Gianluca Vialli, così raccontava il cancro: «Ho paura di morire, ma la malattia ti può anche insegnare molto»

L'ex calciatore si era confidato nella serie Netflix di Cattelan: «Spero di vivere il più a lungo possibile, però mi sento molto più fragile di prima e ogni comportamento mi porta a fare questo ragionamento, cioè: “È la cosa giusta che sto mostrando alle mie figlie?”»

Venerdì 6 Gennaio 2023
Così Vialli raccontava il cancro: «Ho paura di morire, ma la malattia non è solo sofferenza»

Il sogno di vincere gli Europei l'ha realizzato accanto all'amico di sempre, Roberto Mancini. Ma anche in quelle settimane, Gianluca Vialli ha convissuto e combattuto con il tumore.

Della malattia ne aveva parlato ad Alessandro Cattelan nella serie Netflix "Una semplice domanda". Un dialogo tra l'ex calciatore e il conduttore che ha commosso chi lo ha ascoltato parlare del tumore: «Se per esempio muori all’improvviso di notte, tante cose rimangono incompiute. Oggi so che ho il dovere di di comportarmi in un certo modo nei confronti delle persone, di mia moglie, delle mie figlie perché non so quanto vivrò. Quindi ti dà questa opportunità di scrivere le lettere, di sistemare assolutamente le cose».

 

«La malattia non è esclusivamente sofferenza - aveva spiegato -. Ci sono dei momenti bellissimi. La malattia ti può insegnare molto di come sei fatto, ti può spingere anche più in là rispetto al modo anche superficiale in cui viviamo la nostra vita. La considero anche un’opportunità. Non ti dico che arrivo fino a essere grato nei confronti del cancro, però non la considero una battaglia. L’ho detto più volte. Se mi mettessi a fare la battaglia col cancro ne uscirei distrutto. Lo considero una fase della mia vita, un compagno di viaggio, che spero prima o poi si stanchi e mi dica “Ok, ti ho temprato. Ti ho permesso di fare un percorso, adesso sei pronto”. Cerco di non perdere tempo, di dire ai miei genitori che gli voglio bene. Mi sono reso conto che non vale più la pena di perdere tempo e fare delle stronzate. Fai le cose che ti piacciono e di cui sei appassionato, per il resto non c’è tempo. Siamo qui per cercare di capire il senso della vita e io ti dico: ho paura di morire».

Vialli e la paura di morire

«Non so quando si spegnerà la luce che cosa ci sarà dall’altra parte. Ma in un certo senso sono anche eccitato dal poterlo scoprire - confessa Vialli -. Mi rendo anche conto che il concetto della morte serve per capire e apprezzare la vita. L’ansia di non poter portare a termine tutte le cose che voglio fare, il fatto di essere super eccitato da tutti i progetti che ho, è una cosa per cui mi sento molto fortunato. La malattia, racconta l'ex calciatore e collaboratore di Roberto Mancini in Nazionale - non è esclusivamente sofferenza: ci sono momenti bellissimi. La vita - e non l’ho detto io ma lo condivido in pieno - è fatta per il 20 per cento da quello che ti succede ma per l’80 per cento dal modo in cui tu reagisci a quello che accade. E la malattia ti può insegnare molto di come sei fatto, essere anche un’opportunità. Non dico al punto di essere grato nei confronti del cancro, eh...».

Il rapporto con le figlie

Il dialogo con Cattelan va avanti: «Spero di vivere il più a lungo possibile, però mi sento molto più fragile di prima e ogni comportamento mi porta a fare questo ragionamento, cioè: “È la cosa giusta che sto mostrando alle mie figlie?”. In questo senso, cerco di essere un esempio positivo, cerco di insegnare loro che la felicità dipende dalla prospettiva attraverso la quale tu guardi la vita. Cerco di spiegare loro che non devi darti delle arie, devi ascoltare di più e parlare di meno, migliorarti ogni giorno, devi ridere spesso e aiutare gli altri. Secondo me, questo è un po’ il segreto della felicità. Soprattutto cerco di fare in modo che abbiano l’opportunità di trovare la loro vocazione». 

Ultimo aggiornamento: 7 Gennaio, 06:15
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