Mourinho, nuovo orgoglio e speranza: Roma diventa Caput Mou

Mercoledì 5 Maggio 2021 di Mario Ajello
Mourinho, nuovo orgoglio e speranza: Roma diventa Caput Mou

Roma Caput Mou. Questo, tra orgoglio e speranza, è il nuovo modo per dire Roma Caput Mundi, almeno da parte di chi in questa città ha il cuore giallorosso e dai Parioli al Quadraro sta impazzendo per la notizia dell’avvento di Mourinho.

Questa è una giornata speciale in nome dello Special One. «Ma è un bollito che non vince dal secolo scorso...», sfotte un laziale entrando nel bar dei fratelli Capone (tifosi del Napoli) a Piazza Testaccio e viene subissato di reazioni romaniste: «A rosiconi...». Intanto al Quadraro, davanti alla sede (chiusa) dei Fedayn giallorossi, Emiliano, 27 anni, impiegato al Poligrafico, unico romanistissimo in una famiglia di laziali, cappellino giallorosso in testa che ogni tanto tocca come portafortuna perché lo indossò la prima volta per Roma Barcellona 3 a zero, racconta: «L’arrivo di Mourinho per me è come se fosse tornato Capello, è come se fosse tornato Liedholm anche se io allora non ero nato. Tenace, aggressivo, molto comunicativo: questo è Mou e così dev’essere la città che, nel calcio ma non solo nel calcio, vuole tornare a vincere».

Ai Parioli, stesso mood. Eccoci a Viale Bruno Buozzi, sotto casa di Draghi. Sta passeggiando con il suo cane che si chiama Roma (un pastore tedesco femmina di 7 anni) un pariolino doc, Filippo Pepe, una vita in Tevere non numerata. E dice: «Immagino lassù, all’ultimo piano di questo palazzo dove abita Draghi, che cosa penserà il premier, mio ex compagno di scuola al liceo Massimo, quando tornerà per cena. Dirà a se stesso: adesso con Mou questa sarà davvero una Capitale mondiale». Ma Roma, intesa come quadrupede, ha preso a tirare e il padrone andando via esclama: «Se vinciamo giovedì contro il Manchester United, ha vinto già Mourinho». 

Una città depressa ha trovato una motivazione per credere in se stessa. Al bar dei Cesaroni, alla Garbatella, storico club giallorosso dal 1971, la signora Paola e la signora Lorena che lo gestiscono, offrono da bere e sprizzano entusiasmo: «Non vendevano una sciarpa della Roma da un sacco di tempo. Oggi, appena s’è diffusa la notizia dello Special One, hanno ricominciato a chiedercele. E ora arriveranno anche le felpe con la faccia di Mou». «Ma Friedkin - dice Paola - deve comprare i giocatori, sennò non serve a niente. E deve fare lo stadio. Mica possiamo avere un gladiatore senza un nuovo Colosseo dove farlo esibire!». Che poi è lo stesso concetto che si sente ripetere, nel versante borghese della città, al Circolo Canottieri Roma fondato nel 1919 sul Lungotevere Flaminio. Osserva Luca, avvocato, che ha appena finito di giocare a tennis causa pioggia (ma Mou è il sol dell’avvenire): «Questa città, le sue infrastrutture, il suo standing devono stare al livello della sfida che si è voluta intraprendere ingaggiando Mourinho. Bisogna essere coerenti. Lui è un grande e tutto il sistema deve pensare e organizzarsi in grande. Stadio compreso». Accanto a Luca, al circolo, c’è Sergio, pensionato ex agente di commercio: «Il calcio come leva per far ripartire la Capitale va benissimo. Non basta ma serve eccome». 

Dal lungotevere non si sente ma in via di Pietralata, appena s’è sparsa la notiziona dello Special One, è risuonato un coro di clacson: quello di un piccolo corteo di auto con dentro giallorossi in festa, come se avessero vinto lo scudetto. Dalla pizzeria Laboratorio 3, su quella strada, esce il proprietario (si chiama Primo detto Primero alla spagnola ma adesso sarà Primero alla portoghese) e chiede a tutti: «Che cosa sta accadendo?». C’è Mourinho alla Roma, gli viene risposto. E lui, quasi incredulo: «Ma è il top! E’ vero che non vince da un po’ ma Roma che deve rinascere farà rinascere anche Mourinho». Un’unità di destino, sor Primero? «Ne sono convinto, ma tocco ferro». Da Pietralata a Corso Francia, che pure è zona a prevalenza laziale dove Mou viene chiamato lo Psicopatico. Uno si affaccia dal giornalaio e gli fa: «Già ce l’hai la mascherina con l’immagine di Mou? Ne compro mille!». Stessa scena al Roma Store di Piazza Colonna: «La tuta con la scritta Special One è già disponibile?». E c’è chi dice che Calenda si crede Mourinho, impetuoso come lui, ma anche la Raggi si sente tale: combattiva come José (pur essendo biancoazzurra). 

Come avvertono tutti, dalla Roma chic alla Roma pop, è che il problema calcistico e quello politico sono molto simili. Senza una squadra forte non si vince. Non si può fare con successo l’allenatore della Maggica e non si può fare bene il sindaco. «Friedkin deve comprare i giocatori veri», dicono tutti tra bar e circoli. Al caffè H501, a via Casal Bertone, mecca del romanistismo integralista, si ragiona così: «Dopo il Covid, ci voleva Mourinho per tornare a sognare e a segnare». Accostamento un po’ sballato ma l’eccitazione è tanta. E Roma, felicemente orfana di Fonseca, non vuole limitarla al pallone.
 

Ultimo aggiornamento: 17:29
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