Matteo Arnaldi miglior Next Gen dell'anno: «Credetemi, il piccolo Djokovic sono io»

Il tennista è tornato ad allenarsi a Sanremo con coach Petrone: «Ora punto a passare le qualificazioni negli Slam e ad entrare nei top 100 il prima possibile»

Venerdì 23 Dicembre 2022 di Vincenzo Martucci
Matteo Arnaldi miglior Next Gen dell'anno: «Credetemi, il piccolo Djokovic sono io»

Alle Next Gen Finals di Milano Matteo Arnaldi è passato da riserva a protagonista della partita più eccitante del torneo. «Soprattutto una partita strana, non bella, ma sicuramente appassionante, piena di su e giù, ed incerta fino all'ultimo», come dice il 21enne di Sanremo col solito sorriso di chi è felice di esserci. Anche se ha perso al tie-brek del quinto set: confuso dai crampi dell'amico Francesco Passaro, ha mancato 3 match point, ma ha colpito tutti con la sua fantasiosa personalità e martedì sera si è aggiudicato il Supertennis Award Next Gen della FIT. Come Lorenzo Musetti (miglior giocatore), Martina Trevisan (migliore giocatrice), Lorenzo Sonego (impresa dell'anno), Francesco Passaro (il più migliorato), Matilde Paoletti (Next Gen femminile), Simone Tartarini (miglior coach), Luca Arca (Wheelchair), Francesco Spurio-Matteo Sargolini (miglior coppia di padel maschile), Caterina Calderoni-Matilde Del Col Balletto (miglior coppia di padel femminile), Giulia Gasparri-Ninny Valentini (miglior coppia di beach tennis), Luigi Croci (miglior giocatore del circuito TPRA).

Matteo Arnaldi, che significa questo premio?
«E' importante: noi giovani italiani siamo tanti e siamo tutti più o meno lì, seguiamo ognuno il proprio percorso ma ci sosteniamo e ci stimoliamo a vicenda, guardando sia avanti che dietro di noi.

Siamo talmente vicini come rendimento e qualità, siamo stati tutti talmente bravi a salire di livello quest'anno, che non saprei su chi puntare come rivelazione del 2023: di sicuro il nostro affiatamento anche quando ci troviamo in giro nei tornei è una delle chiavi dei grandi risultati dietro Berrettini e gli altri già affermati».

Cosa chiede al prossimo anno?
«Dopo aver fatto un bel salto avanti quest'anno in classifica, da numero 363 a 134 del mondo, ora punto a passare le qualificazioni negli Slam, a cominciare dagli Australian Open e ad entrare prima possibile nei top 100».

Dopo l'esperienza al centro tecnico federale di Tirrenia da un anno e mezzo è tornato a Sanremo e con coach Alessandro Petrone lavora molto su potenziamento fisico e servizio.
«Sono e resterò molto legato alla FIT e ai suoi specialisti, che ringrazio, ma ho trovato giusto tornare dai miei e ho fatto passi da gigante proprio a casa. Servizio e fisico sono importanti, prima ero più indietro atleticamente, ma la grande differenza fra i Challenger che ho frequentato finora e gli ATP nei quali mi misurerò quest'anno la fa l'esperienza. Sento che mi manca soprattutto quella. Insieme all'abitudine a lottare tutti i match perché a livello più alto non ci sono più ostacoli abbordabili».

Nel progetto di coach Petrone lei sia fisicamente che tecnicamente guarda a Novak Djokovic.
«E' sempre stato il mio idolo, a Roma l'ho anche riscaldato prima di un match, è il mio punto di riferimento. Fatte le debite proporzioni ci sono delle analogie: anch'io mi definirei un contrattaccante e ho sempre fatto le spaccate».

A Milano ha colpito per l'inventiva e le accelerazioni improvvise.
«Sono caratteristiche che vengono dall'istinto, non si allenano, ma so di averle e di poter cambiare così le cose, in campo».

Anche lei come Nole ama il cemento outdoor e ha il colpo forte nel rovescio a due mani.
«Sono cresciuto su quella superficie, poi ad inizio anno abbiamo cominciato a giocare di più anche indoor, anche se i risultati migliori finora li ho fatti sulla terra. US Open e Australian Open restano gli Slam dove sogno il grande risultato: lavoro tanto e sono molto ambizioso, anche se non si può dire tanto in giro, e certi pensieri li tengo all'interno del team».

Lei è molto amico di Passaro col quale ha giocato anche in doppio, con chi lega di più fra i capoclasse dei giovani azzurri Sinner e Musetti?
«Ho giocato tanto con tutti e due ma con Lorenzo di più, da sempre, anche perché è più vicino come regione. E' importante avere due punti di riferimento come loro».

Ultimo aggiornamento: 24 Dicembre, 16:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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