Bisognerebbe avere un bidone d’immondizia al posto del cuore, per sghignazzare di fronte a Gigi Buffon che nel suo quarantaquattresimo anno di vita non si ferma affatto, anzi rilancia: «Ho la certezza che andrò avanti. Mi sento ancora forte». Oppure bisognerebbe essere disinformati: pare proprio che il Barcellona, non il Roccacannuccia, gli abbia offerto un contratto da vice Ter Stegen, e che Gigi abbia cortesemente declinato. Ora, il Barça negli ultimi anni si è distinto per una gragnuola di scelte bizzarre o suicide su acquisti e cessioni, ma è pur sempre uno dei primi club al mondo. Segno che Buffon, il suo mito incontrollabile ma anche le sue prestazioni, interessano ancora in giro, anche se ha compiuto 43 anni lo scorso gennaio. Dicono l’abbia cercato anche l’Atalanta, mentre è certo che Galliani l’avrebbe ingaggiato se il Monza fosse salito in serie A. Lo hanno accostato pure a Fiorentina e Roma. Gigi continua perché «la stima dei miei compagni mi ha fatto capire che sono uno che se la racconta giusta».
VENTISEI ANNI DOPO
E cerca un posto da titolare, mica una pensione d’oro. L’ultima proposta, la più calda, è del Parma, la squadra in cui tutto ebbe inizio un paio di ere geologiche fa: da quasi 26 anni custodiamo il mito di Supergigi, che esordì in A il 19 novembre 1995 in un Parma-Milan 0-0 e poche settimane fa era ancora lì a festeggiare, da protagonista in campo, una bellissima Coppa Italia. Ventisei anni sono due generazioni e mezza di giocatori, nell’antropologia calcistica. Ma lui vuole coprirne tre, e sfoglia la margherita: «Ho proposte di diverso tipo. Club che faranno la Champions, magari non per vincerla, che mi hanno offerto un ruolo da primo portiere; altre che vogliono vincerla ma mi vogliono come secondo, e quello l’ho fatto solo per la Juve. Poi c’è il ritorno alle origini che chiama in causa i sentimenti, pure quelli importanti». Entro tre giorni la decisione, ma a Parma lo aspettano a braccia aperte già nelle prossime ore. Sono imperscrutabili i segreti della longevità agonistica ad altissimi livelli, non può essere soltanto la serietà negli allenamenti: non erano solo atleti perfetti Paolo Maldini, Francesco Totti o Javier Zanetti, perché ad esempio uno come Paolo disputò le ultime due-tre stagioni al Milan mettendo una borsa del ghiaccio su entrambe le ginocchia alla fine di ogni partita, eppure alzò una Champions a 38 anni (Zanetti a 37, pure lui da capitano). Ci dev’essere qualcosa di genetico e di unico in quella capacità di rimanere agganciati mentalmente al carrozzone che pochi sopportano per lunghi anni.
OBIETTIVO
Poi Gigi insegue, anche se non lo dice, le uniche due cosette che gli rimangono da artigliare in una carriera unica nella storia, per trofei e per quella ventina di record assoluti di longevità e di rendimento (come l’imbattibilità di 974’ in serie A, stabilita nel 2016).
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