Pau Gasol dà l'addio al basket: «Scelta difficile, ma devo cambiare»

Mercoledì 6 Ottobre 2021 di Giacomo Rossetti
Pau Gasol dà l'addio al basket: «Scelta difficile, ma devo cambiare»

Ma allora non era eterno.

Dopo vent’anni di spettacolo, Pau Gasol dà l’addio al basket. Già. In una conferenza stampa ad alto tasso di malinconia, il campione spagnolo ha chiuso a quarantun anni un capitolo fondamentale della sua vita: «Mi ritiro dal basket professionistico. È una scelta difficile dopo tanti anni, ma anche meditata. Mi porta a un cambiamento, che dovrò sfruttare».

ALLA CONQUISTA DEL MONDO
Il sogno chiamato Nba prese forma nella Barcellona di fine millennio, quando il lungagnone catalano iniziava a far vedere all’Europa (e al mondo) che quelle mani delicatissime e quell’IQ cestistico non potevano essere sprecate in un campionato diverso dalla lega a stelle e strisce. Due annate con la canotta del Barça addosso, poi la chiamata al Draft come terzo assoluto nel 2001. Gli americani, storicamente autarchici nei confronti dei “loro” sport, fino a pochi anni prima guardavano i giocatori europei con molta diffidenza. Ma i tifosi dei Memphis Grizzlies, quando capirono che il giovane iberico era un campione, misero da parte i pregiudizi e si godettero anni d’oro.

EROE DI MEMPHIS
Per la franchigia del Tennessee, infatti, esiste un prima e un dopo Pau: senza di lui, mai erano riusciti ad arrivare ai playoff. Col suo avvento ci riusciranno per la prima volta nel 2003-2004 e per altre due annate di fila: Gasol (che al primo anno di blu-notte vestito aveva conquistato il premio di rookie dell’anno) è una macchina di punti e rimbalzi. Nelle sue sei stagioni e mezza a Memphis, Pau si guadagna un posto speciale nel cuore degli appassionati della palla a spicchi: grande agonista, mai scorretto, un trascinatore. E quando a febbraio 2008 decide di fare il grande salto, lascia il suo amato club nelle mani del fratello Marc. Che ha onorato eccome la pesante eredità concessagli. Quando a febbraio 2008 sbarca ai Los Angeles Lakers, Pau ha l’opportunità di giocare con il giocatore più forte di quegli anni. Kobe Bryant si combina alla perfezione con il lungo catalano, e dall’annata successiva non ce n’è per nessuno: la coppia conquista due anelli di fila (2009 e 2010). Se Kobe è Batman, Pau è molto di più di un Robin. Parlando in conferenza dell’amico scomparso, Gasol fatica a trattenere la commozione: «Mi piacerebbe molto che fosse qui. La vita è davvero ingiusta, lui e sua figlia Gigi ci mancano tanto. Mi ha insegnato cosa significa essere veramente un vincente. Per me è un fratello maggiore». Gianna (di cui Gigi è il diminutivo), è il secondo nome della figlia di Pau.Se negli Stati Uniti è amato, in Spagna Pau Gasol è idolatrato: per una generazione (e più) di ragazzi ha rappresentato il primo connazionale non solo capace di imporsi in Nba, ma di trascinare la Roja, la Nazionale, a vette mai viste. Nel 2006 Gasol è l’MVP del Mondiale vinto in Giappone (in cui, per ironia della sorte, non giocherà la finale), mentre alle Olimpiadi conquista due argenti di fila (a Pechino e a Londra). Tre gli Europei vinti (2009, 2011, 2015), così per gradire. «Ho vinto coppe e medaglie, ma la cosa più importante è sfruttare il momento con la gente a cui vuoi bene». Quindi, attenzione: «Non è un addio ma un arrivederci. Finisce la carriera da giocatore, ma altre strade si aprono. Sono sicuro che avrò altre occasioni di fare qualcosa di importante». Ne siamo certi, Pau.

Ultimo aggiornamento: 7 Ottobre, 10:31 © RIPRODUZIONE RISERVATA