Trentaduemilioni di occhi a puntare la tv. In alcuni casi, a cominciare da Piazza del Popolo a Roma, il maxischermo. A quelli bisogna aggiungere i duemilaquattrocento dei tifosi che hanno gonfiato le vele della Nazionale per 120 minuti dalle tribune di Wembley, urlando «come on». Lì sono abituati così. Sì, si è sentito forte pure il coro «Italia, Italia» soprattutto nella ripresa, quando gli azzurri sono rimasti a lungo in apnea, soffocati dalla fisicità dell’Austria.
AFFETTO DATATO
La sintesi, e l’hanno visto proprio tutti, è nell’immagine, chiara e profonda, di quell’abbraccio tra Mancini e Vialli. Nella stretta poderosa e affettuosa non è però entrata solo la vittoria. È la vita di coppia. Di chi si conosce da sempre, si stima, si vuole bene e, dopo una normalissima separazione delle carriere, si ritrova accanto come e più di prima. Sono ancora loro, in giacca e cravatta, i gemelli del gol di fine anni Ottanta e inizio Novanta. Commissario tecnico e capo delegazione della Nazionale che da calciatori non li ha fatti felici come avrebbero voluto. La maglia azzurra meno comoda di quella blucerchiata. Si sono divertiti, a Bogliasco e Marassi, in allenamento e in partita, con la Sampdoria. Adesso la replica con l’Italia. Rimanendo in campo, uno vicino all’altro. A cantare l’Inno di Mameli, a soffrire e a esultare anche se senza più gli scarpini ai piedi. C’è metà Doria, con loro, nello staff: il vice Evani, i collaboratori Lombardo e Salsano, i preparatori dei portieri Battara e Nuciari. A loro si è aggiunto De Rossi che potrebbe dar lezioni di aggregazione. Oriali, invece, è la continuità. Ha lavorato pure con Conte in azzurro e fino a maggio nell’Inter. È sempre rimasto accanto a Mancini. Nell’abbraccio è entrato pure lui, magari restando fuori dalla foto copertina che si è presa in esclusiva Roby e Luca sorridenti, entusiasti e orgogliosi. Come trent’anni fa per lo scudetto in blucerchiato. Anche coinvolgenti. Ci è bastato vedere Belotti esultare a Wembley, sullo 0-0, dopo la rete annullata all’Austria, gol in fuorigioco di Arnautovic. O le ammucchiate dopo ogni rete azzurra, con la partecipazione chiassosa e ingombrante dei panchinari.
ALTO GRADIMENTO
Mancini, Vialli e gli azzurri hanno risvegliato l’amore e la passione per la Nazionale. I tifosi sono vicinissimi. Nei ritiri, negli aeroporti e nelle stazioni. E in tv: Italia-Austria ha fatto registrare uno share quasi del 70% (69,6%), sommando i dati di Rai (13.275.000 di spettatori e 61,1%) e Sky (1.850.000 e 8,5%). Il picco ai supplementari (15.500.000 e 73%). Il boom dopo 5 anni d’attesa, gli stessi passati dall’eliminazione ai quarti con Conte a Euro2016, senza partite in una competizione da vetrina (in mezzo l’esclusione dal mondiale 2018 in Russia con Ventura). In Francia lo share arrivò all’80% nella partita vinta contro la Spagna. In questo Europeo il pubblico stra lievitando: con la Turchia, gara del debutto, la Rai è partita bene (12.749.000 e 50,7%) così come Sky (1.553.000 e 6,2%); con la Svizzera il salto in alto (totale 15.280.000 e 59,4 share) e con il Galles comunque ok (13.132.000 e 68,8%), considerando la qualificazione conquistata in anticipo. Il brand Italia è di nuovo in vetrina. Avanti c’è sponsor: i ricavi commerciali nell’ultimo biennio sono cresciuti da 70 a 105 milioni.
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