Il caso Schwazer in una serie Netflix
"Finalmente racconto la mia verità"

Mercoledì 12 Aprile 2023 di Gloria Satta
Alex Schwazer, 38 anni
Intricata come una spy story, ricca di misteri e colpi di scena, sempre a cavallo tra vicenda sportiva e legal thriller, l’incredibile storia del marciatore campione olimpiconico Alex Schwazer è protagonista della docu-serie in 4 episodi Il caso Alex Schwazer ideata e diretta da Massimo Cappello, prodotta da Indigo Stories e da oggi disponibile su Netflix in tutto il mondo. «Ho accettato di partecipare alla serie per dire la mia verità», spiega l’atleta altoatesino, oggi 38 anni, «e per spiegare con tutti i dettagli, senza limiti di tempo, come siano andate veramente le cose». Tra documenti, filmati d’archivio e testimonianze (parlano tra gli altri il presidente del Coni Giovanni Malagò, la pattinatrice Carolina Kostner, ex fidanzata di Alex, e l’allenatore Sandro Donati), la vicenda di Schwazer viene raccontata attraverso le sue tappe fondamentali.
LE TAPPE. Campione olimpionico a Pechino 2008, nel 2012 squalificato per doping (e reo confesso), il marciatore è poi tornato pulito e ha iniziato gli allenamenti per partecipare alle Olimpiadi di Rio proprio affidandosi a Donati, da sempre nemico del doping nell’atletica. Ma in quello stesso anno, il 2016, viene nuovamente trovato positivo e squalificato fino al 2024. Pena che è stata decisa dalla giustizia sportiva e che Schwazer dovrà scontare sebbene, e qui sta il paradosso, sia stato totalmente scagionato dalla giustizia ordinaria (in Italia il doping è reato penale) «per non aver commesso il fatto».
IL COMPLOTTO. Alex è da sempre convinto di essere vittima di un complotto ordito dal sistema sportivo internazionale per colpire il suo allenatore Sandro Donati e le sue coraggiose battaglie contro l’uso illecito dei farmaci nello sport: «Il campione delle mie urine è stato manomesso», ha sempre affermato l’atleta. La serie, del resto, mette in luce tutti i misteri e le ambiguità della vicenda assumendo i controni dell’intrigo internazionale. E rivelando le contraddizioni di un sistema «in cui il doping è conosciuto, praticato e tollerato da chi dovrebbe invece gestire i controlli ma lo fa nella più totale incontrollabilità con il beneplacito dei governi», spiega Donati, «Alex si è dopato quand’era depresso, è stato poi abbandonato e quello che gli è successo dopo è un gigantesco imbroglio. La serie è un contributo a ristabilire la verità».
IL PRESENTE. Oggi Schwazer fa l’allenatore dei podisti amatoriali, «l’unico modo per me di restare nello sport», si è sposato con Kathrin Freund e ha due figli. «La famiglia viene prima di tutto», dice, «oggi sono un uomo contento che guarda avanti. La vicenda di cui sono stato vittima non mi ha tolto la fiducia nello sport che, come la vita, comporta momenti belli e momenti brutti. Da ragazzo sognavo di partecipare alle Olimpiadi e un’edizione l’ho anche vinta. Sono soddisfatto del percorso che ho fatto». Rimpianti? «Con la maturità di oggi, non mi doperei più ma all’epoca ero troppo giovane e sottoposto a una pressione fortissima. Quando ho deciso di tornare a marciare a livello agonistico, ho scelto Donati perché era la persona giusta per accompagnare la mia risalita».
IL FUTURO. Cosa si aspetta dal futuro? «Sarò troppo vecchio per andare alle Olimpiadi di Los Angeles del 2028... Si vedrà, per ora continuo a fare quello che faccio e metto la famiglia al primo posto». Per vedere annullata la squalifica, Schwazer si è rivolto alla Corte Europea dei Diritti dell’uomo, che ha già accolto il suo ricorso. «La storia di questo atleta va oltre lo sport», conclude Giovanni Bossetti, manager contenuti originali non fiction di Netflix, «è una storia che parla di valori universali come successo, caduta, rinascita, consapevolezza, amicizia. Non poteva non essere raccontata».
Ultimo aggiornamento: 20:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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