Sei Nazioni, Ghiraldini carica l'Italia del rugby: «Con la Francia bisogna partire forte»

Sabato 8 Febbraio 2020 di Antonio Liviero
Leonardo Ghiraldini, tallonatore padovano

Sta per tornare. La storia tra Leonardo Ghiraldini e il rugby non è finita in Giappone sotto il vento impetuoso e crudele del tifone Hagibis che ha spazzato via il sogno di chiudere una straordinaria carriera azzurra (104 caps) con la sfida prestigiosa contro gli All Blacks. Partita annullata per motivi di sicurezza e le lacrime del tallonatore padovano che facevano il giro del mondo. La conclusione beffarda di una rincorsa mozzafiato, impastata di sofferenza e sudore, di palestra e di sprint pieni di speranza: operato al crociato collaterale a marzo, recupero a tempo di record per salire al volo sull’areo per la Coppa del Mondo. Poi il tifone. Ma Ghiraldini non è il tipo che lascia le cose al caso e che getta la spugna. L’avventura di uno dei migliori talenti italiani di sempre, che ha giocato nei club più blasonati d’Europa, non poteva chiudersi per decisione del meteo. Abolito il riposo, Leo ha continuato la preparazione una volta tornato a Tolosa, deciso a riprendere l’attività agonistica ad alto livello. Rientrerà, a 35 anni, come “medical joker”: in lizza lo Stade Toulousain, il club con cui ha vinto il campionato lo scorso anno, pronto a rinnovargli il contratto, il Toulon dell’amico Parisse e il Bordeaux-Beglais, con quest’ultimo, secondo nel Top14, in netto vantaggio per la sostituzione di Dorian Dufour, infortunatosi alla caviglia. Si decide in queste ore.
Come sta Ghiraldini?
«Sto bene e sono pronto a tornare a giocare. Ci sono diverse opzioni sul tavolo, ad alcune ho rinunciato per vari motivi. Vediamo».
Si era parlato di Inghilterra e poi con una certa insistenza del Toulon.
«È vero, mi avevano cercato diversi club inglesi. Ma ho rinunciato anche per motivi familiari. Ci siamo inseriti bene a Tolosa, i bimbi vanno a scuola qui, mia moglie sta seguendo un corso, abbiamo preferito rimanere in Francia».
Il ginocchio le dà problemi?
«Ho recuperato bene anche se non è stato facile e c’era qualche rischio perché i tempi per il Mondiale erano strettissimi. Ho continuato a lavorare duro una volta tornato a casa, sono seguito molto bene dai medici del Tolosa con cui mantengo uno splendido rapporto».
Contro gli All Blacks sarebbe partito titolare?
«No, sarei entrato a partita in corso. Ma ero pronto già per il Sudafrica. O’Shea preferì però non schierarmi perché riteneva la partita troppo dura».
Tornerà anche in maglia azzurra?
«È presto per dirlo. Non gioco da undici mesi, sono curioso anch’io di vedere come andrà il mio rientro. Un passo alla volta. Certo alla nazionale non ho mai detto di no e farò di tutto per tornare. Ma una convocazione va sempre meritata, io la penso così. Se non dovessi giocare bene sarei il primo a fare un passo indietro».
L’Italia affronta domani a Parigi una Francia che si annuncia più forte del previsto.
«Non mi aspettavo nemmeno io che iniziasse così bene il Sei Nazioni. Ha un gruppo molto giovane, ma già maturo. Tanti di loro erano miei compagni allo Stade Toulousain e so benissimo quale sia il loro valore tecnico, penso a Ntamack, a Marchand che ha fatto al mio fianco il suo percorso di crescita. A Dupont, un fenomeno. La Francia ha un bacino di giocatori enorme e lo sta sfruttando».
Qual è il suo punto di forza?
«In questo momento penso sia la miscela tra fisicità e imprevedibilità. Di fronte alle difese sempre più ermetiche di oggi trovare delle soluzioni nuove può fare la differenza. Poi hanno fame di conquistare qualcosa dopo tanto tempo. E una difesa, affidata a un esperto dello spessore di Shaun Edwards, che avanza costantemente ed è sembrata già molto efficace contro l’Inghilterra».
Quali invece i loro limiti?
«Forse l’aspetto mentale. Sono giovani e sono latini: si possono esaltare come abbattersi con facilità. E da quello che si è visto contro l’Inghilterra la mischia ordinata ha qualche problemino».
Come vanno affrontati?
«Bisogna iniziare la partita col piede giusto, togliergli subito le certezze. Sono giovani e se li metti sotto pressione possono sbagliare. Le fasi statiche saranno fondamentali: se li privi di palloni in mischia e in touche, settori di gioco a cui in Francia danno grande importanza, possono perdere la fiducia. Se li teniamo vanno in difficoltà, altrimenti il rischio è che si esaltino».
Non sarà facile per l’Italia rimettersi in carreggiata dopo una sconfitta pesante come quella di Cardiff.
«È stato un esordio difficile contro un Galles che ha grandi qualità. Ma non dobbiamo focalizzarci su questo, perché la qualità nel 6 Nazioni ce l’hanno tutti. A Cardiff l’Italia ha dimostrato di avere un’idea di gioco, ma ha perso troppi palloni, ha avuto difficoltà nei punti d’incontro. E ha pagato l’indisciplina: i gallesi hanno preso il largo con i calci piazzati. Non bisognava permetterglielo perchè l’Italia ha sempre fatto fatica a riprendere le partite una volta sfuggite di mano. Comunque, ora si deve ripartire dalle cose che riusciamo a fare bene. Dalle partite giocate meglio. Mi ricordo l’anno scorso con la Francia... L’abbiamo buttata noi quella partita, sprecando troppo. Facciamo tesoro di quella giornata».
Qualche speranza c’è, allora.
«Certo, l’Italia può farcela a condizione che abbia voglia di dominarli subito, o sarà dura.

La prima mezz’ora sarà fondamentale. Va vinta la battaglia in mischia, nel combattimento collettivo. Penso che loro saranno tentati di dimostrare tutta la loro bravura e forse questo li spingerà a commettere degli errori. Dobbiamo essere pronti ad approfittarne».
 

Ultimo aggiornamento: 17:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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