Ibrahimovic: «Sono sempre stato odiato, anche da bambino. Lukaku? Forse mi ha fatto un rito voodoo...»

Lo svedese: «Da piccolo ero diverso da tutti gli altri, ora l'odio mi dà benzina. La rissa col belga? Spero di incontrarlo presto»

Mercoledì 1 Dicembre 2021
Ibrahimovic: «Sono sempre stato odiato, anche da bambino. Lukaku? Forse mi ha fatto un rito voodoo...»

La rabbia trasformata in forza, la sofferenza, gli insulti. E ancora il rapporto con compagni, avversari, con tutte le sue spigolosità. Ibrahimovic si racconta in occasione dell'uscita della sua autobiografia "Adrenalina": «Da piccolo Zlatan era un bambino che ha sempre sofferto.

Appena nato, l'infermiera mi ha fatto cadere da un metro d'altezza. Io ho sofferto per tutta la vita. A scuola ero diverso: gli altri erano biondi con gli occhi chiari e il naso sottile, io scuro, bruno, con il naso grande. Parlavo in modo diverso da loro, mi muovevo in modo diverso da loro. I genitori dei miei compagni fecero una petizione per cacciarmi dalla squadra. Sono sempre stato odiato. E all'inizio reagivo male, con l'isolamento. Poi ho imparato a trasformare la sofferenza, e pure l'odio, in forza. Benzina. Se sono felice, gioco bene. Ma se sono arrabbiato, ferito, sofferente, gioco meglio - ha raccontato in un'intervista al Corriere della Sera -. Da uno stadio che mi ama, prendo energia. Ma da uno stadio che mi odia, ne prendo molta di più». Gli gridano zingaro: «L'ultima volta è successo a Roma. Per l'esultanza dopo un gol. Cinquantamila persone mi gridavano zingaro, e l'arbitro ha ammonito me». Quindi l'Italia è un Paese razzista? «Il razzismo c'è dappertutto. Anche in Svezia».

Lite durante Inter-Milan, Ibrahimovic a Lukaku: «Torna ai tuoi riti voodoo», il belga: «Vuoi parlare di mia madre?»

Ibrahimovic: Capello duro, mi massacrava

«Capello mi ha insegnato a badare al gol. E mi ha massacrato, di continuo. Un uomo molto duro. Il primo giorno, dopo la conferenza stampa, i festeggiamenti e tutto, entro nello spogliatoio, lui sta leggendo la Gazzetta dello Sport, e io bello gasato gli faccio: "Buongiorno mister!". Lui non posa il giornale. Resto un quarto d'ora lì, con la Rosea in faccia. Poi Capello si alza, chiude il Gazzettone, e se ne va, senza dirmi una parola. Come se non esistessi». Moggi? «Con me è stato il top».

 

Lo scontro con Lukaku 

Ibrahimovic parla anche del derby della Madonnina quando Lukaku era ancora all'Inter: «Lui litiga prima con Romagnoli, poi con Saelemaekers; io intervengo per difendere i compagni, e Lukaku mi attacca sul piano personale. Da restare choccati. Eppure eravamo stati compagni al Manchester. Lukaku ha un grande ego, è convinto di essere un fuoriclasse, ed è davvero forte. Ma io sono cresciuto nel ghetto di Malmoe, e quando qualcuno mi viene sotto a testa bassa, lo metto al suo posto. Così l'ho colpito nel suo punto debole: i rituali della mamma. E lui ha perso il controllo. Anche se mi è rimasto un dubbio atroce: quel derby l'abbiamo perso. Io sono stato espulso. Poi mi sono infortunato. Sono successe un sacco di cose storte. Vuoi vedere che il rito Lukaku me l'ha fatto davvero? Così ho chiesto agli amici credenti di pregare per me. Devo saldare il conto anche con lui. Spero di incontrarlo presto».

Capello: tra noi rispetto reciproco

«Ibra parla bene di me nel suo libro? Si vede che abbiamo avuto feeling e rispetto reciproco, io per le sue qualità tecniche e lui per quello che sono riuscito a dargli. Siamo stati una bella coppia». Lo ha detto Fabio Capello commentando il giudizio su di lui («un duro») di Zlatan Ibrahimovic. Capello, che diresse Ibrahimovic ai tempi della Juventus, ricambia la cortesia: «Ho grande ammirazione per il giocatore e per l'uomo: tutto quello che ha avuto, successo e fama, se lo merita». Ibrahimovic, prosegue Capello, «era uno che aveva tanto talento, alcuni si perdono e lui invece no, ha l'intelligenza di sapere dove andare in campo e giocare dove doveva. Fenomeno di longevità? Lui di sicuro ma adesso ci sono più opportunità, tutto è migliorato, tutto aiuta. Ai miei tempi era diverso, bastava un menisco rotto per finire la carriera, adesso dopo 20 giorni sei in campo».


© RIPRODUZIONE RISERVATA