La revisione dei calendari, i match non competitivi che non attraggono i tifosi, la necessità di tutelare l'integrità dei calciatori e i conti del calcio dopo un anno di emergenza da pandemia: questi i temi trattati da Andrea Agnelli nella 25ª Assemblea generale dei membri dell'ECA.
«Ci sono molte partite che sono non competitive nei campionati e questo non cattura l'interesse dei tifosi. I tifosi non possono essere dati per scontati e noi dobbiamo offrire loro la miglior competizione possibile, altrimenti rischiamo di perderli - le parole in videoconferenza -.
Calendari e crisi: il discorso di Agnelli si chiude con Draghi
Poi sui calendari troppo compressi. «I giocatori sono spinti oltre i loro limiti fisici visto che sono costretti a giocare in un calendario molto congestionato. Le perdite sono state tra i 6,5 miliardi e gli 8,5 miliardi nelle due stagioni, circa 360 club di prima divisione hanno bisogno di soldi per una somma di circa 6 miliardi, i top 20 club per quanto riguarda il reddito hanno fronteggiato una perdita di 1.1 miliardi nella stagione 2019/20. Questa crisi grava sulle spalle di tutti i club.
Negli ultimi mesi si è palesato un interesse da alcuni grandi soggetti a livello finanziario sul calcio, basta pensare a cosa sta tuttora succedendo in Italia con la trattativa con i fondi - aggiunge il numero uno della Juventus -. Ma penso anche a tante altre situazioni, a partire dalle fughe di notizie sull'interesse di JP Morgan nella Superlega. Questi soggetti non sono interessati alla solidarietà, ma nei ritorni dagli investimenti. Se cambiamo, possiamo guardare a questi investimenti. Calcio, economia e politica sono al bivio. Dobbiamo intercettare queste possibilità e agire, altrimenti rischiamo di implodere. C'è del potenziale per un futuro luminoso. È nostro dovere quello di intercettare un cambiamento, altrimenti il rischio è quello di implodere».
«Voglio chiudere citando Mario Draghi: "Se non ci muoviamo, rimarremo soli nell'illusione di quello che siamo, nell'oblio di quel che siamo stati e nella negazione di quel che potremmo essere».
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