Roma, precipita in serie D il Carl Zeiss Jena, l'incubo anni 80

Lunedì 15 Giugno 2020 di Romolo Buffoni
Roma, precipita in serie D l'incubo anni 80

Ddr nella Roma giallorossa contemporanea è un acronimo dolce, perché fa tornare alla mente Daniele De Rossi l'ultima bandiera ammainata a Trigoria. Ma negli anni 80 Ddr era un incubo e la politica c'entrava poco, se non affatto. Perché era la sigla della Repubblica Democratica Tedesca, la Germania Est comunista che cominciava al di là del Muro di Berlino e proseguiva a Dresda, Lipsia e... Jena. Il Carl Zeiss Jena, squadra della Turingia che nel campionato dell'Est vinse tre titoli e quattro coppe nazionali. Grazie a una di queste, vinta nel '79/80, partecipò alla Coppa delle Coppe della stagione seguente e il sorteggio lo mise subito sulla strada della Roma. La squadra di Liedholm, Falcao, Di Bartolomei, Conti, Pruzzo, Ancelotti, Tancredi si presentò nel salotto europeo con la coccarda tricolore sul petto e tre gol, a zero, al Carl Zeiss Jena. Era il 17 settembre 1980, data di nascita della squadra che tre anni dopo vinse lo scudetto. Pruzzo di testa in tuffo su cross di Bruno Conti dopo 5'; Ancelotti intorno alla mezz'ora ancora di testa su traversone di Spinosi e, al 26' della ripresa, la ciliegina sulla torta con la magia di Falcao: stop di petto aereo e tiro al volo nell'angolino. Gli ottantamila dell'Olimpico in estasi: Grande Roma.
Il 1° ottobre a Jena la doccia fredda: Roma irriconoscibile, come il Carl Zeiss trasformato rispetto all'andata, e 4-0 clamoroso. Un cappotto rocambolesco di quelli che spesso si sono abbattuti nella storia dei giallorossi, andati sotto di due gol nel primo tempo e crollati nella ripresa dove, dopo appena 5 minuti, rimasero in dieci per il rosso a Scarnecchia entrato al posto di Conti infortunato. I gol fatali segnati da Bielau, una riserva gettata nella mischia dal tecnico dei tedeschi Meyer. Uno choc per i giallorossi, travolti da un avverssario apparso... stupefacente. «Mai vista una squadra correre tanto! - scrisse l'inviato de Il Messaggero Piero Di Biagio - L'impressione è che avessero dei motori nascosti nelle mutande». «Corrono troppo. E' vero che sono tedeschi, ma corrono troppo...», disse il presidente Viola dopo pochi minuti di gioco all'altro inviato del nostro giornale Giuseppe Rossi. Sospetti di doping rilanciati a fine partita da Scarnecchia: «Qualcuno aveva gli occhi di fuori e la bava alla bocca». Ma a spegnere le lamentele e il piagnisteo spesso fatale alla Roma, arrivò il serafico Liedholm che rinfacciò ai giornalisti l'eccessiva faciloneria: «Quanti di voi sorridevano quando parlavo di squadra fortissima. Molti avevano dato per scontato la nostra qualificazione parlando di una passeggiata...». A supporto delle parole del Barone arrivò il campo: il Carl Zeiss eliminò poi il Valencia, i gallesi del Newoport County e, in semifinale, il Benfica arrivando a giocarsi la Coppa delle Coppe contro i "capi bastone" della Dinamo Tbilisi. La squadra georgiana all'epoca era una delle colonne dell'Unione Sovietica e si prese la Coppa battendo a Düsseldorf in Germania Ovest la "succursale" rappresentante i tedeschi dell'Est per 2-1.
Fu il livello più alto raggiunto dal Carl Zeiss Jena che, oggi torna a far parlare di sé perché sprofondato nella Quarta serie tedesca, in serie D.

Un destino capitato a tante maglie storiche dell'Europa che fu, dal Leeds all'Amburgo al Nottingham Forest. Il Carl Zeiss ieri è precipitato nella Regionalliga trascinando nell'oblio il ricordo di quella Germania Est, del gol di Sparwasser alla Germania Ovest e del calcio anni 70 di cui in questi giorni celebriamo a 50 anni di distanza il 4-3 di Riva, Boninsegna e Rivera alla Repubblica federale di Germania al Mundial messicano. Altri tempi, ma che nostalgia. Sì, anche degli "incubi" di una notte da Jena. 

Ultimo aggiornamento: 17 Giugno, 17:29
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