Jacobs: «Sogno il bis a Parigi, bello fare la storia»

Lunedì 9 Agosto 2021 di Gianluca Cordella
Jacobs: «Sogno il bis a Parigi, bello fare la storia»

dal nostro inviato
TOKYO «Il mio viaggio è appena partito».

E visto che la benzina costa quanto l’oro – che abbonda nella valigia di Marcell Lamont Jacobs – viene da pensare (e da sperare) che questo viaggio possa essere lungo e interessante almeno quanto la prima tappa.

Jacobs, cos’è successo a Tokyo?
«Una cosa grandiosa. Due medaglie d’oro, una più emozionante dell’altra».


E una spedizione dell’atletica azzurra che nel complesso è andata “benino”.
«Dicevano che avremmo vinto “zeru tituli” e invece abbiamo preso cinque ori».


Usain Bolt, Carl Lewis, Jesse Owens. Sono alcuni di quelli che hanno fatto l’accoppiata d’oro 100 metri-staffetta 4x100.
«E Marcell Jacobs. Me li sono guardati i nomi di quelli che sono riusciti a fare questa impresa e metterci a fianco il mio mi dà tante soddisfazioni. Mi ripaga di tutti i sacrifici fatti per arrivare sin qui».

 


E, da qui, dove può arrivare?
«Il mio obiettivo è riconfermarmi fra tre anni a Parigi. Ma prima di tutto devo restare con i piedi per terra perché sono appena partito».


Eppure le sue vittorie hanno dato subito fastidio. Dagli Stati Uniti arrivano addirittura accuse di doping.
«Sono polemiche non mi toccano. Io so che sono arrivato qui facendo tanti sacrifici. Sono passato attraverso delusioni e sconfitte ma mi sono sempre rialzato e mi sono rimboccato le maniche. Se sono a questo punto è solo grazie al duro lavoro. Loro scrivano ciò che vogliono».


Quale immagine le resta più in mente di questi Giochi?
«La premiazione della staffetta. Vedere il Tricolore che viene issato più in alto delle altre bandiere e cantare a squarciagola l’inno con i ragazzi. Una gara a chi era più stonato. Vincere un oro è stata una cosa clamorosa, riuscirci due volte è stato ancora più incredibile».

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L’oro della 4x100 quand’è nato?
«Io, Tortu e Desalu lavoriamo insieme da tanto, mentre il quartetto con Lorenzo (Patta) lo abbiamo provato solo nell’ultimo raduno che abbiamo fatto a Formia. Ma siamo stati subito sicuri che sarebbe stato quello olimpico».


Siete riusciti a cambiare la percezione degli avversari?
«Forse un pochino sì, ma sempre partendo dal fatto che nel nostro sport, tra di noi, non ci sono frizioni, ci rispettiamo tutti. Dopo l’oro nella staffetta sono venuti tutti a farci i complimenti, anche quelli della Gran Bretagna, appena battuti. Il più simpatico è stato De Grasse (bronzo sia sui 100 che nella staffetta con il Canada, ndi) che aveva un sorriso che sembrava dire “mannaggia, questi italiani mi hanno beffato un’altra volta”».


Le vostre imprese hanno monopolizzato i media: non teme adesso il dimenticatoio che spesso arriva tra un’Olimpiade e l’altra?
«Filippo (Tortu) ha detto: “Più che vincere cinque ori cosa possiamo fare?”. Ha fotografato il mio pensiero. Noi continueremo a metterci del nostro, ma serve che i media facciano la loro parte. E non lo dico perché ci tengo a stare in prima pagina, ma solo perché la visibilità fa bene a tutto il movimento».


Cui lasciate una discreta eredità…
«Sicuramente siamo stati un bell’esempio. Sarei felice di sapere che qualche genitore ha portato i figli al campo di atletica dopo aver visto noi».


Se dovesse farci uno spot, che argomenti userebbe?
«Che l’atletica è una scuola di vita, ti insegna a non arrenderti alla prima difficoltà. Anzi ti insegna a non farlo mai perché nessuno ti regala niente».


Con tutta questa visibilità potrebbero anche arrivarle offerte dalla tv, lo sa?
«Vedremo, certe occasioni capitano una volta nella vita. Però il mio obiettivo resta correre il più veloce possibile».


Per non perdere il ritmo lo farà subito. Il 21 agosto sarà già impegnato con la Diamond League a Eugene.
«Non vedo l’ora, è la pista su cui si correranno i Mondiali del prossimo anno. E poi ci saranno gli stessi avversari che ho incontrato qui. Ho voglia di riconfermarmi subito».

Torniamo a qualche anno fa: è vero che aveva paura di trasferirsi a Roma?
«Sì, all’inizio ero proprio spaventato. Venivo da due realtà come Desenzano e Gorizia, posti piccoli e tranquilli. Quelle poche volte che ero stato a Roma era stato un caos, soprattutto quando guidavo. Poi quando mi sono trasferito ho scoperto la magia della città, quest’aria che mi ha stregato, tant’è vero che mi sono tatuato il Colosseo sul braccio. E da quel fatidico 2018 è iniziata la svolta del percorso che mi ha portato a vincere due ori olimpici».


Cosa farà appena tornato a casa?
«Una bella amatriciana, sicuro. Ma mi sa che è meglio che me la faccio portare a casa. E poi mi godrò finalmente la mia famiglia e tutto l’affetto che sono certo mi arriverà dai tifosi italiani».


Perché se la farà portare a casa? Teme il boom di popolarità?
«Una certa paura di tornare a casa ce l’ho, perché non so cosa mi aspetta. Sicuramente cambierà tutto ma fa parte di quelle cose che, finché non le vivi, non riesci nemmeno a immaginartele». Un po’ come vincere due ori olimpici.

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