Niccolai: «Lo scudetto del mio Cagliari 50 anni fa, unico non casuale»

Domenica 12 Aprile 2020 di Romolo Buffoni
Comunardo Niccolai

Era un calcio in bianco e nero, come le tv dell’epoca, ma a colori. Cinquant’anni fa lo scudetto dalle maglie viola della Fiorentina si trasferì su quella bianca, con bordi rossoblù, del Cagliari. Una straordinaria gita al Sud per il tricolore, che fino al allora si era spinto al massimo fino a Bologna. Tranne le eccezioni della Roma ‘42 e della Fiorentina ‘56. Pilastro di quella squadra unica era Comunardo Niccolai, passato alla storia delle chiacchiere da bar soltanto come “il re degli autogol”. Niccolai, 73 anni, sta trascorrendo la quarantena in casa a Pistoia «da bravo pensionato ormai».

Dici Cagliari scudetto e pensi a Gigi Riva. Però poi guardando quella classifica si legge: 11 gol subiti in 30 partite, record assoluto della serie A. Allora fu un trionfo nato in difesa?
«Certo. Avevamo in porta Albertosi, mica l’ultimo arrivato. E poi c’erano Martiradonna, Zignoli, Cera. Eravamo una buona squadra...».
L’allenatore Scopingo con quale sistema vi faceva giocare?
«All’epoca si marcava a uomo. Io mi dovevo incollare al centravanti avversario. Gente come Boninsegna, Amarildo, Clerici, Sormani... I terzini invece giocavano a zona anche se Martiradonna era più un marcatore come me. Scopigno per me è stato un padre. Una persona straordinaria. Parlava poco ma quando apriva bocca lo stavamo tutti a sentire».
È vero che oggi i difensori non sanno più marcare l’uomo?
«Difficile giudicare dalla tv. Poi io ormai seguo solo le partite della Nazionale. Non sono abbonato alla pay tv».
Gli azzurri. Lei vestì la maglia dell’Italia giusto?
«Certo. Andai al Mondiale di Messico ‘70. Ero anche titolare, ma dopo un quarto d’ora della prima partita mi feci male alla caviglia (Italia-Svezia 1-0, uscì al 37’ sostituito da Rosato, ndr). Peccato. Fu una grande avventura. Arrivammo fino alla finale col grande Brasile. Però giocarlo sarebbe stata un’altra cosa...»
Oggi ricordiamo quello scudetto di cinquant’anni fa come un grande exploit, un miracolo sportivo. Andò davvero così?
«No, quel titolo non nacque dal caso. Fu un percorso di due-tre anni. Avevamo un presidente Arrica (che in realtà aveva la carica di direttore generale, ndr) che si sapeva muovere e costruì quella squadra pezzo per pezzo».
Oggi sarebbe possibile a un Cagliari vincere lo scudetto?
«Tutto è possibile, ma è molto difficile. Oggi servono tanti soldi...»
Dopo la catastrofe del coronavirus che calcio sarà?
«Credo che ci sarà crisi come ovunque ma che il calcio ne riuscirà ad uscire piano piano, magari a partire dalla prossima stagione. Credo sia difficile riuscire a recuperare questa».
Ci si proverà, ma giocando a porte chiuse ovviamente.
«Ma il calcio senza pubblico perde molto. Anche chi scende in campo ne sente la mancanza, sia degli applausi che degli insulti. Caricano anche quelli».
Ne sa qualcosa per via degli autogol? Lei passa alla storia per essere il re delle autoreti. Il grande Franco Baresi e Ferri ne accumularono otto. Lei quante ne avrà mai fatte?
«Mah, quattro o cinque (in realtà furono sei, 5 in campionato e uno in coppa, ndr). Ma le mie avevano qualcosa di speciale...I tifosi avversari mi gridavano: Niccolai, pensaci tu!» (ricorda ridendo).
Altro calcio, altra vita. Eppure quel Cagliari fu forse la prima squadra italiana a lanciarsi in una tournée estiva di quelle che vanno tanto di moda oggi. Se la ricorda?
«Certo, andammo un mese in America a giocare. Ci chiamavamo Chicago Mustang. Però non ricordo che mese era, ci dovrei pensare».
No lasci stare, meglio sforzare la memoria per ricordare quel 12 aprile del 1970. Il 2-0 al Bari e l’apoteosi tricolore con due giornate di anticipo. Le cronache dell’epoca vi descrivono “nervosi”. Vi stava venendo il braccino?
«Guardi, noi allo scudetto ci credevamo. Come le dicevo non piovve dal cielo. E poi stavamo a Cagliari, con lo stadio Amsicora pieno e i tifosi un po’ d’ansia ce la fecero venire».

Del resto come si fa a non essere emozionati quando si sta per scrivere la storia? Come fece il Cagliari, campione d’Italia proprio oggi.

Cinquant’anni fa.

Ultimo aggiornamento: 10:02
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