Byron Moreno, le molte vite: arbitro, trafficante, star della tv

Sabato 18 Giugno 2022 di Andrea Sorrentino
Byron Moreno, le molte vite: arbitro, trafficante, star della tv

Nessuno conosceva quello sguardo acquoso e arrogante, da gatto Garfield, e nemmeno quella pancia in fuori, più dei pettorali, quei capelli immersi nel gel, quell'incedere impettito. Di colpo, divennero famosi nel mondo. E a danno dell'Italia. Vent'anni da Byron Moreno, oggi. Il 18 giugno del 2002 rimarrà scolpito a lettere nere nella storia della Nazionale: a Daejeon si giocava Corea del Sud-Italia, ottavi di finale dei Mondiali. Arbitro Byron Moreno da Quito, Ecuador. Fu il nostro incubo. Anche peggiore del famigerato arbitro inglese Aston, quello di Cile-Italia del 1962, ma almeno all'epoca non c'erano tante immagini a disposizione, lo scempio ai danni degli azzurri fu più raccontato che televisto.

La nascita di un'icona

Nel 2002 invece tutto il mondo ammirò, per così dire, le imprese di Byron Moreno, il suo condurre la partita verso un esito nefasto: 2-1 per i coreani padroni di casa, grazie al golden gol di Ahn (giocava nel Perugia di Gaucci) a 3' dalla fine dei supplementari, ed eliminazione. Byron concesse dopo 3' un rigore dubbio alla Corea, che Ahn fallì. Poi Italia in vantaggio con Vieri al 18', gestione più o meno sicura dell'1-0, ma alcuni errori di Bobo e gli arretramenti difensivi sfociano nel gol di Seol all'88'. Ai supplementari ancora un gol fallito dall'Italia e sale in cattedra Moreno: espulso Totti per simulazione impercettibile e secondo giallo, un gol regolare annullato a Tommasi, la mancata espulsione di un coreano, e intanto i giocatori italiani che protestano e accerchiano Byron, lui li affronta impettito e severo, diventa un'icona: il combinaguai arrogante, anche un po' sospetto, anzi molto, che però fa anche ridere, tanto è ridicolo.

Quel pio uomo di Giovanni Trapattoni uscì fuori dalla grazia di Dio, e se c'è un'altra immagine memorabile è il Trap, che dopo essersi presentato al Mondiale con l'ampolla dell'acqua santa, lo finisce picchiando i pugni su una vetrata che lo divide, per sua fortuna, da alcuni dirigenti Fifa. Nei giorni e nei mesi che seguirono, mentre dall'Italia pioveva ogni sorta di efferati insulti verso di lui, Byron Moreno tacque ma diede assolutamente corpo a tutti i sospetti e le maldicenze sul suo conto. Lasciò ben presto l'arbitraggio, si fece vedere al volante di auto di lusso nella sua Quito, o spaparanzato in vacanza in qualche spiaggia caraibica.

Caduta e risalita

Poi si sa come vanno certe vite: un bel giorno scoprimmo che Byron era stato arrestato a New York con 6 chili di eroina nel trolley; gli diedero due anni e mezzo, né scontò davvero solo uno, poi tornò in Ecuador, dove tra impicci e storie varie è comunque una star e ora conduce un programma televisivo in cui parla anche di episodi da moviola, e si chiama El pito de Byron, il fischio di Byron. Di recente ha ribadito che per quell'arbitraggio si dà ancora un voto alto, 8,5, e insomma non lo ammetterà mai, che ci fu del losco a Daejeon. Pazienza. Consoliamoci coi rimpanti: quella sera, l'Italia scese in campo con Buffon in porta; Panucci, Maldini e Iuliano in difesa; Zambrotta, Tommasi, Zanetti e Coco a centrocampo; Totti, Del Piero e Vieri in attacco. Era proprio un altro calcio (il nostro).


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