la maglia dell’Italia in ogni momento e di apprezzare ogni istante vissuto durante i raduni. E’ stato un grande privilegio poter scendere in campo così tante volte per il paese che rappresento e ricevere l’abbraccio dei tifosi”. Complimenti.

Le formazioni di Italia-Galles

Italia: 15 Vittoria Ostuni Minuzzi; 14 Aura Muzzo, 13 Michela Sillari, 12 Beatrice Rigoni, 11 Alyssa D’Incà; 10 Veronica Madia, 9 Sara Barattin ©; 8 Giada Franco, 7 Isabella Locatelli, 6 Sara Tounesi; 5 Giordana Duca, 4 Valeria Fedrighi; 3 Lucia Gai, 2 Vittoria Vecchini, 1 Gaia Maris.

A disposizione: 16 Emanuela Stecca, 17 Alice Cassaghi, 18 Alessia Pilani, 19 Laura Gurioli, 20 Alissa Ranuccini, 21 Sofia Stefan, 22 Emma Stevanin, 23 Beatrice Capomaggi

all. Nanni Raineri

Galles: 15. Courtney Keight, 14. Lisa Neumann, 13. Hannah Jones ©, 12. Lleucu George, 11. Carys Williams-Morris, 10. Elinor Snowsill, 9. Keira Bevan, 8. Sioned Harries, 7. Alex Callender, 6. Bethan Lewis, 5. Georgia Evans, 4. Abbie Fleming, 3. Sisilia Tuipulotu, 2. Kelsey Jones, 1. Gwenllian Pyrs

A disposizione: 16. Carys Phillips, 17. Caryl Thomas, 18. Cerys Hale, 19. Bryonie King, 20. Kate Williams, 21. Ffion Lewis, 22. Kerin Lake, 23. Amelia Tutt.

Arbitro: Joy Neville (Irlanda)

Ultimo aggiornamento: 23:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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