Da Borg a Maldini, com'è difficile fare il genitore d'arte

Giovedì 4 Marzo 2021 di Piero Valesio
Da Borg a Maldini, com'è difficile fare il genitore d'arte

Bisognerebbe cambiare i termini.

Da sempre, specie nello sport, si tira in ballo la categoria dei figli d’arte. Ognuno può formare la sua personale galleria: dai fratelli Sandro e Ferruccio Mazzola, figli di Valentino, leader del Grande Torino, in poi non c’è che l’imbarazzo della scelta. Il gruppo si restringe quando si devono trovare figli che abbiano deciso di cambiare terreno di gioco: in questo senso l’esperienza di Joakim Noah, che proprio poche ore fa all’età di 36 anni ha annunciato il ritiro dal basket, lui che una racchetta da tennis non l’ha mai voluta prendere in considerazione, è significativa. Ma non è forse il momento di parlare di padri (o madri) d’arte? Perché non è mai stata indagato a sufficienza l’impatto emotivo e psicologico che in un genitore può causare l’esplosione del figlio. Prendete Bjorn Borg, ad esempio. Cosa avrà provato nello scorso weekend quando, a Porto Alegre, in Brasile (città “regno” di Falcao) ha assistito alla vittoria del figlio Leo nel torneo junior più prestigioso della sua breve carriera di tennista (ora è entrato nella top-20 di categoria) ed è pure sceso in campo a consegnargli il trofeo? Fin troppo parlare di emozioni e orgoglio. C’è molto di più perché si tratta di una creatura che sta percorrendo la propria stessa strada: e come non avvertire un senso di disagio nell’avere, con la propria vita, impresso in quella di un’altra persona un’indicazione così forte? Nel caso in questione un buon psicanalista avrebbe di certo su che lavorare visto che il succitato Leo ha anche interpretato il ruolo del padre giovane nel film “BorgMcEnroe” di un paio di anni fa. E come si starà sentendo Petr Korda, il ceco dai capelli dritti, che allena il figlio Sebastian , già nel circuito maggiore? Korda fu in pratica escluso dal tennis (squalifica per un anno) perché risultò positivo ad un controllo antidoping a Wimbledon. Come non vedere in tale sequenza un tentativo di “riscatto” se non proprio di vendetta del genitore?


NON SOLO TENNIS
Fin troppo facile citare Mick Schumacher per il quale la sua avventura in F1, che inizierà fra pochi giorni, sarà al confine con il mistico. E la madre Corinna? Non avrà i suoi problemi a gestire il miscuglio di sentimenti anche contrastanti fra loro che proverà vedendo il figlio muoversi ai livelli che furono di tanto padre? Insomma questi genitori andranno aiutati e studiati. Quando si ascolta Fiona May dire: «Larissa (Iapichino ndr) mi somiglia come testa e determinazione» si intravvede un processo di identificazione dalle conseguenze tutte da analizzare. Esiste dunque un modo in cui un genitore ex campione può assistere alla crescita di un figlio senza rivedersi in lui e lasciandolo dunque libero? Certo che esiste. L’aveva scoperto Cesare Maldini. Quando portò il figlio Paolo, 10 anni, (che oggi guarda al figlio Daniel) al primo allenamento con le giovanili del Milan, l’allenatore gli chiese: «Dove vuole che faccia giocare suo figlio?». E Cesare rispose: «Se non lo sa lei…» e se ne andò per i fatti suoi. Ecco.

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