Italia campione dell'82, Bergomi: «Io, bambino e campione: fu la notte dell’incoscienza e del genio di Bearzot»

`I racconti dello “Zio” che ha conquistato la Coppa 40 anni fa

Lunedì 11 Luglio 2022 di Stefano Boldrini
Italia campione dell'82, Bergomi: «Io, bambino e campione: fu la notte dell’incoscienza e del genio di Bearzot»
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Lo Zio, il soprannome di tutta una vita. «E' stato Marini a battezzarmi così. Giampiero, amico e fratello maggiore».
Lo Zio, ovvero Giuseppe Bergomi, era il più giovane dell'Italia campione mondiale in Spagna nel 1982: aveva 18 anni, 6 mesi e 20 giorni l'11 luglio, quando gli azzurri superarono 3-1 la Germania, nella finale di Madrid. Oggi, 40 anni esatti da quel trionfo.
Zio, eccoci all'ultima tappa del viaggio degli eroi in questo quarantennale.
«Un'esperienza incredibile. Non era mai successo nelle cifre tonde del passato. Vissuto un mese di emozioni profonde».
Una ragione per quest'ondata di affetto?
«I motivi sono tanti.

Quarant'anni sono un'infinità. Quell'Italia entrò nell'immaginario collettivo e aiutò il paese a rinascere. La cavalcata con Argentina, Brasile, Polonia e Germania, rivissuta con le tecnologie attuali, conserva la sua epicità».

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Nel 2006 lei si trovò a raccontare agli italiani come seconda voce Sky la gara contro la Francia che ci consegnò il titolo mondiale: lo Zio due volte campione.
«La serata di Berlino fu magnifica ed entrare nelle case del nostro paese con la forza delle parole fu una bella soddisfazione, ma essere protagonisti da giocatore è un'altra storia».
Lo Zio parte per la Spagna come riserva, ma all'improvviso diventa titolare.
«L'infortunio di Vierchwood, la prima delle alternative per la retroguardia, cambiò le gerarchie. Entrai con il Brasile per sostituire Collovati, poi Bearzot decise di confermarmi contro la Polonia, affidandomi Lato. Ero sicuro di tornare in panchina nella finale, ma a sorpresa il giorno prima del match con la Germania Bearzot mi avvertì se Antognoni non recupera, tocca a te. Antognoni provò fino all'ultimo, ma alle cinque del pomeriggio Bearzot mi chiamo e mi disse giochi tu. Devi marcare il biondino. Il biondino era Rummenigge, uno dei più forti di quell'epoca. Non mi spaventai: scesi in campo con l'incoscienza dei 18 anni».
I ricordi più forti della finale?
«L'urlo di Tardelli e l'arbitro Coelho che prende il pallone in mano dopo un mio tocco per fischiare la fine del match».
Che cosa conserva nella sua raccolta di cimeli?
«Ho le maglie di Socrates, Breitner e Lato. Socrates e Breitner personaggi di un certo livello, conosciuti anche per il loro impegno politico. Lato era stato una delle star della Polonia terza al mondiale 1974».
Questo quarantennale ha reso finalmente omaggio a Enzo Bearzot.
«Ha detto bene: sportiva e umana. Vedeva il calcio con occhio fino. La marcatura di Gentile su Zico, tanto per fare un esempio. Era un uomo severo ed esigente, ma sapeva parlare al cuore delle persone. Io persi il mio papà, Giovanni, all'età di sedici anni: non è retorica affermare che per me fu un secondo padre. Ho cercato di assimilare i suoi valori. Riuscì pure a stimolare la mia curiosità oltre i confini del calcio. Era un uomo di profonda cultura».
Il ritorno alla base dopo il trionfo?
«Mio fratello mi venne a prendere all'aeroporto e gli domandai che aria tira?. Mi rispose aspetta e vedrai. Arrivati a Settala, il mio paese, feci un pellegrinaggio in tutte le case per salutare la gente».
Sull'aereo del rientro, il presidente Sandro Pertini.
«Anche lui fu importante il giorno della finale. Con lui fu immediata l'empatia e ci fece sentire il cuore dell'Italia che batteva per noi».
Chi ha avuto l'idea della chat su WhatsApp campioni del mondo 1982?
«Altobelli. In quest'ultimo mese è stato un ping continuo».
Zio, un pensiero per chi 40 anni dopo?
«Per Bearzot, Scirea e Paolo Rossi. Sono sempre con noi».
 

Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 18:29
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