Ranchos Palos Verdes-Orlando, dall’inferno al paradiso. Umano, umanissimo («anche troppo», direbbero i suoi seguaci), Tiger Woods si ripresenta oggi e domani sul green nella Pro-Am del Pnc Championship in programma nel weekend e catalizza magicamente ancora una volta l’attenzione dello sport, di cui è stato star con le clamorose cadute e le ancor più mirabolanti risalite.
PIÙ DISPONIBILE
Ma come sta Tiger? Dopo le fratture a tibia e perone della gamba destra, è appesantito da viti e perni alla caviglia e al piede, ma è più disponibile. Ora che si è tolto la corazza ed è estremamente vulnerabile, ora che non è più “The Big Cat” che terrorizzava gli avversari anche solo indossando maglietta rossa e pantaloni neri, sorride molto più di prima. E sicuramente questi quattro giorni che trascorre insieme al figlio sono la parte migliore della fuga da alcol, farmaci e problemi, ma soprattutto da se stesso: il Fenomeno che rifuggiva l’espressione che aveva dato di sè - «“Cabilnasian”, cioè caucasico, nero come papà, indiano ed asiatico come mamma thai-cinese» -, l’uomo di ghiaccio che sfoderava sempre il colpo giusto al momento giusto, sbaragliando avversari e operazioni - a ginocchia, schiena e tendini d’Achille -, il super-uomo che ha mandato all’aria il matrimonio per una grave dipendenza dal sesso denunciato da dodici accompagnatrici (tutte peraltro bionde come la moglie), l’uomo debole e confuso che, ubriaco di cocktail, ha causato più incidenti stradali.
AVANTI ADAGIO
Dieci mesi fa, quand’è stato estratto dalle lamiere della sua auto distrutta, ha dichiarato: «Sono fortunato ad essere ancora vivo. Sono grato a Chi, in alto, si è preso cura di me». Oggi, spiega: «Giocare a golf ridacchiando è facile, posso farlo sempre. Gioco 6/9 buche, faccio un brutto colpo, mi dico: “Vabbè, ne tiro un altro”. Non è un grosso problema. Ma partecipare a un Tour vero e proprio e tentare di fare risultato contro i migliori giocatori sui campi più duri diventa un discorso totalmente differente. Io ne sono molto lontano e non mi aspetto di rivedermi in gara a livello di Tour per un bel pezzo». Quindi, addio Tiger? «Sicuramente Charlie mi trascinerà come ha fatto un anno fa, il campo per lui è corto, ma non lo è per dove sto giocando io. Ho provato a tirare dalle seconde nove con Justin (Thomas) e faccio la metà della sua distanza». Chissà come commenterebbe papà Earl, l’ex Berretto verde che l’ha allevato in modo più duro di Mike Agassi con Andre. E chissà a cosa pensa lui, “Big Cat”, quando osserva i video con Charlie, “Little Cat”: sono così simili quando si muovono sul green e colpiscono la pallina