I CONTI
Chiudere costerebbe 800 milioni con ripercussioni per tutto lo sport
Una catastrofe stile Grande Depressione seguita alla cadute delle Borse nel 1929. Questo è lo scenario del calcio italiano (ed europeo) se i campionati davvero non dovessero vedere la conclusione, mettendo automaticamente in dubbio il ritorno delle partite in autunno. Perché, a virus ancora circolante e senza una cura efficace e/o un vaccino, gli scienziati prevedono un nuovo picco dopo l’estate e, come dire, se il pallone non è buono per il Re non lo sarà nemmeno per la Regina. I numeri del crac economico sono terrificanti. Per la sola serie A l’ipotesi del buco va dai 700 agli 800 milioni di euro. Discriminante la conclusione o meno del torneo 2019/2020, per finire il quale mancano 124 partite ovvero 12 giornate complete più 4 recuperi. L’advisor della Federcalcio, Openeconomics, ha immaginato tre scenari. Il primo, ormai da scartare, prevedeva la possibilità che i campionati ripartissero con il pubblico negli stadi. La seconda possibilità prevede la fine del torneo a porte chiuse: danno stimabile in 294 milioni di euro, oltre le perdite previste a eventi normali che ammontavano a 290 milioni (totale, quindi, di 584 milioni di buco). Terzo scenario: campionati chiusi senza essere terminati e quindi serio rischio di un altro -215 milioni (mancato incasso dalle tv) con totale che arriverebbe a 799 milioni di rosso. Un’enormità per un movimento che genera ogni anno 5 miliardi di fatturato e che versa 1,3 miliardi fra contributi fiscali e previdenziali allo Stato. Soldi con i quali, è bene ricordarlo, vive anche il resto dello sport italiano che incassa i contributi annuali (un tempo dal Coni, ora da Sport e Salute) grazie soprattutto all’indotto calcio. Sport che vanta un’incidenza sull’occupazione pari a 121 mila posti di lavoro per i quali è già prevista una contrazione tra il 27 e il 38%.
L'EUROPA
Regna il caos, entro il 25 maggio la Uefa vuole il quadro completo
La Uefa entro il 25 maggio ha chiesto di sapere dalle 55 federazioni le loro intenzioni. Anzi, da 53 federazioni perché Olanda e Francia hanno già archiviato la pratica. Da Nyon hanno fatto sapere: «I club che sono ancora in corsa per Champions ed Europa League potranno giocare lo stesso», nella fattispecie Psg e Lione ancora in corsa in Champions (i lionesi nel ritorno degli ottavi contro la Juve dopo aver vinto 1-0 l’andata; i parigini già ai quarti). Entro il 3 agosto, poi, la Uefa vuole una classifica di “merito sportivo” per organizzare le Coppe 2020/21. Tutto nella massima libertà di ricorrere anche a formule inedite come i playoff. Tutto, però, in contrapposizione alla Fifa. Il presidente Infantino, infatti, avrebbe ben visto una stagione articolata sull’anno solare con Europeo spostato all’inverno del 2021 che avrebbe allineato il calcio europeo al Mondiale di Qatar ‘22 che si giocherà a cavallo tra novembre e dicembre. Emblematico il messaggio del comitato medico Fifa: «Non si giochi fino a settembre». Il risultato è che in Europa anche nel calcio ognuno sta andando per conto suo. La Premier League inglese vuole ricominciare per assegnare il sacrosanto scudetto al Liverpool che lo aspetta da 30 anni (ieri la polizia ha auspicato che le 92 partite rimanenti si giochino per lo più in campo neutro per limitare lo spostamento delle persone). La Bundesliga oggi dovrebbe conoscere dalle labbra della Merkel il suo destino: è pronta a rimettere la palla al centro dal 9 maggio. La Liga spagnola spera di tornare a fare allenamenti individuali dal 4 (o 11) maggio. Alla finestra sta l’Eca di cui Agnelli è presidente: l’associazione dei top club non ha mai fatto mistero di puntare alla Superlega e il terremoto da Covid-19 può accelerare la metamorfosi del calcio.
I DUBBI
Classifica “di merito” e mercato sono le incognite da risolvere
La stagione calcistica 2019/20 non terminerà il canonico 30 giugno, questo ormai è certo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA