LeBron dà una spallata alle porte chiuse. Ecco perché i tifosi stanno con lui

Domenica 8 Marzo 2020 di Gianluca Cordella
LeBron James
Spavalderia e incoscienza o dedizione e riconoscimento? Difficile dirlo, ma una cosa è certa: le parole con cui LeBron James ha accolto la possibilità che la Nba vada avanti a porte chiuse per arginare il contagio da coronavirus sono per la Lega americana - in termini di marketing - una grana grande quanto quella di dover serrare le arene al pubblico. O forse più. «Giocare senza i tifosi è impossibile - ha detto nettamente il Prescelto dopo la bellissima vittoria 113-103 dei suoi Los Angeles Lakers sui Milwaukee Bucks, miglior squadra del campionato - Se vado sul parquet e non ci sono spettatori, non gioco. Io vado in campo per i miei compagni e per i tifosi. Possono fare quello che vogliono, ma a porte chiuse io non giocherò». 

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LA MOSSA
Parole pesanti che diventano meteoriti quando vengono scagliate dal giocatore più importante del campionato. E ora per la Nba il problema è doppio. Da un lato c’è la sicurezza, versante sul quale la Lega ha inviato nei giorni scorsi alle franchigie dei vademecum di comportamento. Ai giocatori viene chiesto di non dare il “cinque” a compagni di squadra, rivali e tifosi ma di limitarsi a un più igienico pugno contro pugno. E, al contempo, si alzano delle piccole barriere con i fan: niente selfie, niente autografi, men che mai se la penna e il foglietto arrivano direttamente dalle tribune. Cappellini e maglie con la firma della star preferita per il momento restano un ricordo. Ora però, a distanza di qualche giorno e con l’aumentare dei casi sul suolo americano, l’Nba prepara la nuova stretta. Che prevede, appunto i match a porte chiuse, con forti limitazioni di ingresso anche per la stampa, e l’obbligo per i club di misurare la temperatura a giocatori, staff, arbitri e altre figure che possano avere contatti con le superstar. La sicurezza, dunque. Dall’altro lato però c’è uno show, con investitori importanti, che in qualche modo deve essere portato avanti. E se già l’assenza del pubblico è mediaticamente pesantissima per uno sport che vive di moltissime pause, riempite nelle dirette proprio con il coinvolgimento dei tifosi (dalle celebri “Kiss cam” all’Half court Challenge, con i supporter invitati a tentare i canestri da metà campo, tanto per dirne due), quella delle superstar rischia di essere una vera e propria mazzata allo spettacolo. 

EPPURE
La verità è che la posizione di LeBron - che pure sembra un tantino irresponsabile considerando la velocità di propagazione del virus e l’uniformità delle politiche di contenimento adottate in tutto il mondo - sta riscuotendo consensi. Sui social monta un’onda mondiale di approvazione per il campione che ha saputo schierarsi dalla parte dei tifosi. In sostanza, si fa notare che altri big mondiali dello sport, calciatori su tutti, non hanno avuto nulla da ridire contro le porte chiuse che salvano la salute ma danneggiano chi ha comprato biglietti e abbonamenti non sempre rimborsabili. Inutile dire, poi, che il magnetismo di James ha fatto subito proseliti anche tra i colleghi. Kemba Walker, guardia dei Boston Celtics, ha twittato: «Giocare senza tifosi sarebbe terribile. Si potrebbe pensare anche di cancellare la partita». La palla, pesantissima, è ora nelle mani del commissioner Adam Silver. Riuscirà a convincere LeBron al dietrofront? O la Nba dovrà rassegnarsi a un finale di stagione silenzioso e senza stelle? Il buon senso del fenomeno di Akron e l’avvicinarsi dei playoff, siamo certi, lo aiuteranno.
 
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