Raimondi, Giochi da record: sette medaglie. «E ora volo»

Sabato 4 Settembre 2021 di Giacomo Rossetti
Raimondi, Giochi da record: sette medaglie. «E ora volo»

Stefano Raimondi deve fare attenzione alla sua cervicale: sette medaglie pesano parecchio, anche se hai il collo ben allenato. Il 23enne nuotatore veronese, grazie all’argento nei 200 misti SM9 e al bronzo nella staffetta mista 4x100 di ieri, ha superato qualunque altro azzurro per allori individuali. A Tokyo 2020 il nuoto l’ha fatta da padrone: su 65 podi (finora), 39 sono arrivati dall’acqua clorata.
Sette medaglie, un’enormità: la sua preferita quale è?
«Sicuramente l’oro nei 100 metri rana: ascoltare l’Inno di Mameli in un impianto così grande è qualcosa di indescrivibile. All’inizio ho trattenuto le lacrime, ma poi sceso dal podio non ce l’ho più fatta».
Come ci si sente a essere l’atleta italiano più medagliato di questa edizione?
«L’obiettivo era quello... Sono rimasto un po’ deluso perché mi è sfuggita la medaglia nei 50 stile libero, ma mi sono ripreso subito dall’amarezza».
A Tokyo ha nuotato e vinto anche la sua fidanzata, Giulia Terzi.
«E’ stato emozionante condividere con lei i miei successi, ma ancora di più lo è stato per me festeggiare i suoi».
Le sue prime Paralimpiadi si chiudono senza alcun rimpianto?
«Solo uno, aver saltato la cerimonia di apertura, dovevo gareggiare il giorno dopo». 
Cosa le è piaciuto di più della vita nel Villaggio?
«La condivisione, dal mangiare insieme a tutto il resto. Mi aspettavo restrizioni peggiori, ero pronto a un vero incubo. Invece è stato molto più piacevole di quanto temessi».
Quando non si allena, come si rilassa?
«Sono un appassionato di motori e un patito di Moto Gp, anche se ora la seguo meno».
Che effetto le ha fatto l’addio di Valentino Rossi?
«All’inizio è stato un duro colpo, ma poi ho compreso la sua scelta. Diventerà papà, e correre in moto è un’attività rischiosa».
A scuola andava forte come in vasca?
«Sono perito meccatronico: in classe ero attentissimo per ridurre al minimo lo studio a casa, visto che avevo poco tempo. Adesso devo iniziare il terzo anno di scienze motorie».
Ha un atleta di riferimento?
«Sì, Federico Morlacchi: il primo nuotatore che ho conosciuto appena entrai nel mondo paralimpico. Lui, per quello che ha fatto in questi anni, è stato super. Da nuotatore e da veronese non posso non dire anche Federica Pellegrini, della quale ammiro la tenacia».
Un altro veneto di talento è il suo compagno di allenamenti Thomas Ceccon.
«Mi ha videochiamato dopo il bronzo, abbiamo preso le stesse medaglie nelle staffette. Il nostro è un rapporto di fratellanza, ci diamo suggerimenti a vicenda. Ci stuzzichiamo pure, tanto che nel post gara mi ha detto subito dove potevo fare meglio».
Che cosa vuol dire per lei essere un atleta paralimpico?
«Essere un simbolo per quei ragazzi vittime di incidenti o di patologie, oltre che un invito a non abbattersi e a non rimanere chiusi in casa, nascosti.

Il mondo paralimpico offre una marea di opportunità per sentirsi liberi e realizzati, non solo nel nuoto: vincere una medaglia per quello che si è fatto non è poco».

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