Margaux Pinot, le botte dell'allenatore e la denuncia: «Non era judo, erano pugni». Ma il giudice lo scarcera

L'atleta è finita in ospedale, l'uomo scagionato per "mancanze di prove". Lei: "Dovevo morire?"

Giovedì 2 Dicembre 2021 di Francesca Pierantozzi
Margaux Pinot, le botte dell'allenatore e la denuncia: «Non era judo, erano pugni». Ma il giudice lo scarcera

«Non era judo, erano pugni». Col judo Margaux Pinot ha vinto due ori europei nella categoria -70 kg e un oro con la squadra mista ai Giochi di Tokyo, i pugni invece l'hanno portata prima in ospedale (naso rotto, occhi neri e gonfi, capelli strappati, undici giorni di prognosi) e poi in tribunale, a Bobigny, alle porte di Parigi.

Il processo si è svolto per direttissima, meno di 48 ore dopo il combattimento avvenuto a casa sua, al Blanc-Mesnil, comune a nord ovest della capitale, la notte tra sabato e domenica: contro di lei, il suo allenatore e compagno, Alain Schmitt, 38 anni, bronzo mondiale nel 2013.

Margaux Pinot, violenze subite dall'ex allenatore

 

Il verdetto è arrivato ieri sera: Schmitt è stato scagionato per mancanza di prove. «Cosa è mancato? Che morissi forse?», ha chiesto quasi subito la 27enne Pinot via Twitter, quasi irriconoscibile, mostrando per la prima volta il volto tumefatto che in udienza aveva nascosto dietro grossi occhiali da sole. La procura, che aveva chiesto un anno di carcere con la condizionale, nonostante l'imputato sia incensurato, per le gravi violenze commesse ha deciso di ricorrere in appello.


SOLIDARIETÀ
Davanti alla giudice si sono scontrate due versioni: quella di lui, (che si è presentato con una ferita alla tempia e un cerotto) che ha parlato di una lite esplosa come un tornado tra due amanti in preda a una relazione tumultuosa, e quella di lei, che ha raccontato di una pioggia di pugni, della sua testa sbattuta per terra più volte di un tentativo di strangolamento. «Il judo mi ha salvata», ha detto Pinot: e non perché ha risposto combattendo, ha precisato, ma perché l'abitudine a restare in piedi, a non lasciarsi andare, l'ha tenuta in vita.

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Il mondo del judo si è schierato con lei, a cominciare dal triplo campione olimpico e eroe nazionale Teddy Riner: «Siamo tutti profondamente colpiti da quello che ha subito la nostra compagna di squadra Margaux Pinot». «Non ho parole per esprimere quello che provo nella testa e nel fisico in quanto donna, davanti a quello che ha dovuto subire la nostra compagna», ha twittato la due volte oro olimpica e portabandiera dei francesi a Tokyo Clarisse Agbégnénou: «sono scioccata».
IL RACCONTO
In un'intervista al Parisien Margaux Pinot ha raccontato la sua versione, che era previsto che Alain passasse a casa mia, che è arrivato verso le due del mattino, che lei avrebbe dovuto accompagnarlo in aeroporto per partire per Tel Aviv, (dove Schmitt deve cominciare ad allenare la nazionale di judo femminile), e che invece lui ubriaco ha cominciato a insultarla e poi a picchiarla, con pugni in faccia e testa battuta per terra e contro lo stipite della porta. Dopo un momento lunghissimo, lei è riuscita a scappare e a chiedere aiuto ai vicini, che hanno chiamato la polizia. Pinot ha ammesso che la loro relazione era conflittuale, che non erano mai stati una coppia ufficiale, nonostante un rapporto che durava da quattro anni, e che lui aveva l'abitudine di umiliarla, ma che non l'aveva mai colpita in faccia. «E' un bravissimo allenatore, questo non lo nego ha aggiunto L'ultima stagione, prima delle Olimpiadi, è stata difficile. Avrei voluto che la nostra relazione diventasse ufficiale, ero sempre più triste, avevo deciso di lasciarlo, ma ogni volta che lo lasciavo, non riuscivo a restare lontana».

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Secondo alcuni, sarebbe stata proprio la decisione di Schmitt di lasciare l'Etoile Sportive di Blanc-Mesnil, il club di Margaux e dell'altra campionessa olimpica Madeleine Malonga, all'origine della lite finale. Lui avrebbe giurato alla compagna, che in Israele avrebbe trovato un'atleta per sfondarla. «Un verdetto incredibile che non ha preso in considerazione molti elementi» ha lamentato l'avvocato di lei, Stéphane Maugendre. Tutto falso, ribatte l'imputato: «se si vedono i lividi, è perché ce le siamo date». Il suo legale ha tenuto d'altra parte a precisare: «con la forza che ha quest'uomo, se avesse voluto avrebbe potuto fare molto più male».
 

 

Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 11:09
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