Comore, miracolo di mamma Africa: la micro-nazione insegue una storica qualificazione alla coppa continentale

Giovedì 19 Novembre 2020 di Benedetto Saccà
Comore, miracolo di mamma Africa: la micro-nazione insegue una storica qualificazione alla coppa continentale

Impegnatissimo a gettare quotidianamente la propria immagine nel fosso, specie in Europa (in Italia non ne parliamo), il calcio cerca ogni tanto di ritrovare la dignità di sport, se non addirittura un coriandolo di ragione d’avere una cittadinanza nel mondo.

Difficile, però ci prova. È intelligente ma non si applica, forse. Così, per tornare a divertirsi dietro un pallone, bisogna prendere un aereo in direzione Africa, atterrare in Kenya, Etiopia o Madagascar (scegliete con comodo) e poi, strabici ormai di fatica, imbarcarsi verso l’imperdibile “Prince Said Ibrahim International Airport”, villaggio di Hahaya per l’esattezza, città di Moroni, capitale delle Comore.

Tenute d’occhio dal Mozambico e tallonate dal Madagascar, le Comore sono tre isolette (per gli infaticabili cartografi: Grande Comore, Mohéli e Anjouan) a mollo nell’oceano Indiano che hanno ottenuto l’indipendenza dalla Francia nel luglio del ‘75. E il pallone è rimbalzato proprio lì per tornare a rendersi puro divertimento – e dunque una cosa serissima, da coltivare e difendere. Perché la nazionale delle Comore, adesso, nella rumorosa allegria d’Africa che grida dentro il silenzio del mondo, ha cominciato a costruire un sogno fantastico: qualificarsi per la prima volta nella storia alla Coppa d’Africa. Pelle d’oca.

È una storia da filmone, si capisce subito. Ai più attenti – non diremo adulti... – ricorderà di sicuro la fantastica nazionale di bob della Giamaica che debuttò alle Olimpiadi invernali di Calgary nell’88 o, magari, la nazionale brasiliana ancora di bob impegnata nei Giochi (sempre invernali) di Pyeongchang due anni fa. Comunque. Le Comore adesso ruggiscono negli stadi più dimenticati del continente e terrorizzano squadroni come l’Egitto (fermato sullo 0-0), il Togo (già mangiato) e il Kenya, grattugiato giusto giusto domenica scorsa nel nuovissimo ma vuoto stadio «omnisports» di Malouzini, costruito nel lampo di tre anni da equipaggi di laboriosissimi cinesi e inaugurato nel 2019. Può ospitare 10 mila tifosi, ma ne dovrebbe accogliere quanto meno 846 mila o giù di lì, dal momento che ogni successo della nazionale è accompagnato da feste, tripudi, ovazione, marce trionfali e invasioni di campi, strade e piazze ad opera dell’intera popolazione locale. 

Piuttosto curioso è però un dettaglio: e cioè: ancora si è capito bene quando si giocherà la Coppa d’Africa. Non è uno scherzo, giuriamo. Dopo riunioni tesissime degli alti dirigenti, si sarebbe optato per il gennaio del 2022. Ma richiameranno per confermare.

Intanto i pazzeschi giocatori del ct Amir Abdou, detti i Celacanti («pesce del genere Latimeria, considerato un fossile vivente», un grazie a Treccani.it), sono primi in classifica nel girone di qualificazione. Se a marzo sbaraglieranno il Togo, saranno promossi. Vale anche la pena sapere che non hanno mai – e poi mai – partecipato ad alcun torneo internazionale. 

Certo, ogni favola ha il suo mirabolante segreto. E qual è la formula magica del ct Abdou? «Vivo in Francia come il mio staff. Ci sono uno o due elementi che riesco a portare dalle isole quando la federazione accetta di pagare il biglietto. I giocatori giocano tutti in Europa». Eccolo, allora. Il ct Abdou, 42 anni, twittatore obiettivamente forsennato, ha allestito una corazzata scegliendo quasi solo ragazzi che giocano in Europa. Magari tanti giocano nelle serie minori, anzi tutti, però un centrocampista del Nottingham Forest (come Fouad Bachirou), un mediano ex Millwall (tipo Nadjim Abdou) e una punta della Stella Rossa di Belgrado (vero Ben Nabouhane?) di certo sono provvisti di un arsenale tecnico e tattico di alto (e altro) livello per i parametri medi della Coppa d’Africa. 

Molti giocatori poi sono nati in Francia da genitori originari delle Comore e, per chiudere il cerchio, hanno abbracciato la nazionale di mamma e papà. «Quando giochiamo in casa, i voli per arrivare possono durare pure 13 ore...», racconta capitan Nadjim. Eppure questi ragazzi, in sei anni, hanno scalato 66 posizioni nel ranking della Fifa: dalla 198esima alla 132esima di oggi. Proprio vero: non tutti i supereroi indossano un mantello.

Ultimo aggiornamento: 20 Novembre, 21:30
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