Ci sono treni nella vita che passano una volta sola e Alessandro Arlotti ha deciso di prenderlo al volo. Così, nonostante un futuro praticamente assicurato nel calcio professionistico, a 18 anni ha rescisso il contratto col Pescara per abbracciare il “sogno americano” e andare a studiare ad Harvard. «Una cosa irrinunciabile che capita una sola volta. E poi, andare lì, non significa chiudere col calcio, visto che comunque giocherò nella squadra del college». A conferma di questo ha già piazzato su Instagram il suo volto sorridente con il logo della Harvard Crimson, la squadra universitaria. «Ho superato tutti i test. Aiutato anche dall’esperienza di mio fratello che è alla Boston University. Ho sempre avuto il massimo dei voti a scuola. E ci ho provato. L’emozione quando è arrivato il risultato è stata fortissima. Non ci potevo credere». Parla non riuscendo a nascondere l’orgoglio e la felicità.
LO “SCIPPO”
Alessandro Arlotti nasce a Nizza, da genitori italiani, ma vive nel Principato. E infatti il Monaco, quando ha 7 anni, lo tessera. Lui si fa notare subito: bravo tecnicamente, giusti i tempi d’inserimento che gli definiscono immediatamente il ruolo dentro il rettangolo di gioco. È una seconda punta o al massimo può giostrare sulla trequarti. La Francia gli mette gli occhi sopra con l’obiettivo di convocarlo per l’Europeo Under 17 in Irlanda. Ma qui spunta il problema: non ha vissuto per 5 anni in territorio francese per ottenere il passaporto. S’inserisce l’Italia, che lo porta alla manifestazione. Si scomoda France Football – il periodico che assegna il Pallone d’Oro per intenderci – che parla di “scippo” tricolore. Alla fine gli azzurrini arrivano (e perdono) in finale superando nel turno precedente proprio i pari età francesi. «Ma io sono e mi sento italiano. Quindi alla fine la mia scelta è stata facile. Anche se ricordo poco, ai Mondiali del 2006 ho tifato per la nostra Nazionale» racconta.
CIAO PESCARA
Adesso per lui si apre una nuova vita: «Partirò tra un mese.
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