La marcia di Schwazer al capolinea. O forse no

Mercoledì 6 Maggio 2020 di Romolo Buffoni
Alex Schwazer
C’eravamo lasciati lo scorso 16 ottobre, con la notizia della richiesta del gip di Bolzano di un supplemento di perizia. Era l’ennesima puntata del caso-Schwazer, il 35enne marciatore squalificato per otto anni nel 2016 per doping e che da allora combatte una battaglia basata su una ipotesi di provette manipolate in un complotto ordito ai suoi danni (sostenuto con forza anche dal suo allenatore Sandro Donati, visto dal mondo dello sport come un paladino dell’antidoping) e ottenere così la riabilitazione. Ieri, però, dal tribunale federale svizzero di Losanna è arrivato il no alla richiesta di annullamento della squalifica che segue il rigetto dell’istanza di sospensione già decisa a dicembre. Sembra a tutti gli effetti il capolinea, la sconfitta definitiva della guerra intentata dall’olimpionico della 50 km di marcia a Pechino 2008. Non la pensa così il suo legale, l’avvocato Gerhard Brandstaetter: «È stata respinta l’istanza cautelare - spiega -. Attendiamo con fiducia che i gravi indizi vengano suffragati dal procedimento penale in corso a Bolzano e torneremo a Losanna con prove consolidate. Attendiamo la perizia il 30 giugno».
GIUSTIZIA ORDINARIA
Il tribunale di Bolzano, che lo indaga per frode sportiva, ai fini dell’incidente probatorio cinque mesi fa chiese alla Fidal e alla Wada (convenute in aula come parti lese assieme alla Iaaf) di produrre 50 campioni di urina di atleti uomini volontari «che pratichino attività agonistica in discipline quali la maratona, la marcia o simili, al fine di verificare se l’anomala concentrazione del Dna riscontrata nel campione prelevato a Schwazer l’1/01/2016 possa essere dipesa dall’enorme sforzo fisico praticato dal marciatore». I 50 campioni anonimi richiesti alla Wada (l’agenzia mondiale antidoping), invece, devono riguardare «altrettanti soggetti risultati positivi al testosterone esogeno, provvedendo ad indicare la data del prelievo e la quantità di urina prelevata». Ma se la Federatletica ha messo insieme 57 atleti volontari, la Wada non ha mai riposto. Nel frattempo nell’udienza dell’11 dicembre scorso la corte d’Appello di Bolzano - in merito al processo successivo alla prima squalifica per doping di Schwazer, quella del 2012 - aveva assolto i medici della Fidal Pierluigi Fiorella e Giuseppe Fischetto, accusati di favoreggiamento e condannati in primo grado a due anni ciascuno. Assoluzione arrivata a cancellare anche i nove mesi per l’ex dirigente del settore tecnico della Fidal, Rita Bottiglieri.
OTTO ANNI DI GUAI
Stando all’avvocato di Schwazer, dunque, il 30 giugno (salvo slittamenti dovuto all’emergenza Covid-19) ci sarà la perizia decisiva del tribunale di Bolzano. Una storia controversa e infinita, cominciata otto anni fa con la prima squalifica per doping subita alla vigilia dei Giochi di Londra 2012. Schwazer venne trovato positivo all’epo in un controllo a sorpresa e, in lacrime, ammise tutto garantendo di aver fatto tutto da solo e di essersi pentito. Si congeda dall’Arma dei Carabinieri di cui era portacolori e, il 23 aprile del 2013, viene squalificato per 3 anni e 6 mesi. Il rientro, che doveva avvenire il 30 gennaio del 2016, scivolò a fine aprile di quello stesso anno perché nel frattempo il Tribunale Nazionale Antidoping del Coni gli inflisse ulteriori 3 mesi per aver eluso un controllo il 30 luglio del 2012 (fatto che costò all’allora sua fidanzata Carolina Kostner la squalificata a 1 anno e 4 mesi per complicit). Rientra in occasione dei Mondiali di Roma dell’8 maggio 2016 e vince la 50 km, titolo cancellato con la squalifica attuale che arriva il 10 agosto alla vigilia dei Giochi di Rio. Schwazer era di nuovo risultato positivo al controllo a sorpresa del 1° gennaio, ma la notizia arrivò solo a giugno. L’ultima speranza di Schwazer è di riuscire a provare la sua innocenza e, complice lo slittamento dovuto al coronavirus, essere riabilitato per Tokyo 2021. Speranza che a questo punto diventa utopia.
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