Il caso di José Palomino, ora al Cagliari, è esemplare per capire le tempistiche di queste vicende di presunto doping, quando un atleta risulta positivo al famigerato Clostebol, la stessa sostanza ritrovata – in quantità inferiore a un miliardesimo di sangue – nelle urine di Jannik Sinner.
Il caso precedente a Sinner: Palomino e il Clostebol
Andiamo con ordine. Nel luglio 2022 Palomino, all’epoca difensore dell’Atalanta di Gian Piero Gasperini, era stato trovato positivo al Clostebol, steroide anabolizzante contenuto in pomate o spray cicatrizzanti. Era il 26 luglio e c’era stato un controllo a sorpresa avvenuto a Zingonia il 5 luglio, tre settimane prima. Riscontrata la positività, Palomino aveva chiesto le controanalisi, risultando nuovamente positivo il 12 agosto, più di due settimane dopo la prima positività. Il giocatore aveva avuto il pieno sostegno dell’Atalanta e aveva ribadito la tesi dell’assunzione accidentale e involontaria, rifiutando il patteggiamento di fronte alla richiesta della Procura antidoping per due anni di squalifica.
Tanto che il giocatore, nel frattempo fermato (e per questo aveva perso i Mondiali in Qatar, poi vinti proprio dalla sua Argentina), nell’udienza del 5 novembre (più di tre mesi dopo la prima positività e quattro mesi esatti dopo il test effettuato a Zingonia) al Tribunale Nazionale Antidoping, presentando documenti e memorie, aveva ribadito la propria innocenza: contaminazione accidentale, colpa di una pomata. Due giorni dopo, il 7 novembre, sembrava finito l’incubo di Palomino con l’assoluzione per assunzione del Clostebol «accidentale e involontaria».
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