Da queste parti, di lacrime ne abbiamo viste. Di gioia, raramente. Più per delusioni, ma non è il momento di riaprire questo capitolo. Roma, la Roma ha fatto piangere José Mourinho, l’uomo tutto d’un pezzo.
ESPLOSIONE
Qui, Mou, esplode d’amore e si commuove, perché ha costruito una famiglia e lui ne è il padre orgoglioso. Piange, ma non ha vinto la Champions; piange e non sta per andarsene; piange perché ha visto una città in delirio, tifosi di ogni età per strada, colori, suoni, bandiere, quell’ Olimpico. Ha pianto, fa fatto piangere. E’ apparso come un uomo a cui basta una piccola gioia per emozionarsi, una semplice finale di Conference. Ha capito che un traguardo del genere, qui, ha un altro valore e lui è il responsabile di tutto. Soprattutto gli è chiaro che, dopo tante delusioni, è ancora Special e la sua Roma torna a sognare. Un tifoso della Roma ha scritto ieri sui social: «Quest’uomo ha vinto tutto, guardate come lo abbiamo ridotto», postando il filmato degli ultimi secondi della partita con il Leicester, finiti con le lacrime del tecnico e la corsa verso lo spogliatoio dopo l’abbraccio con i suoi collaboratori. Roma ti riduce così, ma è vero pure che lui stesso ha riportato i tifosi giallorossi indietro di qualche anno, quando era normale vedere lo stadio pieno e appassionato. Sono passati alcuni anni di scarsa empatia tra il club e i suoi fan, ora si è tornati alla normalità. E la prima grande vittoria di Mourinho è proprio questa: aver riportato sentimento nella gente. La famiglia Roma si è allargata: squadra, allenatori, tifosi e anche i proprietari, i silenti Friedkin, che ieri non sono scesi in piazza per prendersi meriti particolari, ma si sono mostrati con un semplice tweet: “I Giallorossi vanno a Tirana! Congratulazioni all’A.S.Roma con un’emozionante vittoria per avanzare dell’edizione inaugurale di Conference League. “Tutti a Tirana!”. Mourinho ci ha messo un po’ per mettere su una squadra che avesse un senso logico. Ci è riuscito nel momento decisivo della stagione, quando sono arrivate le partite importanti. Ha scelto un gruppo ed è andato avanti con quello, portandolo oltre le proprie forze, i propri limiti (e ce ne sono). Ha un po’ mollato quei calciatori che servivano meno, pur non perdendoli definitivamente e mai mettendoseli contro.
Chi è sparito, non ha mai accennato a mezza polemica, compreso Zaniolo, al quale ha fatto vivere qualche panchina inaspettata. La capacità di formare un gruppo e - come diceva Materazzi - di morire in campo per lui sono qualità che gli vanno riconosciute da sempre e la sta mostrando anche qui. Ha inventato Zalewski (che ieri ha incontrato il ct della Polonia, Czesław Michniewicz) terzino, ha creato una struttura difensiva che è stata alla lunga l’arma vincente, ha stimolato Abraham portandolo a segnare 25 gol al suo primo anno romano. Le vittorie non sono state casuali, anche l’ultima: è arrivata dall’ennesimo calcio piazzato, che vuol dire studio, applicazione, allenamenti mirati. La squadra ha giocato male per tanto tempo, ora fa vedere anche un buon calcio. Ma l’estetica non è il lato migliore della squadra. La sostanza, lo spirito combattivo sono doti che emozionano e ti aiutano a vincere e questo è il migliore modo per costruire. Il gruppo solido è la base di una squadra e questo basta per poter vincere almeno la Conference League, ma il prossimo passo, come lo stesso Special ha sottolineato, dovrà essere quello di andare a pescare altri calciatori di livello per allargare la famiglia. Perché quelle lacrime possano continuare a viaggiare in giro per l’Europa, quella da cui Mou viene e che lo ha reso Special.
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