Roma-Lazio, è un derby per sognare: Pellegrini ago della bilancia, Zaccagni l'arma

Privi di Dybala, ma i giallorossi arrivano meglio. Senza Ciro e Sergej, i biancocelesti devono ritrovare le loro sicurezze

Domenica 6 Novembre 2022 di Andrea Sorrentino
Roma-Lazio, è un derby per sognare: Pellegrini ago della bilancia, Zaccagni l'arma

Questo derby da cuore in gola per i 62mila dell’Olimpico, con spettatori da 113 nazioni diverse e incasso da jackpot milionario, parte come un tavolino zoppo.

Mancano dolorosamente i più bravi, il sale della terra e dello spettacolo che sarebbe stato, e non sarà: senza Dybala e Wijnaldum, senza Immobile e Milinkovic-Savic, si giocherà un calcio di qualità inferiore alle possibilità di Roma e Lazio. Ma in fondo sono quisquilie: è la partita più risultatista che ci sia e conterà solo l’esito finale, e le sue conseguenze. Dopo il 90’ gli assenti e quella seccatrice dell’estetica (cos’è, poi, il bel calcio? Nessun lo sa) saranno chiacchiericcio, pulviscolo dell’universo, lamentazioni dei perdenti. Alle otto della sera, abbottonando il primo cappotto della stagione, finalmente sapremo: chi vince il derby decolla, e potrà guardare la classifica con una certa sfacciataggine, e occhi sognanti. Un pareggio invece lascerà tutti nel limbo, in questa indefinitezza di prospettive e di ambizioni che gli incerti cammini in Europa League hanno fatto intravedere per entrambe. Stasera sapremo di più. Il derby cade preciso a un terzo del campionato, quando si deve ormai uscire allo scoperto. Chi ne avrà la forza? Questo è il problema. Augurandosi che il problema non sia invece l’arbitraggio del temuto (da tutti) Orsato, l’ex arbitro numero uno in Italia che un anno fa nell’intervallo di Juve-Roma svelò al mondo di non conoscere il regolamento («Rigore su gol è rigore») e che in questa sua stagione di fine carriera ha un curiosissimo incedere: solo tre partite arbitrate in serie A, ma ben 7 in campo internazionale. Chissà che vorrà dire.

Le stelle in panchina

Lo sanno anche i sassi: le vere stelle del derby sono gli allenatori. Mourinho e Sarri, come capita ad altri colleghi di serie A (Allegri su tutti), sono molto più bravi dei loro giocatori, intesi come valore medio. Infatti saranno Mou e Mau i padri della vittoria o della sconfitta di stasera. Intanto è opinione diffusa che la Roma arrivi meglio al derby, di sicuro con più baldanza, dopo 4 vittorie nelle ultime 5 gare e dopo i fatti dell’ultima settimana in casa Lazio. Poi i risultati di certe partite possono essere ingannevoli sopra ogni cosa: a guardare i primi tempi delle gare di Europa League di tre giorni fa, per dire, non c’era da scommettere un penny sulla Roma, e puntare tutte le fiches sulla Lazio, poi è andata in un altro modo. In fondo, fino a otto giorni fa la Lazio volava, prima delle cadute con Salernitana e Feyenoord, costellate di attenuanti. Come sta, davvero, la Lazio? Di sicuro le assenze di Ciro e Sergej sembrano più gravi di quelle di Dybala e Wijnaldum, e soprattutto la Lazio non è brava a mascherare i suoi disagi, che quando emergono la stizziscono e la affossano; cosa che invece riesce benissimo alla Roma, maestra di resilienza e di rimonte, squadra da trincea che accetta i suoi limiti e li combatte trasformandoli in pregi, e che con appena 16 gol (ottavo attacco del torneo) si è arrampicata al quarto posto. Bestie strane, Roma e Lazio: sembrano tardo-adolescenti sospesi, vorrebbero addentare il futuro ma forse non ne saranno in grado. Hanno un ventre molle che Mourinho e Sarri dovranno portare alla luce nell’avversario, e chi ci riuscirà avrà partita vinta: sono entrambe friabilissime quando perdono palla, perché a centrocampo non sono strutturate, per motivi atletici e di caratteristiche, a correre rapidamente all’indietro, oltre a non avere esterni difensivi davvero affidabili. Mourinho ha posto rimedio da un pezzo coi tre centrali a protezione di Rui Patricio, Sarri aggiustando la fase difensiva con Cataldi e con movimenti di squadra mandati a memoria, e infatti hanno entrambe numeri eccellenti nei gol incassati: Lazio seconda difesa della A (prima del ko con la Salernitana era la migliore), Roma quinta. Forse per timore delle ripartenze giallorosse, Sarri, più in difficoltà rispetto a Mourinho perché deve anche adattare Felipe da centravanti, medita la Lazio più da battaglia che si sia mai vista nella sua gestione, rinunciando anche a Luis Alberto, per fare più argine atletico con Basic: il Mago dalla gamba languida gli potrebbe tornare buono a gara in corsa e a squadre stanche. Decisione delicatissima più che altro per le conseguenze di un’eventuale sconfitta senza Luis Alberto (sulla testa di Sarri pioverebbero dolorosi dardi dai critici, altro che quei liquidi di Rotterdam...), mentre tatticamente ha un suo senso pieno. Se Mourinho sceglierà la coppia di centrocampo Cristante-Matic, andrà allo scontro muscolare con Vecino-Basic, come piace a lui: con Camara al posto di Matic avrebbe più reattività sul contropiede avversario, ma meno personalità ed esperienza in partite simili, in cui è preferibile evitare rischi. E José, che si strugge anche nel dubbio tra Karsdorp e Zalewski a destra (proteggere il lato di Zaccagni o attaccarlo?) non è tipo da rischi inutili: finora viaggia tra due ali di folla adorante, ma una sconfitta nel derby con scelte criticabili lo metterebbe molto in difficoltà.

La chiave è Lorenzo 

Ma la posizione-chiave di Roma-Lazio sarà quella di Lorenzo Pellegrini. Finora, nelle grandi partite e contro registi davanti alla difesa (Asllani nell’Inter, Lobotka nel Napoli), il capitano giallorosso è andato in pressione uomo contro uomo, anche a costo di perdere lucidità in fase offensiva, perché così ha voluto José. Oggi Pellegrini potrebbe ripetersi, in uno scontro tra capitani, su Cataldi, che è più interditore che regista, ma sempre in quella zona centrale giostra. Se invece Pellegrini si sistemasse sulla linea di un centrocampo a cinque, allontanandosi dalle punte, vorrebbe dire che anche la Roma si predispone alla prudenza estrema. Del resto, questo sarà: un derby all’insegna della cautela, chi si scopre è perduto, poi ci pensino là davanti. Abraham, che ha già deciso un derby, e Zaniolo, che non l’ha fatto mai, ma non vede l’ora, e ormai è in mutazione genetica verso il ruolo di centravanti di sfondamento, non più trequartista. O Pedro, che ha già infierito su entrambe le sponde, e Zaccagni, che sogna il primo dispetto ai romanisti, e a Zaniolo per noti e vecchi motivi. Quanto fuoco arde sotto il derby. Speriamo ne siano tutti all’altezza. Mourinho e Sarri lo saranno in ogni caso, sono due califfi. Su tutti gli altri, non v’è certezza.

Ultimo aggiornamento: 16:32
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