Il fallimento annunciato del campionato di rugby allargato dalla Fir a 12 squadre

Martedì 25 Agosto 2020 di Ivan Malfatto
Un duello a terrà nell'ultimo derby di Top 12 fra FemiCz Rovigo e Lafert San Donà. Quest'anno non lo rivedremo
ROVIGO - Sono bastate solo due stagioni per svelare il bluff del campionato italiano di rugby aumentato da 10 a 12 squadre. Quello dove milita da 80 anni, senza mai retrocedere, la FemiCz Rovigo e dove nell'ultimo decennio è re quasi incontrastato il Calvisano, club di famiglia del presidente federale Alfredo Gavazzi, uno dei fondatori.
L’11 settembre (data tragica per il mondo, infausta a questo punto per il rugby) del 2018 lo stesso Gavazzi nella veste di numero 1 della Fir  annunciava a Milano, in un comunicato e con l’inconfondibile piglio padronale: «La direzione intrapresa dal Top 12 rappresenta per noi un cambiamento strategico. L’ampliamento del campionato a 12 squadre e la contestuale modifica della denominazione sono fattori volti a dare una precisa identità a una competizione che vuole e deve mantenere un ruolo centrale nelle progettualità federali, costituendo l’ultima, importantissima fase del progetto di formazione della Fir. Avere due squadre in più nel massimo campionato significa incrementare la competitività nella corsa ai play-off e nella lotta per non retrocedere».

COVID COLPO DI GRAZIA
Due anni dopo strategia e progettualità della “FederAscione” vanno già a far benedire. Con la mancata iscrizione di Medicei e San Donà si torna a 10 squadre. O si risalirà a 12 con i ripescaggi, deciderà il prossimo consiglio federale che si dovrebbe svolgere il 4 settembre. Ma anche se verranno ripescate Verona (disponibile) e un’altra (Accademia Fir e Noceto le prime degli altri gironi di serie A) le defezioni sono la prova, dopo i divari in classifica, che il modello è insostenibile. E il Covid-19 è solo il colpo di grazia, non la causa. San Donà era in affanno da tempo, basta sentire i discorsi di giocatori e procuratori. I Medicei hanno fatto la fine del Prato: dovevano essere il futuro, si sono già sgonfiati. Anche altri club, poi, sono in difficoltà economica. Non a caso sei di loro hanno chiesto di chiudere anzitempo lo scorso campionato.

AL MASSIMO OTTO SQUADRE
Sono cose che si sapevano già due stagioni fa. Che senso aveva andare verso l’ampliamento a 12? Nessuna. Si sarebbe dovuto andare verso la riduzione a 8, cosa che il dg del Petrarca e commentatore tivù Vittorio Munari dice da oltre vent'anni. O addirittura verso un Super 6, come propone nelle discussioni pubbliche e fra addetti ai lavori il coach rossoblù Umberto Casellato. Invece si è fatto il contrario. Certificando l’ennesimo fallimento delle linee di sviluppo federali. Quelle che al vertice, per capirci, hanno portato alle 25 sconfitte consecutive dell’Italia al Sei Nazioni. A meno che queste linee non prevedano, come sembra, lo smantellamento del campionato. Trasformandolo in torneo amatoriale giocato da dopolavoristi, giovani esclusi o “esodati” dalle Accademie (anche qui i nuovi contratti istituiti dalla Fir, riservati ai migliori prospetti da mandare subito al Benetton e alle Zebre in Pro 14, tolgono importanza al torneo) e poco altro. Allora la direzione è quella giusta. Quando presidenti come Zambelli a Rovigo, Banzato a Padova, Grassi a Reggio Emilia e pochi altri si stancheranno di investire, l’obiettivo federale sarà centrato.
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Ultimo aggiornamento: 23:50 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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