Rugby Sei Nazioni, la Scozia affonda l'Italia 52-10, azzurri mai così male nel Torneo

Sabato 20 Marzo 2021 di Paolo Ricci Bitti
Rugby Sei Nazioni, la Scozia affonda l'Italia 52-10, azzurri mai così male nel Torneo
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Italia - Scozia  rugby   oggi   20 marzo 2021   diretta  live  Sei Nazioni 

Il peggio del peggio da quando l'Italia, nel 2000, è stata invitata nel Torneo che è così diventato a Sei Nazioni.

Con l'ennesima batosta  a Murrayfield (52-10, p.t. 24-10, ovvero 8 mete a una) e con gli azzurri di fatto in partita anche questa volta per meno di mezz'ora, è possibile che presto cada qualche testa nello staff tecnico coordinato dal ct Franco Smith. Il neo presidente federale Marzio Innocenti ha già dato segnali ai vertici della Fir (Daniele Pacini al posto, sia pure ad interim,  di Franco Ascione alla guida del settore tecnico) e adesso esaminerà i costi e le scadenze dei contratti degli allenatori azzurri per metterli sulla bilancia insieme ai disastrosi risultati del Torneo: a rischio almeno l'allenatore degli avanti, Giampiero De Carli, e quello della difesa,  Alessandro Troncon, entrambi assi dell'era d'oro del rugby azzurro degli anni Novanta e dei primi anni del Sei Nazioni.  Possibili, allo stesso tempo, meno traumatiche integrazioni dello staff. Cambi durante la stagione sono del resto irrituali nel rugby. Le prime valutazioni scaturiranno dall'incontro fra il presidente e il ct sudafricano per tirare le somme sul torneo appena terminato.

Smith, da parte sua, ingaggiato nel 2019 per fare l'aiuto di O'Shea e poi promosso subito allenatore capo di uno staff non scelto da lui dopo l'abbandono anticipato e a sorpresa dell'irlandese, difende la scelta di puntare su un gruppo di giovani e giovanissimi e dice di registrare progressi, difesa e indisciplina a parte (ieri 3 gialli letali, Mori, Negri e Ioane). Va anche detto che di fenomeni non ne ha lasciati fuori troppi, tranne Minozzi che però ha le sue responsabilità. Pesanti anche le assenze per infortuni di Steyn e Pelledri, ma questo è quello che passa il convento. "Stiamo lavorando a ritmi altissimi - ha detto ieri - e, credetemi, la nostra qualità è cresciuta, certo non ancora abbastanza per superare questi avversari, ma non resta che andare avanti per permettere a questi ragazzi che lottano con tutto il cuore di fare esperienza".

Da valutare, da parte del presidente federale, anche i tempi di eventuali cambi di assetto in corsa dello staff  a poco più di tre mesi dal tour in Nuova Zelanda contro gli All Blacks, tour figlio di un dissennato calendario internazionale avallato dalla Fir ormai due anni fa. Smith e i suoi giovani azzurri, per quasi due stagioni, fino a fine novembre, insomma, anche per colpa della pandemìa, hanno affrontato o affronteranno solo squadre più forti o molto più forti di loro: psicologicamente un percorso durissimo. Vedremo. 

Fatto sta che l'Italia, alla 32a sconfitta consecutiva nel Torneo in cui non vince dal 2015 ovvero nelle ultime sei edizioni, non aveva mai incassato 34 mete (quasi 7 a partita, quella del ct O'Shea si era fermata a 29) . Anche ieri è stato sbagliato il 25% dei placcaggi, un  dato terribile come i 3 cartellini gialli che hanno lasciato la squadra anche in 13. Con questi risultati è arrivato anche l'11° cucchiaio di legno (tutte sconfitte) su 22 partecipazioni al Torneo. E mai avevano preso tanti punti dalla Scozia, la rivale con cui abbiamo vinto più volte (5). 

La partita

Cinque minuti perfetti, i primi, quelli che sono serviti per portare in meta il capitano Luca Bigi da penaltouche, e altri 23 da incubo, quello ricorrente, a occhi aperti, di ogni turno del Sei Nazioni versione 2021, il peggiore di sempre. In quei 23 minuti gli scozzesi segnano 4 mete conquistando già al 28' il punto di bonus offensivo e confermando che la difesa (leggi placcaggio) è la fase di gioco più disastrosa di questo Torneo in cui abbiamo fatto peggio delle 29 mete incassate durante la gestione O'Shea. Al the, a Murrayfield soleggiato e deserto, si arriva infatti sul 24-10 con il pallottiere che indica 30 mete subìte dall'Italia quando mancano ancora 40 minuti da giocare. Così che resta ben poco da dire se si canna il 25% dei placcaggi (124-29) rispetto all'11% degli avversari (44-4)  nonostante ripetuti momenti di buona determinazione dell'Italia spesso ben orchestrata dal più giovane, il mediano di mischia Varney che mostra su ogni pallone la qualità della scuola gallese in cui è cresciuto. La partenza degli azzurri, almeno quella, è la migliore della stagione, con una touche e due mischie vinte, piattaforme che garantiscono possesso e avanzamento. Il clou al 5' con il capitano che finalizza in meta la rolling maul impostata da touche sulla sinistra. Marcatura angolatissima, ma Garbisi infila ugualmente i pali per un insperato e meritato 0-7. Poi la risposta di Cherry al 10' e di Van der Merwe al 13' per il 12-7 ricuciti da un penalty di Garbisi al 16' (12-10. Il match è sin qui in discreto equilibrio  anche se preoccupa la facilità  con cui gli scozzesi (capaci di battere l'Inghilterra in avvio di Torneo, ma poi in calo)  bucano la nostra linea. Il patatrac al 19' quando Mori, per la prima in campo dall'inizio, rimedia un cartellino giallo per placcaggio pericoloso quanto inutile. E in inferiorità numerica becchiamo 2 mete (21' Graham e 28' Jones) che ammazzano il match.

E sempre scavando nel peggio la ripresa ha visto gli azzurri in campo persino in doppia inferiorità numerica per i gialli a Negri e Ioane, anche questi evitabilissimi. L'effetto, in una partita che comunque cominciava già trascinarsi perché gli scozzesi avevano già portato a casa tutto il possibile, è presto detto: altre quattro mete senza che l'Italia riuscisse a segnare un punto che uno. Fate conto di vedere sul ring pugili con almeno tre categorie di differenza: il più leggero può  dannarsi l'anima e avere il coraggio di un leone (e gli azzurri così si comportano) ma poi finire per lui al tappeto è inevitabile. Ecco, se c'è una cosa ancora più triste dei punteggi in questa disgraziata stagione, per di più priva della festa dei fedeli in tribuna, è questo senso di impotenza dell'Italia venata dall'amarezza in chi guarda di non attendere altro che la partita finisca. 

Marcatori: p.t. 6' m. Bigi tr. Garbisi (0-7); 10' m. Cherry (5-7); 13' m. Van der Merwe tr. Hogg (12-7); 17' c.p. Garbisi (12-10); 21' m. Graham (17-10); 28' m. Jones tr. Hogg (24-10); s.t. 4' m.

Cherry tr. Hogg (31-10); 14' m. Steele tr. Hogg (38-10); 24' m.

Johnson tr. Hogg (45-10); 31' s.t. Van der Merwe tr. Hogg (52-10).

Scozia: Maitland (15' s.t. Van der Walt); Graham, Jones, Johnson (25' s.t. Harris), Van der Merwe; Hogg (cap), Steele (15' s.t.

Price); M. Fagerson, Watson (25' s.t. Haining), Ritchie; Gilchrist (22' s.t. Craig), Skinner; Z. Fagerson (8' s.t. Berghan), Cherry (8' s.t. Turner), Sutherland (8' s.t. Bhatti).

All. Townsend.

Italia: Padovani; Bellini, Brex, Mori (14' s.t. Zanon), Ioane; Garbisi (14' s.t. Canna), Varney (30' s.t. Violi); Lamaro, Meyer (35' s.t. Favretto), Negri; Ruzza (22' s.t. Mbanda'), Cannone; Riccioni (33' p.t. Zilocchi), Bigi (cap) (30' s.t. Lucchesi), Fischetti (30' s.t. Lovotti).

All. Smith.

Arb. Gauzere (FFR).

Cartellini gialli: 19' p.t. Mori, 11' s.t. Negri, 20' s.t. Ioane.

Note: esordio in Nazionale per Favretto (Azzurro n. 701).

Calciatori: Hogg (Scozia) 6/8, Garbisi (Italia) 2/2.

Player of the match: Watson (Scozia).

Il calendario, quinto e ultimo turno Sei Nazioni: oggi  Scozia-Italia 52-10, Irlanda-Inghilterra 32-18, alle 21 Francia-Galles (MotorTrend, canale 59).

Classifica Six Nations Guinness: Galles 19 (+63); Irlanda 15 (+48); Scozia 11 (+43)*, Francia 10 (+39)*; Inghilterra 10 (-9);  Italia 0 (-184). * una partita in meno 

L'attesa

Cala il sipario di quello che rischia fortemente di diventare il Sei Nazioni più triste dell'Italia: oggi alle 15.15 sul prato di Murrayfield non c'è alcuna speranza di impedire la 32a sconfitta di seguito dell'Italia candidatissima a intascare l'11° cucchiaio di legno (Wooden spoon), l'ignominioso e invisibile trofeo riservato alla squadra che perde tutte le partite, il che è capitato appunto, considerata l'inevitabile legnata odierna, nella metà delle 22 edizioni "a sei" del Torneo più vecchio del mondo che dal 2000 ha accolto anche gli azzurri.

Sono 110 partite, sempre compresa quella di oggi, in cui l'Italia ha alzato le braccia al cielo solo in 12 occasioni, più un pareggio, che nel rugby, diceva il leggendario irlandese Willie John McBride, è appassionante come "un bacio in bocca alla sorella". E siccome al peggio non c'è mai fine, se oggi, l'Italia incasserà 4 mete - possibilissimo - diventerà anche il torneo azzurro più in passivo di sempre. Altre circostanze nefaste da ricordare? Beh, gli azzurri non vincono un match nel Torneo dal 2015 (dal 2013 a Roma) e l'ultima volta - sembra passata una vita - accadde proprio qui a Murrayfield, sul prato riscaldato dalle serpentine ad acqua calda e spazzato dal vento delle highlands. Agghiacciante e non fronteggiabile la tristezza di questo tempio deserto per le limitazioni anti Covid che faranno riecheggiare le cornamuse di Flowers of Scotland solo per i giocatori. 

E per chi non capisce che cosa ci stia a fare l'Italia nel Sei Nazioni, la risposta più breve e logica è che fra le sei nazionali più forti d'Europa (nel rugby la Brexit non conta) c'è, di gran lunga, l'Italia. Che al tempo stesso è di gran lunga la più debole delle squadre del gruppo che nel Torneo incrociano i pugni dal 1883 o (la Francia) dal 1910. Il dibattito sul futuro del rugby italiano, adesso che la Federazione ha cambiato decisamente vertice con l'elezione del livornese-padovano Marzio Innocenti, è più che mai aperto partendo dal fatto che senza il Sei Nazioni il movimento ovale non sarebbe rilevabile in Italia se non in qualche piccola enclave.   

Di quella formazione azzurra vincente nel 2015, a ogni modo, nessun superstite, ché ormai il gruppo selezionato dal ct Franco Smith - l'unico allenatore a non avere mai incontrato una formazione battibile in base al ranking mondiale che ora ci vede precipitati al 15° posto (la Scozia è 9a) - è basato su ventenni e anche meno come il mediano di mischia Steve Varney che di anni ne ha 19. Poi c'è l'apertura Paolo Garbisi che ne ha 20 come il livorneese Federico Mori, che dopo 8 match dalla panchina viene promosso primo centro titolare da Smith che ne apprezza l'irruenza fisica. Il ragazzo è ancora strategicamente acerbo ma certo di mezzi muscolari ne ha in abbondanza grazie al Dna familiare che si estende fino allo zio paterno Fabrizio, nel 1999 campione del mondo nei 400 ostacoli e tutt'ora primatista italiano della specialità. Federico sta imparando ad abbattare gli ostacoli, più che a saltarli, ma deve ancora crescere in difesa e nelle situazioni di "gioco rotto", ma avercene di talenti così da affinare. E' che Smith si è ritrovato con un discreto gruppo di ragazzi, ma nessun veterano (Steyn, ad esempio, si è infortunato) a cui affidare la squadra nei momenti più burrascosi del match. Tra le novità odierne anche il rientro a estremo di Padovani  e dell'armonioso Ruzza in seconda linea, reparto dove c'è penuria e dove potrebbe dunque debuttare il diciannovenne trevigiano Riccardo Favretto, un altro quasi 2 metri razza Piave.

La speranza, tenue, è di limitare i danni, di non uscire subito dal match come accaduto la settimana scorsa con il galles, proprio nel turno in cui i bookmaker assegnano con cinico realismo un gap di almeno 35 punti fra le squadre.

Paolo Ricci Bitti

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Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 12:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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