Poteva essere la sua finale. Dopo la partita del secolo in semifinale (4-3 alla Germania nel 1970), però, contro il Brasile non ci fu storia. L'Italia di Giancarlo De Sisti, che Gianni Brera definì «tanto cotta da non reggersi più in piedi» crollò nella ripresa. Proprio sotto i colpi di Pelè.
A chi non l'ha visto mai giocare dal vivo, può raccontare chi era Pelè?
«Non sa quanto mi dispiace la sua scomparsa.
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Nemmeno Maradona?
«Parliamo di due eccellenze. Dei due più forti. Io ripeto, preferivo Pelè ma perché sapeva fare tutto, lo ritengo più completo. Diego era un altro fenomeno ma eccelleva per quel piede mancino divino, con il quale poteva fare ciò che voleva. È vero che Maradona è venuto a giocare in Italia e in Spagna, confrontandosi con il calcio europeo, cosa che Pelè non ha fatto. Però il brasiliano non aveva punti deboli. Aveva scatto, sapeva tirare in corsa, di potenza, di precisione, leggeva il gioco come pochi. Un fenomeno, davvero. Tra l'altro chiamarlo fenomeno probabilmente non rende nemmeno l'idea di quello che era. A chi fa dei confronti, che sono sempre antipatici, ricordo comunque che Pelè ha vinto tre coppe del mondo...Tre. Io non so se capite la portata dell'impresa...».
Ha mai avuto il piacere di rincontrarlo?
«Sì, ai mondiali che si disputarono in Francia nel 1998. Stavo parlando con Falcao in tribuna. Lui ci passò vicino e inizialmente non mi riconobbe. Poi quando Paulo gli disse chi ero, si avvicinò e mi saluto calorosamente. Curiosamente ci rincontrammo anche la stessa sera a cena. Quando mi vide, apparve sorpreso e mi sorrise. Mi dispiace veramente tanto. Se ne è andato il più grande di tutti».
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