Tra battaglie di cortile, simpatie e antipatie, si rischia di perdere di vista la realtà. Che a Bergamo, per l'ennesima volta in stagione, è sembrata chiarissima: c'è una Roma dei titolari che se la gioca ad armi pari con qualsiasi avversario e un'altra che, se privata di Smalling, Matic e Dybala annaspa.
TOUR DE FORCE
Competere su tre fronti richiede forze fresche e di livello sempre a disposizione, la Roma, ad esempio, se dovesse arrivare in finale di Europa League avrebbe disputato 55 partite in otto mesi. Si tratta di una gara ogni quattro giorni e mezzo, quasi 5mila minuti in campo. Numeri che rendono l'idea di quanto una stagione possa essere impegnativa se a giocare sono sempre gli stessi. La prima sconfitta in Serie A dopo un impegno europeo è arrivata con l'Atalanta, tre giorni dopo l'Helsinki (18 settembre). A seguire il derby perso con la Lazio giocato 72 ore dopo il Ludogorets e poi il 2-1 in campionato con la Cremonese subìto 5 giorni dopo il Salisburgo. E ancora, il 3-4 con il Sassuolo all'Olimpico a seguito dell'ottavo d'andata con la Real Sociedad, un altro derby perso sempre dopo gli spagnoli e infine la gara con l'Atalanta disputata 4 giorni dopo il Feyenoord. Curioso, invece, che nelle 4 volte in cui la Roma ha perso in Europa è sempre arrivata la vittoria in Serie A.
La rosa dei giallorossi si poggia su degli elementi imprescindibili, senza i quali vengono a mancare i riferimenti al resto della squadra. Con i bergamaschi non c'erano Smalling (infortunio), Matic e Dybala (entrambi per gestione atletica), quest'ultimo assente anche all'andata. Contro i biancocelesti ha giocato Camara a centrocampo e mancava la Joya, mentre al ritorno non c'era Matic, con la Cremonese era squalificato Smalling e col Sassuolo fuori sia Cristante (squalificato) sia Paulo. Come risolvere? Lo ha detto Mourinho: se non proprio 22 titolari di livello, ne serve certamente qualcuno in più di adesso.
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