Jorginho, 30 anni, è il play silenzioso della Nazionale di Mancini. Discreto e al tempo stesso efficace nel palleggio rapido e insistito che caratterizza il copione del ct. Lo fece anche per Sarri che poi se lo portò a Londra tre anni fa per lanciarlo nel calcio internazionale. Non riuscì, invece, a Conte che, dopo averlo fatto debuttare in azzurro, lo escluse dall'Europeo del 2016. E nemmeno a Ventura che gli diede spazio da titolare solo nell'ultima partita della sua gestione.
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SVOLTA AZZURRA
Mancini, invece, gli ha consegnato la Nazionale. Accanto a lui sono cresciuti Barella e Locatelli, titolari stasera contro la Turchia, e ha preso quota definitivamente Verratti. Anche altri centrocampisto lo hanno seguito, in allenamento e in partita. Non è lui a essere cambiato, ma il ct che ha puntato forte su questo ragazzo, il brasiliano naturalizzato italiano che a vent'anni ha scelto di vestire l'azzurro quasi snobbando la maglia affascinante della Seleçao. Le origini venete del papà lo hanno convinto a diventare testimonial del nostro calcio.
BOLLINO QUALITA'
Ha avuto ragione lui. E anche Mancini che lo ha messo al centro della sua idea di calcio coraggioso e spettacolare. La qualità di Jorginho è stata fondamentale per dare un senso al lavoro del ct. Utile anche per i 5 rigori trasformati nel percorso azzurro. Così entra da protagonista nella manifestazione continentale. E si presenta da regista di successo. Con Sarri ha vinto due anni fa l'Europa League, il 29 maggio la Champions. Sa come si fa, insomma.
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